Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10024 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 27/04/2010), n.10024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SUORE OBLATE DELLO SPIRITO – ISTITUTO SANTA ZITA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MARESCA ARTURO,

che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIANI MICHELE,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, anche quale mandatario di

S.C.C.I. S.p.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps –

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati SGROI ANTONINO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA,

MARITATO LELIO, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 473/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/04/2006 R.G.N. 855/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2010 dal Consigliere Dott. BRUNO BALLETTI;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI per delega MARESCA ARTURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso dinanzi al Tribunale di Lucca l’Ente “SUORE OBLATE DELLO SPIRITO – ISTITUTO SANTA ZITA” proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale per il pagamento, a favore dell’istante I.N.P.S., della somma di Euro 184.250,75 per la causale concernente l’omesso versamento dei contributi previdenziali relativi ai rapporti di lavoro intrattenuti con i medici addetti al servizio di guardia all’interno della casa di cura gestita dall’Ente ricorrente.

Costituitosi l’opposto, l’adito Tribunale – con sentenza n. 356/2003 – accoglieva l’opposizione, ma a seguito di impugnativa dell’I.N.P.S. e ricostituitosi il contraddittorio – la Corte di appello di Firenze (con sentenza del 5 aprile 2006), in accoglimento dell’appello, rigettava l’opposizione proposta dalle “Suore Oblate dello Spirito- Istituto Santa Zita”, compensando le spese del grado.

Per la cassazione di questa sentenza l’Ente “SUORE OBLATE DELLO SPIRITO -ISTITUTO SANTA ZITA” propone ricorso affidato ad un unico motivo e sostenuto da memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

L’intimato I.N.P.S., anche nella qualità di “mandatario” dell’altra intimata s.p.a. S.C.C.I., resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con l’unico complesso motivo di ricorso l’Ente ricorrente – denunciando “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. – addebita alla Corte di appello di Firenze che, nella sentenza impugnata, “nello svilire la circostanza dell’autogestione dei turni, ha trascurato la risultanze istruttorie perchè i medici chiesero di poter mantenere la possibilità di gestirsi i turni, e la casa di cura consentì, come avrebbe potuto non consentire, sicchè si trattava di un beneficio non scontato e sempre revocabile, laddove nel periodo precedente esso caratterizzava la collaborazione, come requisito indefettibile di essa”.

2 – Il ricorso come dianzi proposto deve essere respinto.

2/a – Al riguardo, la Corte di appello, ha rilevato: a) “in linea generale e di diritto come – proprio sotto il profilo della valutazione complessiva della prestazione lavorativa cui riconoscere una particolare qualificazione giuridica – l’elaborazione interpretativa della dottrina e soprattutto della giurisprudenza ritenga oramai assolutamente cruciale chiarire che, rispetto ad attività ad altro contenuto professionale e di autonomia tecnico- scientifica (quale anche quella di medico), gli elementi necessari per la sussistenza della natura subordinata del rapporto (in sostanza, l’assoggettamento al potere direttivo ed organizzatorio del datore di lavoro) vanno apprezzati con ragionevole misura, non essendo richiedibile in tali ipotesi la ricorrenza dell’esternazione da parte del datore di lavoro di direttive precise e continuate e dell’assoggettamento del lavoratore al controllo diffuso e penetrante della prestazione, in cui i margini di autonomia esecutiva ed organizzativa si allargano vieppiù quando la prestazione abbia ad oggetto competenze tecniche elevate e particolari”; b) “sussiste in maniera difficilmente confutabile l’elemento oramai ritenuto caratteristico e fondante per l’affermazione della natura subordinata di un rapporto di lavoro, ossia l’inserimento pieno ed organico delle prestazioni dei quattro medici addetti nel periodo de quo al servizio di guardia medica della casa di cura gestita dalle Suore Oblate dello Spirito nella struttura della residenza sanitaria, per cui la garanzia del servizio di guardia medica, assicurato dalle dottoresse, in effetti, ha permesso all’azienda di assicurare ai pazienti un indefettibile strumento accessorio a tutte le altre cure mediche apprestate dalla casa di cura”; c) “un servizio siffatto è connaturato con la complessiva attività di una casa di cura privata, la quale ha il primario interesse di non sguarnire ininterrottamente tale presenza ai fini dell’adeguatezza dei servizi offerti alla clientela, sicchè non si tratta di una prestazione accessoria sganciata ed ininfluente rispetto all’oggetto peculiare della produzione azienda”; d) “l’emersione di tale requisito necessario per l’affermazione della subordinazione permette in seconda approssimazione di colorare di significati pregnanti nella medesima direzione interpretativa – di per sè non immediatamente da essi scaturenti – gli elementi accessori della corresponsione mensile degli emolumenti dei medici incaricati del servizio e della erogazione delle maggiorazioni previste dalle tabelle professionali, la quale fa ulteriormente risaltare la piena inclusione dei quattro sanitari nella organizzazione complessiva e continuativa dell’opera della casa di cura”.

2/b – Il cennato percorso motivazionale a sostegno del decisum con specifico riferimento alla peculiare situazione fattuale si inquadra nell’orientamento giurisprudenziale che ha individuato quali indici della subordinazione nell’assenza del rischio economico in capo al lavoratore e nell’inserimento del lavoratore nella organizzazione produttiva del datore di lavoro specie in relazione al coordinamento con l’attività di altri lavoratori (ex plurimis: Cass. n. 1893/2007, Cass. n. 4036/2000): indici questi indicati da questa Corte come sintomatici della natura subordinata di un rapporto di lavoro a cui si è uniformata la Corte di merito con una valutazione non censurabile in sede di legittimità.

Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto e che siano idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce un apprezzamento di fatto delle risultanze processuali che, se immune da vizi logici e giuridici e adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità (cfr., tra le tante, Cass. n. 4171 del 2006; Cass. n. 15275 del 2004; Cass. n. 8006 del 2004).

3/c – Con riferimento, poi, alle doglianze inerenti ad asseriti vizi di motivazione – che, secondo la ricorrente, inficerebbero la sentenza impugnata “davvero contraddittoria” (così, testualmente nella “memoria ex art. 378 c.p.c.”, ove non pertinenti richiami a sentenze di questa Corte riferite a posizioni fattuali sicuramente diverse rispetto alla posizione accertata nella fattispecie de qua) – si rimarca che: -) il difetto di motivazione, nel senso d’insufficienza di essa, può riscontrarsi soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice e quale risulta dalla sentenza stessa emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero l’obiettiva deficienza, nel complesso di essa, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati; -) il vizio di motivazione sussiste unicamente quando le motivazioni del giudice non consentano di ripercorrere l’iter logico da questi seguito o esibiscano al loro interno non insanabile contrasto ovvero quando nel ragionamento sviluppato nella sentenza sia mancato l’esame di punti decisivi della controversia – irregolarità queste che la sentenza impugnata di certo non presenta -; -) per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi – come, nella specie, esaustivamente ha fatto la Corte di appello di Firenze – le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse.

2/d – A conferma della pronuncia di rigetto del ricorso vale riportarsi al principio di cui alla sentenza di questa Corte n. 5149/2001 (e, più di recente, di Cass. Sezioni Unite n. 14297/2007) in virtù del quale, essendo state rigettate le principali assorbenti ragioni di censura, il ricorso deve essere respinto nella sua interezza poichè diventano inammissibili, per difetto di interesse, le ulteriori ragioni di censura (così, certamente, la cd. censura di cd. “annullamento delle somme una tantum applicate a titolo di sanzione” chiaramente inammissibile per violazione palese dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4).

3 – In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto dalle “SUORE OBLATE DELLO SPIRITO – ISTITUTO SANTA ZITA” deve essere respinto e l’Ente ricorrente, per effetto della soccombenza, va condannato al pagamento, a favore dell’I.N.P.S., delle spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Ente ricorrente al pagamento, a favore dell’I.N.P.S. (ut supra), delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 14,00, oltre a Euro 2000,00 per onorario ed alle spese generali ed agli ulteriori oneri di legge.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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