Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10029 del 06/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 06/05/2011), n.10029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

CBS OUTDOOR HOLDING srl, rappresentata e difesa dall’avv. TANZARELLA

Giancarlo e dall’avv. Paolo Vaiano, presso il quale è elettivamente

domiciliata in Rema al Lungotevere Marzio n. 3;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso dagli avv.ti RAIMONDO Angela e Federica Guglielmi presso i

quali è domiciliata in Roma in Via del Tempio di Giove n. 21;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Lazio

n. 171/06/05, depositata il 2 maggio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 novembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Premesso che:

La CBS Outdoor Holding srl ricorre per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe della Commissione tributaria regionale che, riformando la decisione di primo grado, ha rigettato il ricorso del contribuente avverso plurimi avvisi di accertamento emessi dal Comune di Roma per imposta di pubblicità relativi all’anno 1999.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

Ritenuto che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto:

Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi in ordine a motivi di censura proposti nella domanda introduttiva e riproposti in appello appare manifestamente fondato.

Con il ricorso introduttivo la contribuente aveva contestato l’ammontare dell’imposta pretesa con 87 avvisi di accertamento sostenendo l’infondatezza dei calcoli del Comune sotto diversi profili che attenevano, sostanzialmente, all’errato calcolo dell’imposta dovuta rispetto a quella versata e alla pretesa di sottoporre a tassazione impianti che non erano stati invece utilizzati. Tali doglianze, ritualmente riproposte in secondo grado a fronte dell’appello dell’Amministrazione soccombente in primo grado, non trovano alcuna risposta nella sentenza impugnata, che si limita ad affermare che “ritiene di accogliere l’appello del Comune di Roma”, passando poi a motivare unicamente in ordine alle modalità di calcolo della dimensione dei pannelli pubblicitari.

Il secondo motivo, con il quale si deduce violazione di legge nell’ipotesi in cui la sentenza impugnata dovesse essere interpretata cene pronuncia di rigetto delle censure di cui al primo motivo, resta assorbita dall’accoglimento di quest’ultimo.

Manifestamente fondato appare anche il terso motivo con cui si deduce carenza di motivazione in ordine al fatto controverso costituito dall’effettiva dimensione della superficie utile dei pannelli oggetto di concessione ai fini pubblicitari dal momento che la Commissione tributaria regionale non ha operato alcun accertamento in proposito ma si è limitata ad evidenziare le astratte modalità di calcolo (superficie della minima figura piana in cui è circoscritto il messaggio pubblicitario, escluse le comici) e la norma regolamentare che preveda quale debba essere la superficie utile massima del pannello (3 m. x 6 m.), elementi questi che nulla dicono in ordine alla superficie effettiva (e contestata) del singolo pannello oggetto di concessione.

Il quarto motivo, che presuppone l’infondatezza del terzo, è assorbito”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

che tanto la ricorrente che il Comune di Rema depositavano istanza di rinvio, in relazione all’adunanza in Camera di consiglio originariamente fissata per il 2 dicembre 2009, essendo stato avviato un procedimento per la definizione in via amministrativa delle controversie pendenti;

che in prossimità della Camera di consiglio del 16 novembre 2010 la società ricorrente depositava nota con la quale comunicava essere stato definito il procedimento con la accettazione della domanda da parte del Comune di Roma, prodotta in copia, e chiedeva fosse dichiarata cessata la materia del contendere;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, ritiene sia sopravvenuta carenza di interesse da parte della ricorrente e che il ricorso vada pertanto dichiarato inammissibile;

che si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inanmissibile.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2011

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