Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1003 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. III, 20/01/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 20/01/2021), n.1003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28195-2019 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Messina, via Placida,

n. 30, presso l’avv. CARMELO PICCIOTTO, che lo rappresenta difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 22/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. CRICENTI GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, A.S., è cittadino nigeriano dell’Edo State. Racconta di essere fuggito dal suo Paese a seguito di una vicenda che lo ha visto, suo malgrado e senza sua colpa, coinvolto: egli gestiva un bar nella sua città, frequentato da malavitosi, due dei quali, un giorno, sono morti a seguito di una lite tra loro. I familiari delle vittime hanno sospettato di lui e lo hanno accusato della morte dei parenti, minacciandolo di morte; inutile è parso il tentativo di ottenere protezione dalle forze dell’ordine, cosi che non è rimasto al ricorrente che fuggire, attraverso la Libia. La Commissione territoriale ha negato la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e umanitaria.

Il Tribunale ha confermato questa decisione. A. ricorre con quattro motivi. V’è tardiva costituzione del Ministero dell’Interno, senza controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ratio della decisione impugnata.

Il Tribunale ritiene inverosimile il racconto del ricorrente, soprattutto quanto alla insussistenza delle ragioni per le quali avrebbe dovuto essere accusato dell’omicidio solo perchè proprietario del bar.

Ad ogni modo, i giudici di merito valutano comunque l’esistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria, in relazione al clima di scontri e di conflitto generalizzato nell’Edo State, negandone la sussistenza, ed escludendo dunque rischi in caso di rimpatrio. Allo stesso modo, essi negano diritto alla protezione umanitaria, non solo per le già dette condizioni socio politiche della regione di provenienza, ma anche per la indimostrata integrazione del ricorrente in Italia.

Queste rationes sono contestate dal ricorrente con quattro motivi, tutti relativi alla protezione sussidiaria ed a quella umanitaria.

2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 9, 10, 11 e 13.

Ritiene nulla sentenza perchè, pur in assenza della videoregistrazione dell’audizione davanti alla commissione territoriale, e pur avendo egli richiesto di essere nuovamente sentito, il Tribunale ha solo fissato l’udienza di comparizione, ritenendo superflua l’audizione e valutando solo i documenti in atti.

Secondo il ricorrente la corte di merito avrebbe dovuto procedere invece ad audizione, e se lo avesse fatto, avrebbe valutato come verosimile il racconto fornito.

Il motivo è infondato. Infatti, è giurisprudenza di questa corte che nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero (Cass. 5973/ 2019; Cass. 2817/ 2019).

3. – Con il secondo motivo si lamenta omesso esame di documenti rilevanti, e dunque violazione innanzitutto dell’art. 116 c.p.c. e poi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3.

Il ricorrente adduce di avere depositato una decisione dell’Alta Corte dell’Edo State, oltre a documentazione medica, non presa in alcuna considerazione da parte dei giudici di merito.

Il motivo è però inammissibile.

Infatti, non è detto a cosa quella documentazione afferisca, ossia perchè dovrebbe essere ritenuta rilevante, quanto alla decisione dell’Alta Corte cosa miri a dimostrare, e, quanto alla documentazione medica, se effettivamente ed in che modo indichi una patologia o uno stato di salute rilevante per concedere la protezione richiesta.

4. – Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Ritiene che la corte ha erroneamente valutato l’inverosimiglianza del suo racconto, sia per quanto attiene alla credibilità estrinseca che per quella intrinseca, cosi violando i criteri che il citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, prevede per la valutazione della credibilità del richiedente.

Il motivo è inammissibile e comunque infondato.

E’ inammissibile poichè il giudizio di credibilità è un giudizio di fatto, non censurabile in Cassazione, se non per difetto di motivazione (Cass. 3340/ 2019). E’ altresì inammissibile poichè il giudizio di inverosimiglianza non ha impedito comunque alla corte di merito di valutare i presupposti per la protezione richiesta, cosi che se anche fosse errato quel giudizio, l’errore non inficerebbe la conclusione assunta.

E’ infondato nella parte in cui invece denuncia violazione dei criteri di valutazione della credibilità, in quanto è regola che in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, enuncia alcuni parametri, meramente indicativi e non tassativi, che possono costituire una guida per la valutazione nel merito della veridicità delle dichiarazioni del richiedente, i quali, tuttavia, fondandosi sull'”id quod plerumque accidit”, non sono esaustivi, non precludendo la norma la possibilità di fare riferimento ad altri criteri generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese, non essendo, in particolare, il racconto del richiedente credibile per il solo fatto che sia circostanziato, ai sensi del comma 5, lett. a), della medesima norma, ove i fatti narrati siano di per sè inverosimili secondo comuni canoni di ragionevolezza (Cass. 20580/2019).

Con la conseguenza che il giudizio di credibilità rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, salva adeguata motivazione.

5. – Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 9007, art. 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19. Il ricorrente ritiene che la corte non ha adeguatamente valutato ai fini della protezione umanitaria la situazione dell’Edo State, nè ha collaborato aiutando il ricorrente a fornire tutte le informazioni possibili ed utili al suo caso.

Il motivo è infondato.

Quanto alla valutazione della situazione della regione di provenienza non basta limitarsi a contraddire l’accertamento del giudice di merito, in quanto, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di

una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26328/2019).

Inoltre, il ricorrente non allega alcunchè a dimostrazione di un qualche livello di integrazione raggiunto nel in Italia che possa fungere da elemento di valutazione per il caso di rimpatrio.

Il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

 

 

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