Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10027 del 20/04/2017

Cassazione civile, sez. lav., 20/04/2017, (ud. 16/02/2017, dep.20/04/2017),  n. 10027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17073-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO MARAZZA,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.R.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

VACIRCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CLAUDIO LALLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 904/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 28/06/2010 R.G.N. 553/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza depositata in data 28/6/2010 la Corte d’appello di L’Aquila, in riforma della pronuncia di “primo grado ed in accoglimento dell’appello proposto da M.R.A. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato per il periodo 1 giugno-30 settembre 1998 per “esigenze eccezionali”, la intercorrenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la condanna della società datrice al pagamento, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni medio tempore maturate detratto l’aliunde perceptum, oltre accessori;

che avverso tale decisione Poste Italiane s.p.a. proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso;

che sono state depositate memorie da entrambe le parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 1362 e 1175 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, per avere la Corte di merito respinto l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso perchè fondata sul solo elemento temporale;

che con il secondo motivo è denunciata violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, e del C.C.N.L. 26 novembre 1994, e relative integrazioni ex art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, per aver i giudici del gravame ritenuto il contratto illegittimo in quanto stipulato oltre il termine del 30/4/1998 previsto dal contratto collettivo, tralasciando di considerare che il contratto inter partes, stipulato per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie, era sottratto al limite temporale descritto;

che con il terzo motivo è denunciata Violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, ‘art. 23, dell’art. 420 c.p.c., comma 5, dell’art. 8 c.c.n.l. 26/11/1994 per avere la Corte distrettuale ritenuto non provato da parte datoriale, il rispetto della clausola di contingentamento, nonostante la produzione di uno schema nel quale era indicato il numero di dipendenti Poste al 31/12/1997, il numero medio di contratti a tempo determinato stipulati nel 1998, la consistenza del 100/0 e la differenza fra il numero di contratti a termine stipulati e quelli stipulabili in base alle disposizioni di legge e di contratto;

che con il quarto motivo è dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, quale ius superveniens;

che il primo motivo è infondato alla stregua della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinchè possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (v. Cass. 10-112008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, nonchè Cass. 18-11-2010 n. 23319, Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-82011 n. 16932 ed in motivazione, Cass. 16/4/2016 n. 7040). La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, “è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso” (v. Cass. 15-11-2010 n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887), mentre “grava sul datore di lavoro”, che eccepisca tale risoluzione, “l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070 e fra le altre Cass. 1-22010 n. 2279, Cass. 15-11-2010 n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887) e “la valutazione del significato e della portata del complesso degli elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto” (v. Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932);

che, nello specifico la ricorrente non ha addotto elementi idonei dai quali desumere la volontà delle parti di risolvere il rapporto inter partes, dovendosi ritenere inammissibile il richiamo ad una manifestazione di disponibilità del lavoratore alla assunzione presso altri datori di lavoro, formulato per la prima volta in questa sede di legittimità (sulla questione della inammissibilità del motivo di ricorse per novità, vedi Cass. 2/4/2004 n. 6542, Cass. 28/7/2008 n. 20518 secondo cui, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare. una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa);

che il secondo motivo è inammissibile perchè inconferente rispetto alla fattispecie scrutinata, concernente un contratto stipulato (vedi sentenza) per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di, ristrutturazione degli assetti occupazionali in corso ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi…” e non per espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie come sostenuto dalla ricorrente (vedi sul punto Cass. 3/8/2007 n. 17125 cui adde Cass. 18/2/11, n. 4036 secondo cui la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso per cassazione dovendo contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata);

che il terzo motivo è privo di pregio per difetto del carattere di specificità, non essendo riprodotto il tenore del documento cui si riferisce, e comunque in quanto attinente ad una diversa valutazione del materiale probatorio non consentita nella presente sede di legittimità (vedi ex plurimis, Cass. 22/2/2007, n. 4178 secondo cui l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione, cui adde Cass. 10/2/2015 n. 2465 secondo cui, sullo specifico tema, è inammissibile ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati);

che la Corte territoriale aveva debitamente scrutinato il documento prodotto dalla società deducendo che consisteva in un mero prospetto riepilogativo inidoneo alla verifica del rispetto del limite di contingentamento riguardo ai riferimenti temporali e territoriali di applicazione, con apprezzamento congruo e completo, incensurabile in questa sede di legittimità;

che il quarto motivo è fondato, alla stregua del principio affermato da questa Corte secondo cui in tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico(vedi Cass. S.U. 27/10/2016 n. 21691);

che pertanto, il ricorso va accolto entro i limiti descritti/con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello designata in dispositivo.

PQM

rigetta i primi tre motivi del ricorso, accoglie il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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