Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10021 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 27/04/2010), n.10021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI

91, presso lo studio dell’avvocato BRINDISI ROCCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SANTOCHIRICO VINCENZO, giusta mandato a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1014/2005 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 27/12/2005 r.g.n. 84/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega PESSI ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Potenza respingeva l’impugnazione, proposta dalla società Poste Italiane, avverso la sentenza del Tribunale di Matera con la quale, in parziale accoglimento della domanda avanzata dal dipendente C.L., la società era stata condannata al pagamento del risarcimento del danno, liquidato equitativamente, conseguente alla accertata, con sentenza passata in giudicato, illegittimità del trasferimento del C. alla sede di Potenza.

I giudici di appello, premesso che il danno de quo ben poteva essere liquidato equitativamente e che il giudice di primo grado non aveva affatto definito come illecito contrattuale il fatto generatore del danno risarcibile, precisavano, innanzitutto, che il parametro, utilizzato dal Tribunale, per la voce del danno relativa alle spese di viaggio non risultava investito dai motivi di appello.

Detti giudici, poi, ritenevano che nella liquidazione, con criterio equitativo, del danno subito dal lavoratore, per effetto dell’illegittimo trasferimento di sede, il giudice correttamente poteva far riferimento “all’importo, quale fissato dalla contrattazione collettiva, dell’indennità di missione o di trasferta come idoneo parametro per un’equa valutazione del danno da risarcire”.

Avverso tale sentenza la società Poste Italiane ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso il lavoratore.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unica censura la società deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Allega la ricorrente che la Corte di Appello, pur dando atto della contestazione dell’applicabilità, come parametro della quantificazione del danno, di un istituto contrattuale e con natura retributiva, quale l’indennità trasferta, assume che non era stato investito dal gravame la voce del danno relativa alla spese di viaggio.

Denuncia, inoltre, la società ricorrente che i giudici di appello non hanno motivato in punto di qualificazione del fatto generatore del danno risarcibile come illecito extracontrattuale. Di qui, secondo la società, l’inutilizzabilità di un criterio retributivo- contrattuale, quale l’indennità di missione, che non ha natura risarcitoria.

Il motivo non è fondato.

Mette conto al riguardo osservare, in primo luogo, che la censura non coglie nel segno laddove critica la ritenuta mancata contestazione della voce del danno relativa alle spese di viaggio. Infatti, non è desumibile dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, contrariamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente, che tale voce fosse stata investita da uno specifico motivo d’impugnazione, o comunque, da argomentazioni tali a contrastare, sia pure in tesi, quanto sostenuto dal giudice di primo grado.

Nè è condivisibile l’assunto della società secondo il quale i giudici di appello non avrebbero motivato in punto di natura extracontrattuale del danno de quo.

Di contro vi è da rilevare che la Corte territoriale afferma che “in alcun modo il primo giudice ha definito come illecito extracontrattuale il fatto generatore del danno risarcibile”.

Peraltro, la ricorrente nulla specifica in ordine alle eventuali argomentazioni che, essa società, avrebbe svolto, in sede di atto di appello, per sostenere una diversa interpretazione della sentenza di primo grado, rispetto alle quali, la Corte territoriale non avrebbe diffusamente motivato; e tanto pur a voler considerare ammessa, in via d’ipotesi, la rilevanza di una siffatta mancanza.

Nè sussiste il denunciato vizio di motivazione in relazione all’applicazione di istituti contrattuali aventi natura corrispettiva e non risarcitoria. Tali istituti vengono utilizzati, solo ed esclusivamente, quali parametri di riferimento per liquidare, equitativamente, il danno conseguente l’illegittimità del trasferimento e non vengono, quindi, applicati direttamente.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 20,00 oltre Euro 2.000,00 per onorario ed oltre spese, IVA e CPA che attribuisce all’avv.to Vincenzo Santochirico anticipatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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