Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10025 del 20/04/2017

Cassazione civile, sez. lav., 20/04/2017, (ud. 16/02/2017, dep.20/04/2017),  n. 10025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16900-2011 proposto da:

T.L.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SILVIO PELLICO 36, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

TALLADIRA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO ROSARIO

BONGARZONE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.P. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1822/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/03/2011 R.G.N. 6294/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza depositata in data 25/3/2011 la Corte d’appello di Roma confermava la pronuncia del Tribunale della stessa sede con cui erano state respinte le domande proposte da T.L.M. nei confronti di Poste Italiane s.p.a. intese a conseguire l’accertamento della nullità della clausola di apposizione del termine al contratto stipulato per il periodo 25/722/9/2007, la intercorrenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la condanna della società datrice al pagamento, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni medio tempore maturate, oltre accessori;

che avverso tale sentenza il lavoratore proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resisteva Poste Italiane s.p.a. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorrente deduce:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 416 c.p.c., n. 3, per aver la Corte distrettuale ritenuto applicabile alla fattispecie il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, nonostante la circostanza che avesse svolto mansioni (di addetto allo sportello) non riconducibili alla sfera di applicabilità della disposizione, non fosse stata oggetto di contestazione da parte della società (primo motivo);

– violazione dell’art. 437 c.p.c., per non avere la Corte distrettuale esercitato il potere istruttorio al fine di accertare le mansioni svolte dal ricorrente, omettendo ogni motivazione al riguardo (secondo motivo);

– insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio circa la riconducibilità delle mansioni a quelle dei cd. Servizi universali (terzo motivo);

– violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, in relazione al D.Lgs. n. 261 del 2009, art. 1, per erronea interpretazione della norma la quale non rinverrebbe “alcuna giustificazione di legittimità costituzionale ove fosse finalizzata a contratti a termine destinati alla assunzione di dipendenti addetti allo svolgimento di attività finanziarie o di sportello” (quarto motivo);

– che il collegio ritiene i motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione, infondati, atteso che, quanto alla denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c., il vizio di omessa pronuncia non è configurabile per implicito rigetto, seppure in assenza di una specifica argomentazione(Cass. 26 gennaio 2016, n. 1360; Cass. 18 aprile 2007, n. 9244; Cass. 25 febbraio 2005, n. 4079; Cass. 19 marzo 2004, n. 5562);

– quanto alla violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, questa Corte, con giurisprudenza cui si intende dare continuità, ha affermato il principio secondo cui in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 2, comma 1 bis, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione quelle concessionarie di servizi e settori delle poste – e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la “ratio” della disposizione, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del cd. “servizio universale” postale, ai sensi del D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 1, comma 1, di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore (vedi Cass. 2 luglio 2015, n. 13609);

– che pertanto il ricorso deve essere rigettato e le spese regolate secondo il regime di soccombenza come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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