Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10028 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10028 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 10858-2009 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
2015
230

ANTONINO SGROI,PATRIZIA TADRIS, EMANUELE DE ROSE,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

COSTANTINI LUCIANA, elettivamente domiciliata in ROMA,

Data pubblicazione: 15/05/2015

PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE N. 2, presso lo studio
dell’avvocato DOMENICO CONCETTI, che la rappresenta e
difende giusta delega in calce alla copia notificata
del ricorso;
– resistente con mandato –

di L’AQUILA depositata il 04/02/09 r.g.n. 338/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA per delega verbale
SGROI ANTONINO;
udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n. 66/2009 della CORTE D’APPELLO

R. Gen. N. 10858/2009
Udienza 15.1.2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Chieti dichiarava il diritto di Luciana Costantini a
percepire l’indennità di maternità per il periodo dal 5 febbraio al 15 dicembre
2003 – durante il quale ella aveva altresì percepito il trattamento di mobilità con condanna dell’Inps a corrisponderne i ratei, oltre interessi legali. La Corte

proposto dall’istituto previdenziale, precisando tuttavia che l’indennità di
mobilità doveva essere corrisposta per il periodo successivo a quello coperto
dall’indennità di maternità, senza riduzione della relativa durata.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps,
affidato ad un solo motivo; Luciana Costantini si è costituita con mandato al
fine di consentire al difensore di partecipare alla discussione orale, all’esito
della quale questi ha depositato osservazioni scritte a norma dell’art. 379,
commalt

°, cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La difesa della parte intimata nel corso della discussione ha eccepito
l’inammissibilità del ricorso per superamento del termine per proporre ricorso
individuato dall’art. 325 II comma c.p.c.
1.1. L’eccezione non è fondata.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte
quello secondo il quale a seguito delle decisioni della Corte costituzionale n.
477 del 2002, nn. 28 e 97 del 2004 e n. 154 del 2005 ed, in particolare,
dell’affermazione, dalle stesse scaturente, della scissione fra il momento di
perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, deve
essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione
fondata sull’assunto che il medesimo non sia stato notificato nel termine dei
sessanta giorni previsto dall’art. 325 cod. proc. civ., qualora la parte ricorrente
abbia consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario entro l’anzidetto termine, ma la
notifica non si perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente (Cass. n.
24702 del 2006, n. 10693 del 2007, Cass. n. 6547 del 2008, Cass. Sez. U, n.
17352 del 2009, Cass. n. 20830 del 2013).
Paola hinoy,

estensore

3

d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 66 del 2009, rigettava il gravame

R. Gen. N. 10858/2009
Udienza 15.1.2015

1.2. Ciò è quanto si è verificato nel caso in esame, nel quale la sentenza
della Corte d’appello è stata notificata all’Inps in data 27 febbraio 2009 ed il
ricorso per cassazione è stato consegnato agli Ufficiali Giudiziari per la
notifica al procuratore costituito per il giudizio d’appello, nel domicilio eletto,
in data 27 aprile 2009, e quindi nel rispetto del termine previsto dall’art. 325

notifica, quanto tale termine era ormai scaduto, considerato che la prima non
era andata a buon fine per il cambiamento di indirizzo del domiciliatario.
2. Come unico motivo di ricorso l’Inps deduce violazione e falsa
applicazione dell’articolo 112 del codice di procedura civile. Sostiene che la
pronuncia della Corte d’appello andrebbe oltre i limiti della domanda, con la
quale la ricorrente aveva chiesto soltanto il riconoscimento dell’indennità di
maternità per il periodo dal 5 febbraio 2003 al 15 dicembre 2003, senza
avanzare nessuna richiesta circa prolungamento della mobilità.
3. Per l’esame della questione proposta occorre accedere agli atti del
giudizio di merito. Il motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione o
falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., denuncia infatti un vizio che attiene alla
corretta applicazione delle norme da cui è disciplinato il processo che ha
condotto alla decisione dei giudici di merito, vizio che è pertanto ricompreso
nella previsione dell’art. 360 comma 1) n. 4 c.p.c. .
Poiché in tali casi il vizio della sentenza impugnata discende
direttamente dal modo in cui il processo si è svolto, ossia dai fatti processuali
che quel vizio possono aver procurato, si spiega il consolidato orientamento di
legittimità secondo il quale, in caso di denuncia di errores in procedendo del
giudice di merito, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, inteso come
fatto processuale (v. Cass. n. 24481 del 2014, Cass. n. 14098 del 2009; Cass. n.
11039 del 2006; Cass. n. 15859 del 2002; Cass. n. 6526 del 2002).
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8077 del 2012, a composizione di un
contrasto di giurisprudenza, hanno definitivamente chiarito che ove i vizi del
processo si sostanzino nel compimento di un’attività deviante rispetto alla
regola processuale rigorosamente prescritta dal legislatore, così come avviene
PaoJ Ghinoy, estensore
,

C
4

comma 2 c.p.c. Successivamente tuttavia l’Inps ha dovuto effettuare una nuova

R. Gen. N. 10858/2009
Udienza 15.1.2015

nel caso che si tratti di stabilire se sia stato o meno rispettato il modello legale
di introduzione del giudizio, il giudice di legittimità non deve limitare la
propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con
cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del poteredovere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si

atti l’intero fatto processuale, è necessario comunque che la parte ricorrente
indichi gli elementi caratterizzanti il fatto processuale di cui si chiede il
riesame, nel rispetto delle disposizioni contenute negli artt. 366, primo comma,
n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (ex plurimis, Cass. n. 24481
del 2014, Cass. n. 8008 del 2014, Cass. n. 896 del 2014, Cass. Sez. Un. n. 8077
del 2012, cit.).
4. Dall’esame del ricorso di primo grado, le cui conclusioni sono state
riportate dall’Inps a pg. 4 del ricorso per cassazione, si evince che la signora
Costantini chiedeva il riconoscimento del proprio diritto a percepire l’indennità
di maternità per il periodo di interdizione e successiva astensione obbligatoria
dal lavoro dal 5.2.2003 al 15.12.2003. A fondamento della domanda, osservava
che in applicazione dell’art. 24 comma 2 del D.Igs. n. 151 del 2001 l’Inps
avrebbe dovuto sospendere l’erogazione del trattamento di mobilità all’inizio
dell’interdizione, sostituirlo con l’indennità di maternità da corrispondere sino
al termine dell’astensione obbligatoria, quindi riprendere il pagamento
dell’indennità di mobilità per un periodo uguale a quello sospeso.
4.1. Il Tribunale di Chieti, a giustificazione del dispositivo di
accoglimento, recepiva l’impostazione della ricorrente, argomentando (pg. 3)
che la disposizione in ordine ai limiti di permanenza nelle liste di mobilità
contenuta nell’art. 7 della L. n. 223 del 1991 dev’essere interpretata nel senso
che i periodi di astensione per maternità sono sottratti dal periodo coperto
dall’indennità di mobilità, che prosegue al cessare dello stato di astensione per
il residuo periodo sino al raggiungimento dei limiti previsti, sicché non si
poneva il problema prospettato dall’Inps di incumulabilità delle due
prestazioni, stante la diversità della loro funzione.
Paol Ghinoy, estensore
5

fonda. Affinché questa Corte possa riscontrare mediante l’esame diretto degli

R. Gen. N. 10858/2009
Udienza 15.1.2015

4.2. La Corte d’appello, laddove in dispositivo ha confermato la sentenza
impugnata ed ha chiarito : “che è dovuta l’erogazione dell’indennità di mobilità
per un periodo successivo a quello coperto dall’indennità di maternità, senza
riduzione di durata”, non è dunque andata oltre ai limiti del petitum e delle
questioni ad essa proposte, ma si è limitata a chiarire la portata della sentenza

invocata. In motivazione, ha poi aggiunto, riprendendo la tesi del Tribunale,
che i due trattamenti previdenziali corrispondono a due diverse esigenze, una
delle quali segue l’altra cronologicamente, sicché l’indennità di mobilità spetta
dal momento in cui la lavoratrice madre, cessata l’astensione per maternità, è in
condizione di riprendere il lavoro.
5. La soluzione adottata dalla Corte aquilana, sul merito della quale
l’Inps nel ricorso non solleva contestazioni, è peraltro coerente con
l’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 1947 del 2000, che
ha chiarito che a norma dell’art. 6, commi terzo e quarto, del D.L. 20 maggio
1993 n. 148, convertito, con modificazioni, in legge 19 luglio 1993 n. 236 (poi
trasfusi nell’art. 22 c. 4 del D.Igs n. 151 del 2001), i periodi di astensione
obbligatoria e facoltativa per maternità sono sottratti dal computo del periodo
coperto dalla indennità di mobilità; questa, pertanto, prosegue al cessare dello
stato di astensione per il residuo periodo, pari alla durata del periodo di
astensione obbligatoria ed eventualmente facoltativa, fino al raggiungimento
dei limiti temporali di cui all’art. 7 della legge n. 223 del 1991.
6. Segue il rigetto del ricorso e la condanna dell’Inps al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi
professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella
misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore
per dichiarata anticipazione.
Così deciso in Roma il 15 gennaio 2015
Paola

inoy, estensore

del Tribunale, nel senso imposto dalla corretta applicazione della normativa

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