Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10030 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/04/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 15/04/2021), n.10030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22912-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati PAOLA

MASSAFRA, ELISABETTA LANZETTA, SEBASTIANO CARUSO;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo

studio dell’avvocato RENATO CARUSO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCO MASI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1152/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 19/09/2014 R.G.N. 546/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/11/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

la Corte d’Appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto dall’I.N.P.D.A.P. (di seguito INPDAP) avverso la sentenza del Tribunale di Forlì con la quale A.L. aveva chiesto la corresponsione delle differenze retributive in ragione del fatto che egli, già Ispettore Generale dei ruoli ad esaurimento inquadrato nella IX qualifica funzionale, aveva continuativamente esercitato mansioni dirigenziali in forza di incarichi conferitigli dall’ente di appartenenza;

la Corte territoriale riteneva che lo svolgimento di mansioni direzionali, oltre a non risultare in sè contestato, emergesse dai documenti che comprovavano il conferimento di incarichi di reggenza delle sedi di (OMISSIS) e (OMISSIS);

i giudici di appello rilevavano altresì come l’INPDAP non avesse provato e neanche allegato di avere avviato i procedimenti di copertura dei posti vacanti ed il contenimento degli incarichi al ricorrente nei limiti di tempo ordinariamente previsti per la copertura di essi o che si trattasse di sostituzioni caratterizzate da straordinarietà, temporaneità ed occasionalità;

lo svolgimento di tali “mansioni dirigenziali” per circa dodici anni giustificava quindi, secondo la sentenza di appello, il riconoscimento delle rivendicate differenze retributive;

l’I.N.P.S., quale ente subentrato all’INPDAP nella relativa attività previdenziale e nei rapporti preesistenti, impugnava la predetta sentenza sulla base di due motivi, cui opponeva difese l’ A. mediante tempestivo controricorso, poi illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e accordi nazionali di lavoro e, in particolare, dell’art. 112 c.p.c. assumendo che, sebbene il ricorrente avesse limitato la propria pretesa al periodo dal 11.8.2000 al 1.12.2004, la Corte d’Appello aveva esaminato l’attività svolta dal medesimo per dodici anni;

il secondo motivo è ancora rubricato come violazione e falsa applicazione di norme di diritto e accordi nazionali di lavoro, con particolare riferimento al D.P.R. n. 285 del 1988, al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2, 4 e 25 degli artt. 1362 c.c. e ss., anche in relazione all’art. 13 all. A e tab. B, nonchè al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52;

in proposito l’ente rilevava come il ricorrente provenisse dai ruoli ad esaurimento dell’INPDAP quale Ispettore Generale D.Lgs. n. 88 del 1989, ex art. 15 di IX qualifica funzionale e che il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 nel sopprimere definitivamente quei ruoli, aveva mantenuto la qualifica ad personam, attribuendo funzioni vicarie del dirigente e funzione di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente;

l’INPS aggiungeva infine che la tabella allegata al D.P.R. n. 285 del 1988 prevedeva, rispetto alla IX qualifica funzionale, il profilo di chi “sostituisce il Dirigente in caso di assenza o impedimento” e di chi “regge l’unità organica in attesa della destinazione del titolare”;

i motivi possono essere esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione;

la Corte d’Appello ha accertato la natura dirigenziale dei posti cui il ricorrente è stato adibito nel corso di circa dodici anni non al fine di giungere ad una pronuncia eccedente rispetto a quando domandato, ma per un corretto inquadramento dell’attività che il lavoratore era stato chiamato complessivamente a svolgere ed al fine di correttamente decidere sul più limitato periodo oggetto delle pretese economiche esercitate;

dallo stesso ricorso si evince in effetti che l’ A., dal 2000 al 2014, era stato incaricato della reggenza delle sedi INPDAP di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a riprova di un’utilizzazione continuativa del medesimo quale preposto agli uffici che, nella regione di riferimento, erano privi di dirigente, come è quindi avvenuto, rispetto al periodo oggetto di causa, con riferimento alle sedi di (OMISSIS) e (OMISSIS);

d’altra parte, la contestazione in ordine alla mancanza di prova della effettiva natura dirigenziale dei diversi uffici diretti dal ricorrente, contenuta nel secondo motivo di ricorso, è del tutto generica ed inidonea a scalfire il diverso accertamento contenuto nella sentenza impugnata;

è del resto pacifico che la reggenza di un ufficio dirigenziale si caratterizza per la straordinarietà e temporaneità, da rapportare funzionalmente alla copertura del posto mediante nomina di un titolare (Cass. 25 giugno 2018, n. 16698; Cass., S.U., 16 febbraio 2011, n. 3814), sicchè il superamento di tali limiti, qualora i compiti siano conferiti a persona munita di inquadramento non dirigenziale, comporta lo svolgimento di mansioni superiori da remunerare consequenzialmente ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52;

si può peraltro affermare, integrando la nozione, che costituisca svolgimento di mansioni superiori anche l’utilizzazione costante di un medesimo dipendente, inquadrato in livelli non dirigenziali, quale sostituto dei dirigenti di diverse unità del medesimo ente;

è pur vero che la posizione degli ex Ispettori Generali si caratterizzava per l’esercizio di “funzioni vicarie del dirigente” (D.Lgs. n. 92 del 1993, art. 25) e che la qualifica IX di inquadramento prevedeva che il corrispondente personale “sostituisce il dirigente in caso di assenza o impedimento” e “regge l’unità organica in attesa della destinazione del titolare”;

certamente tuttavia tali incarichi, confermati dall’invarianza delle posizioni degli ex Ispettori Generali disposta in sede di sopravvenuta contrattualizzazione, e poi dalla confluenza della IX qualifica di inquadramento nell’Area C (posizione C4), hanno riguardo, come è reso evidente dal significato della vicarietà, alle funzioni proprie di chi fa le veci di un superiore dell’ufficio, esercitandone temporaneamente i poteri;

del resto, la declaratoria della IX qualifica funzionale è parimenti esplicita nel delineare i poteri di sostituzione e di reggenza in relazione alle carenze dell’ufficio di appartenenza;

esula invece dalle mansioni proprie la reggenza di uffici diversi e tanto più l’utilizzazione stabile di un medesimo funzionario al fine di reggere uffici volta a volta diversi e privi di dirigente titolare;

ne deriva che una tale utilizzazione del ricorrente ha in sè esulato dalle connotazioni proprie della posizione di inquadramento, sicchè le differenze retributive sono dovute e le censure mosse vanno disattese;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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