Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10032 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10032 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 15295-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
contro

443
BRAVI MAURO

C.F. BRVMRA64H19H501V, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 15/05/2015

difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 7826/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 25/06/2008 r.g.n. 632/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GHINOY;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 28/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA

R. Gen. N. 15295/2009
Udienza 28.1.2015

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo
grado, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso
tra Poste Italiane s.p.a. e Mauro Bravi per il periodo dal 6.10.1998 al 5.1.1999
(cui avevano fatto seguito altri contratti sempre a tempo determinato) e

delle retribuzioni maturate dalla data della lettera di costituzione in mora,
contenente offerta delle prestazioni, del 13.3.2003.
2. Il termine al primo contratto era stato apposto, ai sensi dell’art. 8 del CCNL
del 1994, come integrato dall’accordo del 25.9.1997, “per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi
produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.
La Corte territoriale, per quello che qui ancora rileva, argomentava che già il
primo contratto era stato stipulato dopo lo spirare del termine massimo previsto
dalla contrattazione collettiva per l’ apposizione del termine con tale causale ai
contratti di lavoro con la società Poste Italiane (e cioè dopo il 30/4/1998).
3. Per la cassazione della sentenza Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso,
affidato a tre motivi. Ha resistito Mauro Bravi con controricoricorso e memoria
ex art. 378 c.p.c..
4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.
5. Con il primo motivo di ricorso Poste italiane s.p.a. lamenta violazione e falsa
applicazione della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del CCNL
26.11.1994, nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 16.1.1998, del
27.4.1998, del 2.7.1998, del 24.5. 1999 e del 18.1.2001, in connessione con
l’art. 1362 c.c. e segg. – art. 360 c.p.c., n. 3. Assume che, facendo corretta
applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg., e, in
particolare, ricercando la volontà comune delle parti nello stipulare
l’integrazione all’art. 8 CCNL 1994, doveva concludersi che gli accordi

Paota Ghinoy, estensore

condannava la società al ripristino del rapporto di lavoro, nonché al pagamento

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Udienza 28.1.2015

collettivi non fissavano alcun limite temporale alla stipula dei contratti a
termine.
6. Con il secondo motivo Poste italiane s.p.a. deduce omessa ed insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, assumendo
che la Corte territoriale avrebbe esposto in modo inidoneo le ragioni circa il

sindacale del 25.9.1997 ed i successivi accordi attuativi, in relazione all’
esistenza del supposto limite temporale.
7. Con il terzo motivo lamenta la violazione degli arti. 1217 e 1233 (rectius,
1223) c.c. in merito alle conseguenze economiche tratte dalla conversione a
tempo indeterminato del contratto. Sostiene che non possono essere
riconosciute a titolo risarcitorio tutte le retribuzioni perdute, occorrendo una
specifica offerta delle prestazioni lavorative, in ordine alla quale la Corte di
merito non avrebbe svolto specifiche verifiche.
Inoltre, la Corte avrebbe dovuto tenere conto dell’aliunde perceptum, sulla base
delle istanze istruttorie proposte dalla società in primo grado e riproposte in
grado d’appello, immotivatamente disattese dalla Corte di merito.
4. I primi due motivi, da valutarsi congiuntamente in quanto connessi, non
sono fondati.
Ed infatti la costante giurisprudenza di questa Corte (v. ancora da ultimo Cass.
ord. n. 362 del 2015, n. 206 del 2015), cui occorre dare continuità, ha
affermato, sulla scia di Cass. S.U. 2.3.2006 n. 4588, che “l’attribuzione alla
contrattazione collettiva, ex art. 23 della L. n. 56 del 1987, del potere di
definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge
n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame
congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea
garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico
limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a
termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde,
pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o
Paol aih inoy, estensore

rapporto, asseritamente sussistente, tra il contratto collettivo, l’Accordo

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Udienza 28.1.2015

soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali
all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo
determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245,
Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.14011). “Ne risulta, quindi, una
sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne

comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema
da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006
n. 18378).
8. In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia
stato previsto dalle parti sindacali (anche con accordi integrativi del contratto
collettivo), e ciò pur a fronte della situazione riconosciuta di aumentato
fabbisogno di personale, la sua inosservanza determina la nullità della clausola
di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-42005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866), In particolare, quindi, come va anche
qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con
l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26
novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16
gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla
conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne
consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con
I’ ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra le
altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n.
7979).
9. La stessa costante giurisprudenza ha, altresì, ritenuto irrilevante l’accordo
18.01.01, perché stipulato dopo oltre due anni dall’ultima proroga, e cioè
Paol hinoy, estensore
5

sono destinatari, non essendo questi vincolati alr individuazione di ipotesi

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Udienza 28.1.2015

quando si era già perfezionato il diritto all’accertamento della nullità. Anche se
con quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli
accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate
senza la copertura dell’accordo 25.09.97 (ormai scaduto), comunque sarebbe
stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto dei lavoratori, dovendosi

post contratti a termine non più legittimi perché adottati in violazione della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.03.04 n. 5141).
10. L’esistenza delle “esigenze eccezionali” è stata dunque negozialmente
riconosciuta fmo al 30.04.98, sicché la legittimità dei contratti a termine
stipulati entro tale data è basata su una ricognizione di fatto derivante
direttamente dal sistema normativo nato dall’attuazione dell’alt. 23 della legge
n. 56 del 1987.
11. Essendo stato già il primo contratto del Bravi stipulato successivamente al
30 aprile 1998, i primi due motivi sono infondati.
12. Il terzo motivo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto, che è
stato così formulato:

“Dica la Suprema Corte se per il principio di

corrispettività della prestazione, il lavoratore – a seguito dell’accertamento
giudiziale dell’illegittimità del contratto a termine stipulato – ha diritto al
pagamento delle retribuzioni soltanto dalla data di riammissione in servizio,
salvo che abbia costituito in mora il datare di lavoro, offrendo espressamente
la prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui all’art. 1206 e
segg. cod. civ.”.
Come già ritenuto da questa Corte in relazione a ricorsi sotto tale aspetto
sovrapponibili (v. da ultimo Cass. n. 3928 del 2015), il quesito si risolve infatti
nell’enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare
il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai
giudici di merito (in tal senso v., fra le altre, Cass. 4.1.2011 n. 80). Il quesito di
diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, in base alla
giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve infatti essere formulato in
maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in
Paola G “noy, estensore
C

escludere che le parti stipulanti potessero, con detto strumento, autorizzare ex

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Udienza 28.1.2015

giudizio (cfr., ad es., Cass. S.U. 5.1.07 n. 36), dovendosi pertanto ritenere come
inesistente un quesito generico e non pertinente. Del resto, è stato anche
precisato che “è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui
formulazione si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del
quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato

30.10.2008 n. 26020), dovendo in sostanza il quesito integrare (in base alla sola
sua lettura) la sintesi logico-giuridica della questione specifica sollevata con il
relativo motivo (cfr. Cass. 7.4.2009 n. 8463).
14. Né può ignorarsi che, nella specie, anche l’illustrazione del motivo risulta
generica, perché non chiarisce per quale ragione non costituirebbe rituale
offerta della prestazione lavorativa (come, invece, ritenuto in sede di merito) la
lettera di costituzione in mora con offerta delle prestazioni lavorative,
pervenuta a Poste il 13.3.2003, che neppure è stata riprodotta nel ricorso, né
allegata ad esso.
15. Del pari, per quanto concerne l’aliunde perceptum (in relazione al quale
manca del tutto il quesito di diritto), la ricorrente non indica alcun fatto
specifico, laddove al riguardo era pur sempre necessaria una rituale
acquisizione dell’ allegazione e della prova. Del tutto generica è poi la
doglianza secondo la quale immotivatamente la Corte non avrebbe ammesso le
istanze istruttorie sul punto, considerato che non risulta illustrato in ricorso se
ed in che modo esse siano state formulate nel giudizio di merito.
16. Le considerazioni sopra svolte precludono la valutazione dell’ incidenza
nella vicenda in esame del sopravvenuto art. 32, commi 5°, C e 7°, legge
4.11.2010 n. 183: infatti, per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius
superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova
disciplina del rapporto controverso, è necessario non solo che quest’ultima sia
pertinente alle questioni oggetto di censura (in ragione della natura del
controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di
ricorso: cfr. Cass. 8.5.2006 n. 10547; Cass. 27.2.2004 n. 4070) e che il motivo
investa — sia pure indirettamente — il tema coinvolto nella disciplina
Paola Ghinoy, estensore
7

alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie” (v. Cass. S.U.

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Udienza 28.1.2015

sopravvenuta, ma che il motivo medesimo sia ammissibile, ciò che non ricorre
nella fattispecie in esame (v. in proposito Cass. 1 ottobre 2012, n. 16642; v.
pure Cass. 2 marzo 2012, n. 3305).
17. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.
18. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 3.500,00
per compensi professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi, rimborso spese
generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore
del difensore per dichiarata anticipazione.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2015
Il tonsigliere estensore

Il Pre ‘dente

la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c.

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