Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10032 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/04/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 15/04/2021), n.10032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23907-2015 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI

3, presso lo studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI, rappresentata e

difesa dagli avvocati GIULIO CERCEO, STEFANO CORSI;

– ricorrente – principale –

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI – A.D.M. in persona del

Direttore pro tempore, rappresentati e difesi ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

contro

S.L.;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 506/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/04/2015 R.G.N. 1200/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2020 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI.

 

Fatto

RITENUTO

1. Che la Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 506 del 2015, pronunciando sull’impugnazione proposta da S.L. nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Pescara, in parziale accoglimento dell’impugnazione e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto della lavoratrice all’inquadramento, con decorrenza dal 1 settembre 2006, nel profilo giuridico ed economico B2 – operatore -, anzichè in quello B 1 – assistente -, e indi, con decorrenza dal 10 aprile 2008, nella seconda area, fascia retributiva F2, secondo la contrattazione collettiva nazionale e decentrata per i dipendenti AAMS.

Ha condannato l’Amministrazione a pagare in favore della lavoratrice le “corrispondenti differenze stipendiali nell’importo di Euro 3.191,59, lorde, aumentato del maggior tasso tra quello di svalutazione ISTAT e degli interessi legali dal dovuto al saldo, oltre alla conseguente regolarizzazione della posizione contributiva”.

2. La lavoratrice aveva agito in giudizio per ottenere il corretto inquadramento atteso che era transitata da CONI servizi spa all’AAMS dal l settembre 2006, a seguito di procedura di mobilità, L. n. 248 del 2005, ex art. 11-quinquiesdecies, comma 10.

Il giudice di appello rigettava la domanda risarcitoria proposta dalla S. con riferimento all’intervenuta preclusione, in ragione della tardiva attribuzione del corretto inquadramento, della possibilità di accedere tempestivamente all’ulteriore livello (così il ricorso di primo grado), ovvero alla perdita di chance (così il ricorso di secondo grado), in quanto l’appellante non aveva offerto alcun elemento idoneo a dimostrare, nell’an e nel quantum, la fondatezza della propria pretesa risarcitoria, che appariva assolutamente generica.

3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice, deducendo un motivo di impugnazione.

4. Resistono le Amministrazioni con controricorso, proponendo ricorso incidentale articolato in un motivo, al quale, a sua volta, resiste la lavoratrice con controricorso.

5. In prossimità dell’adunanza camerale la lavoratrice ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

1. Che con l’unico motivo del ricorso principale viene prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1223, c.c., e più in generale, di ogni norma e principio in materia di risarcimento danni per preclusione della possibilità di accedere all’ulteriore livello, ovvero per perdita di chance, in relazione al disposto recato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, e art. 421 c.p.c., e, più in generale, di ogni norma e principio in materia di onere della prova e poteri istruttori del giudice del rito del lavoro, in relazione al disposto recato dall’art. 360 c.p.c., n. 3 Omessa, carente e/o contraddittoria motivazione, in relazione al disposto recato dall’art. 360 c.p.c., n. 5.

La lavoratrice rileva che la richiesta di risarcimento del danno si incentrava sul fatto che l’erroneo inquadramento aveva escluso essa ricorrente dalla possibilità di accedere all’ulteriore livello. Ovvero, praticamente ed in concreto, di partecipare al bando di cui al Decreto Direttoriale 8 settembre 2009, n. 26656/Risorse/SG, pubblicato il 16 settembre 2009, per n. 67 posti dalla fascia retributiva F2 alla fascia retributiva F3, con decorrenza dal 1 gennaio 2009. Bando i cui posti non erano stati tutti coperti, e pertanto nell’ambito dei quali sarebbe certamente/automaticamente rientrata essa ricorrente.

Sin dal primo grado aveva, inoltre, provveduto al conteggio del risarcimento dei danni, ascrivibile dal 2009 al pensionamento, che non era stato contestato. Nulla di più andava provato quanto all’an e quanto al quantum. In base ai titoli e all’anzianità di servizio, all’epoca vantata, avrebbe potuto conseguire utile punteggio per la progressione in questione.

2. Il motivo è inammissibile.

Nella sostanza, la ricorrente chiede un riesame delle valutazioni del giudice del merito; trattasi di doglianza che mira ad un inammissibile riesame degli insindacabili apprezzamenti di merito e la denunzia di violazione di legge non determina, per ciò stesso, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (cfr., da ultimo, Cass.. S.U., n. 25573 del 2020).

Peraltro, la ricorrente non riproduce il contenuto dei documenti su sui si incentra la censura.

Quanto al bando, la ricorrente non ne riporta il contenuto, in particolare con riguardo ai requisiti di accesso, limitandosi a indicare in modo generico che lo stesso era per titoli e anzianità; quanto ai titoli e all’anzianità che avrebbe all’epoca vantato come si potevano desumere da altra domanda, la lavoratrice si limita ad indicare il punteggio complessivo che avrebbe potuto conseguire.

A tale riguardo, si osserva che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che, ove vengano in rilievo atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ai sensi dell’art. 360, c.p.c., n. 5, o anche di un error in procedendo, è necessario anche che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, oltre ad esserne indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o essere prodotto in sede di giudizio di legittimità, (Cass., S.U., n. 22726 del 2011, Cass., S.U., n. 8077 del 2012).

Va, altresì, osservato che è applicabile alla fattispecie l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo modificato dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

Hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., S.U., n. 19881 del 2014 e Cass., S.U., n. 8053 del 2014) che la ratio dell’intervento normativo è ben espressa dai lavori parlamentari, lì dove si afferma che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5″ ha la finalità di evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, e, quindi, di supportare la funzione nomofilattica propria della Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris, se non nei limiti della violazione di legge.

Il vizio di motivazione, quindi, rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, “in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia, che non si rinviene nella sentenza della Corte d’Appello in esame, si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”, sicchè quest’ultima non può essere ritenuta mancante o carente solo perchè non si è dato conto di tutte le risultanze istruttorie e di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno della propria tesi.

3. Il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.

4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Amministrazione ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 51 del CCNL per il personale non dirigente dipendente da CONI Servizi spa, quadriennio normativo 2002-2006, del 21 giugno 2004, della L. n. 248 del 2005, art. 11-quinquiesdecies e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’Amministrazione deduce la correttezza dell’inquadramento della lavoratrice come effettuato in B 1, atteso che in assenza di tabelle, in base alle quali poter inquadrare agevolmente la dipendente in mobilità volontaria, essa Amministrazione di destinazione era stata costretta ad inserire la S. nella categoria che prevedeva le mansioni più vicine a quelle già svolte presso l’ente di provenienza.

Ciò, in quanto la lavoratrice presso l’ente di provenienza godeva dell’inquadramento nella categoria A, parametro retributivo A3, secondo quanto previsto dall’art. 51 del CCNL Coni Servizi spa, e non del profilo B2, come erroneamente asserito dalla Corte d’Appello.

Le mansioni maturate dalla lavoratrice fino al 2006 presso CONI Servizi spa, risultavano sostanzialmente equivalenti a quelle proprie dell’ex Area B, posizione economica B 1, dell’allora vigente CCNL dell’ex AAMS (attuale Area seconda, fascia retributiva F1), che prevedevano attività di “scritturazione e collaborazione nei servizi amministrativi o tecnici o fiscali, di tenuta archivi e registri”.

Inoltre, la lavoratrice aveva dato il proprio libero assenso al trasferimento in relazione al futuro inquadramento in B l, sottoscrivendo il relativo contratto il 30 agosto 2006, e prestando di fatto acquiescenza all’inquadramento effettuato dal l’Amministrazione.

5. Prima di esaminare la censura, occorre precisare che la lavoratrice era transitata da CONI servizi spa all’AAMS a seguito di procedura L. n. 248 del 2005, ex art. 11-quinquiesdecies, comma 10, che stabiliva: “Il personale dipendente dalla CONI servizi S.p.A. (…), in posizione di distacco presso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e con oneri a carico della predetta Amministrazione, è trasferito, a domanda, nei ruoli della citata Amministrazione (…)”.

Con il D.L. 8 luglio 2002, n. 138, convertito dalla L. n. 178 del 2002, era stata istituita la società per azioni Coni Servizi spa, di cui si avvaleva il Coni per l’espletamento dei propri compiti, le cui azioni venivano attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze.

Il D.L. n. 138 del 2002, art. 8, comma 11, come convertito, aveva stabilito “Il personale alle dipendenze dell’ente pubblico Coni è, dall’8 luglio 2002, alle dipendenze della Coni Servizi spa, la quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di finanziamento con le banche, e nella titolarità dei beni facenti capo all’ente pubblico. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (…) sono stabilite le modalità attuative del trasferimento del personale del Coni alla Coni Servizi spa (…)”.

Come affermato da questa Corte, la costituzione della società per azione Coni Servizi spa e il passaggio del personale del Coni, a detta società di diritto privato, spiegava effetti sulla natura dei relativi rapporti di lavoro, attesa la non riconducibilità della parte datoriale ad una nozione sia pure ampia di pubblica amministrazione ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001 (si v., Cass., n. 22418 del 2015).

Ai sensi della L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 629, la società Coni Servizi spa, ha assunto la denominazione di Sport e salute S.p.A..

6. Va, quindi, rilevato che la Corte d’Appello, in mancanza di specifiche tabelle comparative tra le qualifiche funzionali di classificazione dei dipendenti appartenenti ad ambiti diversi, come si evince dalla disciplina richiamata, in primo luogo, ha fatto riferimento alla tabella B (Primo inquadramento nel sistema di classificazione dal l gennaio 1998) del CCNL 16 maggio 2000, Aziende ed Amministrazioni autonome, relativa al primo inquadramento del personale già in servizio presso le AAMS al momento dell’introduzione dei nuovi profili professionali, che inseriva i dipendenti già in possesso della ex V qualifica funzionale, nel profilo B2 e non in quello B1.

Quindi, ha ritenuto erroneo ed incompleto il confronto tra il contenuto giuridico delle mansioni de quibus, dovendo osservarsi che la categoria A presso la società Coni Servizi spa non comprendeva solo personale con compiti esecutivi, ma anche operatori professionali, quali segretaria d’ufficio ed archivista, in precedenza inquadrati nella V qualifica funzionale, i quali svolgevano attività amministrative, contabili o tecniche, richiedenti competenze specialistiche, preparazioni specializzate e conoscenze tecnologiche, nonchè acquisizione di elementi informativi e ricognitivi per la preparazione di atti e documenti; le funzioni riconducibili alla ex V qualifica funzionale erano ricomprese, presso le AAMS, in forza del CCNL Aziende autonome nel livello B2, tipico del personale non meramente esecutivo.

Infine, nel considerare il contenuto concreto delle mansioni, essenzialmente impiegatizie e non meramente esecutive, effettivamente svolte dall’appellante, che erano state indicate nel ricorso introduttivo del giudizio – che non erano state oggetto di contestazioni analitiche e per altro verso erano comprovate dall’ordine di servizio del 16 febbraio 1998, allegato al ricorso introduttivo del giudizio – emergeva che la S., presso l’ufficio di provenienza, si occupava dell’ufficio del personale, con riferimento al controllo e alla trasmissione dei fogli firma, alle procedure relative alla liquidazione delle missioni al personale, alla rilevazione delle presenze e dei turni, nonchè alla comunicazione delle malattie. Inoltre svolgeva mansioni di segretaria della Direzione.

Dunque, si trattava di mansioni impiegatizie e non esecutive.

In ragione di ciò, la Corte d’Appello, alla luce della valutazione sia dei riferimenti contrattuali, sia del contenuto giuridico e fattuale delle mansioni, ha ritenuto che l’unica corrispondenza di inquadramento idonea a realizzare il carattere dell’equivalenza fosse quella richiesta in giudizio dalla S., dovendosi procedere in tal senso al corretto inquadramento della lavoratrice.

7. Può, quindi, passarsi ad esaminare la censura proposta con il motivo del ricorso incidentale.

La stessa è inammissibile, in quanto non si confronta con la compiuta motivazione posta dal giudice di secondo grado a fondamento della decisione, come sopra richiamata.

Ed infatti, il giudice di appello ha svolto una valutazione globale, prendendo in considerazione sia i profili di inquadramento che il riscontro fattuale degli stessi, mentre la censura dell’Amministrazione si incentra solo sul raffronto tra le mansioni contrattualmente previste e sul contenuto giuridico delle stesse, contestando peraltro il contenuto dell’ordine di servizio del 16 febbraio 1998 senza riportarne il contenuto, e quindi senza censurare in modo adeguato la valutazione del mansionario della lavoratrice presso Coni servizi spa effettuato dalla Corte d’Appello.

8. Il ricorso incidentale deve essere dichiaro inammissibile.

9. In ragione della reciproca soccombenza le spese di giudizio sono compensate tra le parti.

10. Come ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 9938 del 2014, stante la non debenza delle amministrazioni pubbliche del versamento del contributo unificato, non deve darsi atto, con riguardo all’Amministrazione ricorrente incidentale, della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibili sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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