Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10035 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10035 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 12884-2012 proposto da:
FILESI

GIUSEPPE

C.F.

FLSGPP46D14G111V,

elettivamente domiciliato in ROMA,
MICHELANGEL

9,

già

LUNGOTEVERE

presso lo studio dell’avvocato

FERDINANDO EMILIO ABBATE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARA MANFREDI, giusta delega
2015
600

in atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

CARIVIT – CASSA DI RISPARMIO DELLA PROVINCIA DI

Data pubblicazione: 15/05/2015

VITERBO S.P.A. c.f. 01383000567, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA LEONE IV 99, presso lo studio
dell’avvocato CARLO FERZI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati CESARE POZZOLI,

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2740/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 18/05/2011 R.G.N. 223/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/02/2015 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato RRNIERI RODA per delega ABBATE
4:

=

FERDINANDO EMILIO;
udito l’Avvocato FERZI CARLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto.

ANGELO GIUSEPPE CHIELLO, giusta delega in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma confermava la pronuncia emessa dal
giudice di prima istanza con cui era stata respinta la domanda
proposta da Filesi Giuseppe, funzionario della Carivit s.p.a.,
intesa a conseguire il riconoscimento della qualifica

Nel pervenire a tali conclusioni la Corte territoriale
rimarcava che l’Accordo quadro di attuazione del protocollo di
intesa 4/6/97 stipulato il 28/2/98, recepito dal c.c.n.l.
11/7/99 ed invocato dal ricorrente a sostegno del diritto
azionato, laddove individuava, in seno al personale dipendente
delle aziende creditizie, una dirigenza allargata
indicativamente ricompresa fra 1’1,5 e il 2,5 per cento
rispetto alla totalità del personale dipendente, non aveva
introdotto una disposizione inderogabile delle percentuali di
personale da includere nella sfera dirigenziale, la quale
veniva, comunque, riservata solo ad una parte del personale che
rivestiva la qualifica di funzionario.
Escludeva, quindi, che la disposizione potesse rivestire valore
integrativo del contratto individuale, sì da creare un diritto
in capo ai funzionari di grado più elevato ad acquisire la
superiore qualifica dirigenziale, restando riservata alla
discrezionalità della parte datoriale ogni valutazione al
riguardo. Negava, infine, quanto alla domanda subordinata
concernente il risarcimento del danno da perdita di chance,

che

il ricorrente avesse allegato elementi tali da consentire di
configurare la propria posizione come poziore rispetto a quella
rivestita da altri funzionari.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il
2

Filesi affidato a due motivi, resistiti con controricorso dalla
CARIVIT s.p.a.
Il ricorrente ha depositato memoria.
1

dirigenziale.

.• •

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa

applicazione di norme di contratti e accordi collettivi
nazionali di lavoro (art.3 accordo quadro 28/2/98 dirigenti
aziende di credito) in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. nonché

1.1 Si deduce che la decisione impugnata si pone in evidente
contrasto con il tenore letterale degli accordi che sanciscono
margini precisi di assunzione di quote di personale in ambito
dirigenziale. Si stigmatizzano, quindi, gli approdi ai quali è
pervenuta la Corte territoriale laddove ha negato che dette
prescrizioni (contenute nell’accordo quadro recepito dalle
disposizioni contrattuali collettive) rivestissero valore
integrativo del contratto individuale.
1.2 Si critica, infine, la statuizione dei giudici del gravame
.r e

relativa alla asserita carenza di prova in ordine alla
prospettata

chance

di promozione, sul rilievo che dopo le

nomine a dirigenti disposte dalla società (comunque inferiori
al 1,5% del personale), sarebbero residuati tre su cinque
funzionari, sicché risultava innegabile la concreta sussistenza
del diritto azionato, rivestendo esso ricorrente il ruolo di
funzionario di primo livello di grado più elevato, peraltro
nell’ambito di un servizio riconosciuto come “ruolo chiave” da
parte aziendale.
2. Il motivo è privo di pregio.
Nel

giudizio

di

legittimita’

le

censure

relative

all’interpretazione di un contratto o di un accordo collettivo
offerta da parte del giudice di merito possono essere
prospettate solo sotto il profilo della mancata osservanza dei
criteri legali di ermeneutica o della insufficienza o
contraddittorieta’ della motivazione.

2

insufficiente motivazione ex art.360 n.5 c.p.c.

Corte territoriale ha interpretato il quadro normativo di
riferimento, sulla scorta dei seguenti rilievi:
a) il c.c.n.l. 11/7/99 con riferimento alla acquisizione della
qualifica dirigenziale, nel recepire l’Accordo quadro del
28/2/98, aveva sancito espressamente che la nuova dirigenza
sarebbe stata ricompresa fra 1,5% e 2,5% rispetto al totale del
personale aziendale ed il relativo inquadramento sarebbe stato
attribuito solo ad una parte dei funzionari di grado più
elevato;
b)

la disposizione aveva definito una proporzione meramente

indicativa di personale da inscrivere in ambito dirigenziale,
la cui individuazione era riservata alla discrezionalità della
parte datoriale, come fatto palese dal chiaro tenore delle
clausole contrattuali, che aveva riconosciuto a ciascuna
azienda la facoltà di individuare “tra i funzionari cui è
attualmente riconosciuta una maggiorazione di grado superiore a
9, quelli ai quali attribuire, in relazione alla funzioni
svolte, alla struttura ed all’organizzazione dell’azienda
stessa, l’inquadramento da dirigente, informando gli organismi
sindacali sui criteri e le modalità adottati”;
c) la Carivit s.p.a. aveva quindi correttamente proceduto alla
nomina di un numero di dirigenti all’incirca pari al 1,5%
dell’organico di fatto,

avuto riguardo alla necessità,

rimarcata dal dettato delle clausole collettive di cui al
contratto 11/7/99, di nominare dirigenti comunque solo una
parte dei funzionari nonché alla discrezionalità riservata alla
parte datoriale,

nella individuazione del personale da

promuovere;
d) il ricorrente aveva omesso la doverosa allegazione delle
ragioni di preferenza nell’accesso al ruolo dirigenziale di cui
avrebbe dovuto godere, rispetto agli altri funzionari.

I

2.1 Nella specie, come accennato nello storico di lite, la

2.2 A fronte di tale interpretazione logica, coerente e
rigidamente

rispettosa della lettera degli accordi e dei

contratti collettivi sopraindicati, nonché

della intenzione

delle parti che detti atti hanno sottoscritto, il ricorrente
non ha opposto validi ragioni capaci di invalidare i motivi
posti a fondamento del

decisum della Corte territoriale, né ha

confutare la statuizione relativa alla mancata allegazione di
titoli di preferenza rispetto ad altri funzionari, per
l’accesso alla dirigenza.
3. Con il secondo mezzo di impugnazione si denuncia illogicità
e/o insufficienza della motivazione, laddove viene affermata la
sicura derogabilità delle percentuali di dipendenti
suscettibili di inquadramento in area dirigenziale, nel caso in
cui il numero di funzionari di per sé, fosse pari al 1,5%,
giacché le disposizioni contrattuali collettive prevedevano
l’inquadramento in area dirigenziale solo di una parte dei
funzionari. Si critica, inoltre, la statuizione della Corte
distrettuale sulla individuazione della percentuale in caso di
decimali, laddove asserisce che essendo 1’1,5% pari ad un
numero di dipendenti di 6,285 tale numero doveva essere
arrotondato per difetto.
3.1 Anche tale critica non può essere condivisa.
Nella giurisprudenza di questa Corte (vedi sul punto, in
motivazione,

ex plurimis,

Cass. 21 ottobre 2014 n.22283) è

infatti, consolidato il principio secondo cui il ricorso per
cassazione non introduce un terzo giudizio di merito tramite il
quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata,
caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a
critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della
denuncia dei vizi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ.; che,
con riguardo alla denunzia di omessa o insufficiente
motivazione, tale vizio sussiste solo se nel ragionamento del
4

allegato argomentazioni in fatto ed in diritto idonee a

giudice di merito,

quale risulta dalla sentenza,

sia

riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi
della controversia, e non può invece consistere in un
apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da
quello preteso dalla parte perché la citata norma non
conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare,

giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal
,merito al quale soltanto spetta individuare

sotto il profilo logico – formale e della correttezza
giudice del
le fonti del

proprio convincimento e all’uopo, valutarne

le prove,

controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra
le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee

a dimostrare

fatti in discussione.
3.2 Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata, valutando
±•

attentamente il quadro normativo di riferimento, ha dato
ampiamente conto della decisione adottata, con una motivazione
che, per quanto innanzi detto, risulta congrua, priva di vizi
sul versante logico, e corretta sul piano giuridico.
In definitiva, il ricorso, in quanto infondato, deve essere
respinto.
Il governo delle spese del presente giudizio di Cassazione
segue, infine, il regime della soccombenza, nella misura in
dispositivo liquidata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro
100,00 per esborsi ed euro 3.00,00 per compensi professionali,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 4 febbraio 2015.

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