Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10023 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10023 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 13548-2008 proposto da:
I.C.O.P. S.R.L. (p.i. 01590820807), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso

Data pubblicazione: 15/05/2015

l’avvocato SERGIO DE FELICE, rappresentata e difesa
dall’avvocato FEDELE ANTONIO PEZZANO, giusta
2015

procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

670

contro

COMUNE DI VIBO VALENTIA, in persona del Sindaco pro

1

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
ADELE ZOAGLI MAMELI,9, presso l’avvocato GIANCARLO
BEVILACQUA, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIUSEPPE PASQUINO, giusta procura in calce al
controricorso;
controricorrente-

avverso la sentenza n. 1064/2007 della CORTE
D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 15/04/2015 dal Consigliere
Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato SERGIO DE
FELICE, con delega, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato GIUSEPPE
PASQUINO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto del

ricorso.

2

Svolgimento del processo.
Il Comune di Vibo Valentia, con atto notificato il 18.7.1.997 nei

decreto ingiuntivo n. 111/97 emesso dal Pretore di Vibo Valentia
il 6.5.1997.
L’opponente esponeva:che, a seguito di licitazione privata del
28.12.1994, l’impresa di Siciliano Antonio si era aggiudicato
l’appalto per l’esecuzione dei lavori che i lavori erano stati ultimati
e l’ente appaltante aveva provveduto a corrispondere all’impresa
appaltatrice un acconto pari a lire 367.347.995; che, con lettera del
26.11.96 l’INPS di Reggio Calabria aveva comunicato che
l’impresa Siciliano non era in regola con gli adempimenti relativi
alle assicurazioni obbligatorie per i dipendenti occupati nei lavori
appaltati; che, l’omessa regolarizzazione della posizione
contributiva e assicurativa rendeva inesigibile il credito relativo
alle differenze dovute per i appaltati.
Concludeva chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Si costituiva il Siciliano con comparsa depositata il 25.11.1997

confronti di Siciliano Antonio, proponeva opposizione avverso il

contestando le deduzioni di controparte.
Nel corso del giudizio si costituiva, con comparsa depositata il
28.4.2000, la S. r. 1. I.C.O.P., subentrata nei rapporti facenti capo

28.10.1999.
Il Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza n. 46 del 13.2.2002,
revocava il decreto ingiuntivo n. 111/97.
Avverso detta decisione proponeva appello la S.r.1 ICOP
deducendo l’insussistenza della irregolarità assicurativa e chiedeva
che„ comunque in osservanza di una circolare ministeriale si
procedesse ai pagamenti anche in caso di accertamenti sulle
posizioni contributive assicurative.
Si costituiva il comune di Vibo Valentia resistendo al gravame.
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza 1064/07 rigettava
l’appello.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la ICOP srl sulla
base di sette motivi.Resiste con controricorso il Comune di Vibo
Valentia

al Siciliano a seguito di cessione di azienda effettuata con atto del

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente si duole sotto il
profilo della violazione degli artt. 2697, 2700 c.c., 38 e 40 R.D.

l’inesigibilità del credito dell’impresa appaltatrice sulla base
della documentazione derivante da una missiva della stazione
appaltante che, con accertamento meramente ipotetico, stabiliva
una certa percentuale di incidenza della manodopera impiegata
nella realizzazione dell’opera pubblica, non verificata attraverso
le reali presenze di operai nei cantiere e che, a sua volta dava
luogo ad una declaratoria di irregolarità da parte dell’istituto
assicuratore, il quale si limitava a fare propria la detta
percentuale di incidenza della manodopera senza altro addurre
e/o accertare.
Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione della
sentenza laddove ha dichiarato l’inesigibilità del credito sulla base di
una preordinata e precostituita prova, proveniente dall’obbligato al
pagamento, dalla quale non emergevano dati oggettivi, ma ipotetici
funzionali alla detta declaratoria di inesigibilità.

n. 350/1895 che la Corte d’appello abbia ritenuto provata

Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 2939 c.c. per
aver il giudice di merito ritenuto che la clausola sociale fosse
perdurante sine die, laddove il beneficiario di essa non avesse

ovvero ordinari) di prescrizione e detta mancata azione sia stata
colpita dall’eccezione di prescrizione di essa clausola da parte
del creditore (I.C.O.P. S.r.l.), ai sensi dell’art. 2939 c.c., nel
giudizio che lo vede agire per il pagamento della rata di saldo
contro chi di questa eccezione non se ne è giovato proprio in
virtù della mancata azione dell’altro creditore (istituto
assicuratore) .
Con il quarto motivo lamenta il vizio di motivazione laddove
la sentenza ha onerato essa ricorrente che aveva eccepito la
prescrizione ai sensi dell’art. 2939 c.c. anche della prova di detto
fatto estintivo aldilà del già allegato decorso del tempo
necessario al maturarsi della prescrizione.
Con il quinto motivo deduce la violazione di norme di
ermeneutica contrattuale integrate dalla Circolare Ministero dei
LL.PP. n. 3959/58 da parte della sentenza laddove ha ritenuto che

attivato detto diritto ed azione entro i termini (quinquennali

non si doveva procedere al pagamento della rata di saldo, in
presenza di vere e proprie inefficienze della P.A. nella
determinazione della incidenza della manodopera, siccome

pubbliche ed anche accertate nel caso di specie, ove la detta
percentuale era stata determinata in modo del tutto
approssimato e non in modo effettivo.
Con il sesto motivo prospetta il vizio di omessa la motivazione
laddove la Corte d’appello ha rigettato la domanda senza
considerare che la parte aveva proposto ed invocato, quale motivo
di appello, l’applicazione di una circolare esplicativa del Ministero
dei LL.PP. (n. 3959/58), applicabile anche al caso di specie,
secondo la quale le stazioni appaltanti avrebbero dovuto
procedere al pagamento della rata di saldo dei lavori nel caso in
cui la medesima stazione appaltante non fosse in grado di
accertare tempestivamente e puntualmente l’incidenza della
manodopera impiegata dall’impresa per l’esecuzione dell’opera
per avere anche omesso la regolare tenuta del giornale dei lavori.
Con il settimo motivo si duole ancora dell’ omessa la

riconosciute generalmente sussistenti nel campo delle opere

motivazione della sentenza laddove essa non ha dato ragione del
mancato esame di una istanza di c.t.u. tecnico-contabile, laddove
in atti erano già state acquisite le prove documentali delle

se non attraverso la detta c.t.u. tecnico-contabile”.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in
quanto tra loro connessi.
La Corte d’appello ha rilevato che nella lettera di invito alla gara
di appalto a licitazione privata del 9.12.94 era espressamente
previsto che il Comune aveva facoltà di sospendere il saldo dei
lavori eseguiti in caso di mancato adempimento da parte
dell’appaltatore degli obblighi relativi alla posizione retributiva,
previdenziale ed assistenziale dei lavoratori.
Tale facoltà era stata esercitata a seguito della nota dell’INPS del
30.7.96 che aveva invitato il Comune a sospendere i pagamenti in
attesa che la ditta Siciliano ( ora Icop srl ) avesse fornito la prova
del regolare versamento dei contributi previdenziali.
In tale contesto la Corte d’appello ha rilevato che nessuna prova
dell’avvenuto adempimento era stata fornita dalla appaltatrice

circostanze controverse e queste non erano altrimenti accertabile

posto che non era stata prodotta in giudizio neppure la lettera con
cui l’INPS avrebbe precisato nella misura dell’8 % l’incidenza
della mano d’opera da cui poter eventualmente desumere

A fronte di tale motivazione , che appare del tutto adeguata e
logicamente coerente, le censure avanzate dalla ricorrente
appaiono inammissibili prima ancora che infondate.
Si osserva in primo luogo che a seguito della riforma ad opera del
d.lgs. n. 40 del 2006, la nuova previsione dell’art. 366, comma primo, n. 6,
cod. proc. civ., oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e
documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale
sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto.
Tale puntuale indicazione, quando riguardi un documento prodotto in
giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di
merito, e, in ragione dell’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ.,
anche che esso sia prodotto in sede di legittimità, con la conseguenza che,
in caso di omissione di tale adempimento, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile. (Cass 20535/09; Cass sez un 7161/10)
Nel caso di specie, le censure della ricorrente si basano su alcuni documenti
( lettera del Comune di Vibo del 10.9.96;missiva INPS del 2.12.96;modelli
DM 10 ), ma nel ricorso non vien specificato dove i detti documenti siano

l’adempimento delle obbligazioni previdenziali.

rinvenibili tra gli atti della fase di merito né risultano prodotti i detti
documenti in sede di ricorso per cassazione ai sensi dell’art 369,comma 2
n. 4 cpc.
A detta causa di inammissibilità se ne aggiungono altre.

La ricorrente non deduce di avere fornito la prova, su di essa
gravante, dell’avvenuto pagamento di quanto dovuto all’INPS ,nè
contesta la mancata produzione in atti della nota dell’INPS che
avrebbe ridotto all’8 % l’incidenza della mano d’opera.
In tale contesto la censura rivolta nei confronti della affermata
erronea indicazione della percentuale d’incidenza del 22%
contenuta nella missiva della stazione appaltante all’INPS è priva
di ogni rilevanza. La stessa non è infatti posta a base della
decisione, né la stessa viene in qualche modo espressamente
menzionata nella decisione impugnata. Inoltre la mancata censura
all’affermata mancata produzione del documento Inps relativo
all’incidenza della mano d’opera nella misura dell’8% rende
l’argomentare dei motivi del tutto carente di ogni riferimento
probatorio
In ogni caso ciò che rileva — come correttamente rilevato dalla
Corte d’appello – è la prova dell’avvenuto adempimento degli

4

oneri previdenziali a prescindere da quale fosse l’effettiva
incidenza della mano d’opera e nei confronti di tale mancanza di
prova , accertata da parte della sentenza impugnata,nessuna

La motivazione della sentenza è sotto tale profilo adeguata e
rigorosa sotto il profilo logico per cui anche la censura di difetto
di motivazione non risulta scrutinabile in questa sede di
cassazione.
Il terzo ed il quarto motivo tra loro connessi possono essere
esaminati congiuntamente.
La dedotta violazione dell’art 2939 c.c non sussiste.
L’articolo predetto configura due ipotesi di legittimazione alla
azione di prescrizione da parte di persona diversa dal debitore: a)
quella dei creditori della parte, i quali possono, surrogandosi alla
parte medesima debitrice verso altro soggetto , opporre a
quest’ultimo terzo creditore la detta eccezione, con l’effetto
sostanziale di estinguere il credito di quest’ultimo, e di conservare
cosi la loro garanzia patrimoniale sui beni della parte; b) quella di
chiunque ha interesse ad evitare un qualsivoglia effetto

censura è stata avanzata dalla ricorrente cui incombeva l’onere.

pregiudizievole dalla mancata eccezione della prescrizione ( Cass
567/76).
La prima ipotesi non sussiste nel caso di specie.

nei confronti dei propri lavoratori nonché dell’INPS per i
contributi previdenziali di cui essa è tenuta al pagamento. In
relazione a tale norma pertanto la ricorrente non può sollevare
alcuna eccezione di prescrizione nei confronti del Comune.
Neppure la seconda ipotesi sussiste.
La Corte d’appello ha rigettato l’eccezione di prescrizione in base
alla affermazione che questa non era stata oggetto di un
autonomo giudizio o di una richiesta di accertamento incidentale
e che della stessa non vi era comunque prova.
Tale motivazione appare del tutto adeguata e corretta sotto il
profilo logico giuridico.
Invero l’INPS e i lavoratori nei cui confronti si eccepisce la
prescrizione non sono parti nel presente processo.
Nel caso di specie era quindi necessario, per far valere
l’eccezione nei confronti del Comune, che i predetti soggetti

La appaltatrice ICOP srl non è infatti creditrice bensì debitrice

venissero chiamati in causa

per accertare nei loro confronti

l’intervenuta prescrizione oppure che questa fosse stata accertata
in autonomo giudizio.

sull’art. 2939 c.c nei confronti del terzo interessato si riferisce
sempre alla ipotesi del coobbligato chiamato in garanzia
presupponendo la partecipazione in causa del titolare del diritto
coinvolto nella prescrizione. ( Cass 567/76, Cass 4779/81 sez un;
Cass 5262/01).
In tale contesto infatti il creditore è messo comunque nella
condizione di contestare l’eccezione e, in particolare, di eccepire
a sua volta l’intervenuta interruzione o la rinunzia della
controparte alla eccezione stessa.( vedi Cass 3004/80).
Nel caso di specie quindi l’accertamento presupponeva la
partecipazione al giudizio delle altre parti che avrebbero potuto
eccepire atti interruttivi, cosa che il Comune non era in condizioni
di fare , per cui un accertamento esclusivamente nei suoi
confronti avrebbe comportato una violazione del diritto di difesa.
In tal senso correttamente la Corte d’ appello ha ritenuto che non

Sotto tale profilo, si osserva che la giurisprudenza formatasi

vi era prova in atti della prescrizione poiché ,in assenza delle parti
interessate, non era idoneo il mero accertamento del trascorrere
del tempo avendo dovuto altresì l’odierna ricorrente fornire la

A ciò deve comunque aggiungersi che costituendo la clausola
sociale in esame una disposizione di interesse pubblico, la stessa
opera per effetto del mancato pagamento degli onere dovuti a
prescindere dalle eventuali vicende di prescrizione intercorsi tra le
parti interessate.
I due motivi vanno quindi rigettati.
Il quinto motivo del ricorso è inammissibile.
Come già rammentato in relazione all’esame dei primi due motivi
di ricorso ,ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc.
civ., era onere del ricorrente a indicare specificatamente gli atti e
documenti posti a fondamento del ricorso, precisare con esattezza
in quale sede processuale il documento, pur individuato in
ricorso, risulti prodotto.
Il motivo in esame si basa sulla valutazione del contenuto della
circolare del Ministero dei LL.PP n. 3959/58 di cui non viene

prova negativa della mancata interruzione della prescrizione.

indicata la rinvenibilità tra gli atti del giudizio, che non risulta
prodotta ai i sensi dell’art 369 n. 4 cpc ed il cui contenuto infine,
in violazione del principio di autosufficienza, non è neppure

Si aggiunge che ai fini della censura di violazione dei canoni
ermeneutici così come proposta con il motivo in esame – non è
sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di
interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in
concreto violati, con la precisazione del modo e delle
considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato,
nonchè, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza
del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della
regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in
contestazione, ancorchè la sentenza abbia fatto ad essa
riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò
non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che
ad essa il ricorrente pretenda di attribuire. ( Cass . 4178/07).
Nel caso di specie nulla di tutto ciò si rinviene nel motivo in
esame onde lo stesso è inammissibile anche sotto tale ulteriore

riprodotto nel ricorso in modo estensivo.

profilo.
Per le medesime ragioni risulta inammissibile il sesto motivo
stante la mancata indicazione di dove sia reperibile tra gli atti di

assenza di una sua riproduzione per lo meno delle parti rilevanti e
significative.
In ordine al profilo di omessa motivazione sul punto si osserva
che la circolare del Ministero dei Lavori pubblici risulta
espressamente richiamata in sentenza sia nella parte narrativa che
nella parte motiva.
La stessa è stata pertanto oggetto di esame da parte della sentenza
che ne ha implicitamente ritenuto l’inapplicabilità sulla base
della motivazione complessiva inerente alla mancanza di prova
circa l’avvenuto onere degli adempimenti previdenziali nonché
alla verifica comunque effettuata dalla stazione appaltante circa la
percentuale d’incidenza della mano d’opera.
Sul punto è appena il caso di rammentare , quanto al contenuto
dell’onere motivazionale che grava sul giudice di appello, che la
sentenza di secondo grado deve esplicitare gli elementi

causa la circolare ministeriale di cui si è in precedenza detto ed in

imprescindibili a rendere chiaro il percorso argomentativo che
fonda la decisione (Cass. Sez. un. n. 10892 del 2001), ma l’onere
di adeguatezza della motivazione non comporta che il giudice del

egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle,
tutte le argomentazioni da questa svolte. È, infatti, sufficiente che
il giudice dell’impugnazione esponga, anche in maniera concisa,
gli elementi posti a fondamento della decisione e le ragioni del
suo convincimento, così da doversi ritenere implicitamente
rigettate tutte le argomentazioni incompatibili con esse e disattesi,
per implicito, i rilievi e le tesi i quali, se pure non espressamente
esaminati, siano incompatibili con la conclusione affermata e con
l’iter argomentativo svolto per affermarla (Cass., n. 696 del 2002;
n. 10569 del 2001; n. 13342 del 1999); è cioè sufficiente il
riferimento alle ragioni in fatto ed in diritto ritenute idonee a
giustificare la soluzione adottata, tenuto conto dei motivi esposti
con l’atto di appello( Cass. n. 9670 del 2003; n. 2078 del 1998).
Il settimo motivo è inammissibile prima ancora che infondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che

merito debba occuparsi di tutte le allegazioni della parte, ne’ che

la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio ( e non una
prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed
affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito,

la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione
dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente
desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e
dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato
effettuata dal suddetto giudice. ( Cass 15219/07- Cass 9461/10).
Va aggiunto che la parte che denuncia la mancata ammissione
della consulenza ha l’onere di precisare, sotto il profilo causale,
come l’espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla
decisione impugnata. ( Cass 396/06) .
Nel caso di specie ,i1 rigetto implicito della CTU si evince dal
fatto che la Corte d’appello ha rilevato che la società ricorrente
non aveva fornito alcuna prova in ordine all’avvenuto pagamento
dei contributi né aveva prodotto il documento dell’INPS che
aveva ridotto l’incidenza della mano d’opera all’ 8% ritenendo
quindi che la odierna ricorrente non aveva fornito alcun prova del

rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre

le proprie ragioni.
Inoltre la ricorrente, ai fini della rilevanza della CTU
relativamente alla decisione impugnata avrebbe comunque dovuto

tale da vedere accolta la propria domanda in ragione
dell’avvenuto versamento degli onere previdenziali; ma nulla di
tutto ciò viene allegato.
Il ricorso va in conclusione respinto.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle
spese processuali liquidate come da dispositivo
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio liquidate in euro 2700,00 oltre euro 200,00
per esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Roma .4.15
Il C

.est.

dedurre di aver pagato l’importo nella misura dell’ 8% in modo

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