Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10022 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10022 Anno 2015
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 19189-2008 proposto da:
VALLE ENRICO (C.F. VLLNRC42R081138M), elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAllA DEI PRATI DEGLI STROZZI
32, presso l’avvocato LANIGRA MAURIZIO,

Data pubblicazione: 15/05/2015

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO BUZIO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015
598

contro

COMUNE DI VARAllE, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
0,1

1

TAGLIAMENTO

10,

presso

l’avvocato

BRUNO

PIERFRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta
procura speciale N. 463 del 31.3.1015, sottoscritta
dal Segretario Generale del Comune;
MANNI BRUNO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
VIVIANA PEDRAZZINI, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrenti contro

BANCA CARIGE S.P.A. – FILIALE DI VARAZZE;
– intimata –

avverso la sentenza n.

299/2008 della CORTE

D’APPELLO di GENOVA, depositata il 08/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 01/04/2015 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato M. LARIGRA,

presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

con delega, che si riporta;
udito, per il controricorrente Comune di Varazze,
l’Avvocato P. BRUNO che si riporta e chiede il
rigetto del primo motivo, inammissibilità del
secondo motivo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

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Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l.- In data 16.11.1992, su ricorso di Bruno Manni, nella
qualità di curatore dell’eredità giacente di Geronima

Valle, il Presidente del Tribunale di Savona ha emesso un
decreto di ammortamento del certificato di deposito al
portatore n. 350727.18 di £. 60milioni, acceso presso
l’Agenzia di Varazze della Carige, avverso il quale ha
proposto opposizione Enrico Valle, il quale ha affermato di
averne il possesso in modo pacifico e legittimo sin dal
momento dell’emissione.
Nel giudizio la Carige non si è costituita e il Manni ha
riferito di non essere più curatore dell’eredità giacente,
essendo la relativa procedura stata dichiarata cessata,
poiché l’eredità era stata accettata con beneficio di
inventario dall’ente Casa del Nonno, amministrato dal
Comune di Varazze, al quale aveva trasmesso i documenti
relativi alla procedura di ammortamento. Il Comune di
Varazze, evocato in giudizio su disposizione del giudice,
si è costituito deducendo la propria estraneità al rapporto
processuale pendente tra il Manni e il Valle e la
inammissibilità e infondatezza dell’opposizione.
2.- Il Tribunale ha accolto l’opposizione del Valle e
revocato il decreto di ammortamento.
m
3

3.- Il gravame del Comune è stato accolto dalla Corte
d’appello di Genova, con sentenza 8.3.2008, che ha ritenuto
integro il contraddittorio nei confronti del medesimo
Comune,

costituitosi nel giudizio,

e ha rigettato

l’opposizione del Valle. Ad avviso della Corte, l’opponente

non aveva dimostrato di avere ricevuto dalla titolare il
possesso del certificato di deposito, inteso come potere di
disporne, mentre il Comune aveva dimostrato che la consegna
da parte della titolare Geronima Valle aveva avuto luogo in
base a un titolo (di custodia) che escludeva l’attribuzione
al Valle del potere dispositivo intrinseco alla nozione di
possesso.
4.- Il Valle ricorre per cassazione sulla base di tre
motivi, illustrati da memoria, cui si oppone il Comune di
Varazze; il Manni ha depositato un controricorso nel quale
si è rimesso a giustizia; la Banca Carige non ha svolto
attività difensiva.
Motivi della decisione
1.-

Il primo motivo denuncia violazione e falsa

applicazione degli artt. 102 c.p.c. e 12 della legge
30.7.1951 n. 948, imputando ai giudici di merito di avere
erroneamente qualificato la posizione processuale del
Comune di Varazze come di interveniente

iussu iudicis ex

art. 107 c.p.c., anziché di litisconsorte necessario. Il
quesito di diritto è volto ad accertare che “l’art. 12 cit.

4

prevede

un’ipotesi

di

litisconsorzio

necessario

e

conseguentemente [a dichiarare] nella presente fattispecie
applicabile (così come riconosciuto dal Giudice di primo
grado) l’art. 102 c.p.c. e non, come invece ritenuto dal
Giudice d’appello, l’art. 107 c.p.c.”.

1.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di interesse
del proponente, essendosi il predetto Comune costituito in
entrambi i gradi del giudizio di merito, e non rileva
evidentemente che la sua partecipazione sia avvenuta a
seguito di un ordine d’intervento in causa disposto dal
giudice ai sensi dell’art. 107 c.p.c., oppure ai sensi
dell’art. 102 c.p.c., nella qualità di litisconsorte
necessario. Infatti, l’ordine d’intervento in causa del
terzo

ex

art. 107 c.p.c. dà sempre luogo ad un

litisconsorzio necessario di carattere processuale. Pure
ammettendo che esso non sia di per sé sufficiente a far
ritenere anche il carattere sostanziale del litisconsorzio
necessario medesimo (v. Cass. n. 3894/1989), che può
derivare soltanto dall’esistenza di un rapporto giuridico
plurilaterale unico ed indivisibile per sua stessa natura,
tuttavia, perché la parte sia legittimata a dolersi
dell’errore nella scelta dello strumento processuale
utilizzato per realizzare la partecipazione al giudizio del
terzo litisconsorte necessario, è necessario che ricorra un

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interesse concreto e diretto che, nella situazione in
esame, non è stato neppure prospettato.
2.- Il secondo e il quarto motivo sono inammissibili,
perché privi dei necessari momenti di sintesi, ex art. 366
bis c.p.c. (applicabile ratione temporis), adeguati ai vizi

motivazionali dedotti (la sintesi deve concretizzarsi in
una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la
dedotta insufficienza renda inidonea la motivazione a
giustificare la decisione, v. Cass. n. 12248/2013, s.u. n.
3698/2012, n. 4556/2009).
3.- Nel terzo motivo il Valle denuncia la violazione e
falsa applicazione degli artt. 2003 e 1994 c.c., per avere
la Corte territoriale rigettato l’opposizione al decreto di
ammortamento, nonostante che egli avesse il legittimo
possesso del certificato, acquisito in buona fede, che gli
era stato consegnato dalla titolare, Geronima Valle,
tramite sua moglie, ipotizzando erroneamente che la
consegna fosse avvenuta a titolo di mera custodia, sulla
base di un ingiustificato rilievo dato alle dichiarazioni
generiche e interessate di una testimone (Elena Giordano).
Il motivo si conclude con un quesito di diritto che chiede
di stabilire che “la mera consegna di un titolo di credito
al portatore o di un documento rappresentativo del credito

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costituisce atto idoneo a trasferire la titolarità del
credito incorporato nel titolo ai sensi di quanto disposto
dagli artt. 1994 2003 c.c.”. Il motivo è infondato.
3.1.- Si deve premettere che:
– il trasferimento del libretto al portatore si realizza

con la “consegna” (art. 2003 c.c.), la quale, da un lato,
investe raccipiens della titolarità e della legittimazione
all’esercizio del diritto in esso incorporato,
indipendentemente dalla prova di una

iusta

causa

traditionis, e, dall’altro, si configura (nel rapporto con
il debitore),

rispetto alla causa dell’attribuzione

(cosiddetto rapporto sottostante o lusta
traditionis),

causa

come negozio astratto, ossia svincolato,

quanto alla sua validità ed efficacia immediata, dalla
effettiva esistenza di una causa siffatta (ad esso
esterna). Si spiega perché non incomba sul possessore la
prova del processo acquisitivo del titolo, spettando alla
controparte, cioè al

tradens

o ai suoi eredi, che

pretendano la restituzione del titolo e il riconoscimento
dell’esistenza di un titolo alla restituzione, di dedurre
(2pe

exceptionis

o in

via di

azione)

la mancanza

(originaria o sopravvenuta) della causa del trasferimento e
dimostrare l’esistenza di una valida ragione giustificativa
della propria pretesa, come, ad esempio, l’acquisto in mala
fede da parte del portatore attuale, e ciò al fine di

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neutralizzare o rimuovere gli effetti del negozio
attributivo (v. Cass. n. 19329/2013, n. 22328/2007, n.
18435/2003).

E’

necessario,

infatti,

precisare

che

l’astrattezza del trasferimento attiene allo strumento di
circolazione del titolo, ma non contrasta con la natura

causale che è ad esso generalmente attribuita, sicché
l’attribuzione al consegnatario del titolo dei poteri
relativi alla proprietà può trovare ragioni di limitazione
nel rapporto sottostante intercorso fra le parti – potendo
il libretto essere trasmesso all’accipiens per l’incasso o
per procura o dato in pegno o, come nel caso in esame, a
scopo di custodia – ed è per questo che, nei rapporti tra
tradens ed accipiens, nonché dei relativi eredi, è ammessa
l’opponibilità delle eccezioni fondate sul rapporto causale
sottostante

(v.

Cass. n.

7075/1990, n.

5618/1986, n.

527/1973, n. 5949/1982, n. 3824 e 2074/1968). In altri
termini, la traditi° del titolo al portatore legittima il
possessore del titolo stesso all’esercizio del diritto in
esso menzionato, ma nei rapporti interni tra il
i

suoi

eredi)

e

l’accipiens,

tradens (e

l’appartenenza della

titolarità del diritto è condizionata all’esistenza e
validità del rapporto sottostante tra essi intercorso.
– Il diritto del portatore che abbia il possesso del
documento viene meno se il libretto perda l’efficacia di
titolo di credito, nel caso previsto dall’art. 9 della

8

legge n. 948/1951, che ricorre quando, al termine della
procedura di ammortamento promossa a seguito di
smarrimento, distruzione o sottrazione, sia pronunciata
l’inefficacia giuridica del libretto con decreto contro il
quale è possibile introdurre un giudizio d’opposizione che
tende a far risolvere la questione se il documento (e

ìì.

quindi la legittimazione) spetti all’ammortante o
all’opponente detentore: quest’ultimo, come s’è detto, è
tenuto a provare soltanto di avere acquistato la titolarità
del credito da esso portato anteriormente all’ammortamento,
onere che – nel caso di libretto al portatore – può essere
assolto dimostrando di aver posseduto quest’ultimo prima
dell’ammortamento, spettando quindi all’ammortante dare la
prova contraria (attesa la presunzione di buona fede

ex

art. 1147 c.c.) che l’acquisto del possesso sia avvenuto in
mala fede, ovvero (stante la presunzione di possesso
intermedio ex art. 1142 c.c.) che il credito sia stato
successivamente trasferito dal detentore (v. Cass. n.
15126/2014, n. 15496/2005).
3.2.- Nell’ambito dei sopra ricordati principi si colloca
la sentenza impugnata la quale, dopo avere premesso che
incombeva al Comune di Varazze l’onere di provare
l’esistenza di un titolo alla restituzione del libretto,
ancorché consegnato (e, quindi, trasferito) al Valle, ha
ritenuto che detta prova fosse stata fornita nel giudizio.

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Infatti, il libretto era stato consegnato dalla titolare
alla moglie del Valle a titolo di custodia, stante
l’esigenza di porre i risparmi al riparo da rischi di
smarrimento e, di conseguenza, l’ammortante aveva, in

consegnatario del titolo. La censura in esame è volta a una
rivalutazione della prova testimoniale svolta nel giudizio
di merito che, evidentemente, non è consentita in sede di
legittimità e, in particolare, non lo è con il mezzo
proposto ex art. 360 n. 3 c.p.c.
4.- In conclusione, il ricorso è rigettato. Sussistono
giusti motivi per compensare le spese del grado, in
considerazione della novità della fattispecie concreta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del grado.
Roma, 1 aprile 2015.

sostanza, dato prova dell’assenza della buona fede del

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