Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10019 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/04/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 15/04/2021), n.10019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1960/2020 proposto da:

L.T., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO CARLINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA, SEZIONE

DI FORLI’ – CESENA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1975/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/06/2019 R.G.N. 2329/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 1973/2019, ha rigettato la domanda di protezione internazionale e umanitaria avanzata da L.T., cittadino del (OMISSIS).

2. La Corte di appello ha osservato, in sintesi, che:

a) il richiedente ha narrato di essere fuggito dal (OMISSIS), sua regione di provenienza, perchè appartenente ad una minoranza religiosa (gruppo religioso denominato (OMISSIS) – e – (OMISSIS)”) e pertanto perseguitato dal gruppo religioso di maggioranza denominato (“(OMISSIS) – e – (OMISSIS)”);

b) sia la Corte territoriale che il Tribunale hanno ritenuto il racconto impreciso e non circostanziato, privo della esplicitazione del ruolo che il ricorrente avrebbe avuto all’interno del gruppo e contraddittorio nelle diverse versioni rese dinanzi alla Commissione territoriale e dinanzi al Tribunale; ne consegue che, a fronte della ritenuta non credibilità, non è riconoscibile lo status di rifugiato, dovendosi escludere ogni ragionevole rischio di atti persecutori; neppure è fondata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), appunto in ragione della non attendibilità del richiedente, dovendosi escludere nel suo racconto credibili e fondati timori di correre un pericolo per la sua vita o per l’incolumità fisica;

c) è infondata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto, secondo attendibili fonti di informazione (EASO sulla situazione in Pakistan 2017, 2018 e aprile 2019), deve escludersi che il (OMISSIS) sia interessato da un conflitto armato e generalizzato che metta a rischio indiscriminatamente la sicurezza dei cittadini;

d) non è riconoscibile la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, poichè “anche in considerazione della inattendibilità delle dichiarazioni, in capo al richiedente non sono emersi ulteriori profili di rischio nè di vulnerabilità che giustifichino il rilascio del permesso di soggiorno per serie ragioni di carattere umanitario”;

e) in sede di impugnazione la richiesta di protezione umanitaria viene fondata anche sulla integrazione sociale e lavorativa del richiedente “attestata dai documenti prodotti in primo grado”; tuttavia, l’allegata integrazione sociale e lavorativa non è sufficiente per il riconoscimento della protezione umanitaria “in mancanza di elementi – stante soprattutto la ritenuta non credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo – sui quali fondare la comparazione….”, in relazione a Cass. n. 4455 del 2018.

f) La sentenza è stata impugnato da L.T. con ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

3. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (T.U.I.) per avere la Corte di appello negato il riconoscimento della protezione umanitaria incentrando il suo diniego sulla inattendibilità del racconto del richiedente circa le ragioni della fuga dal Pakistan, omettendo di esaminare gli ulteriori profili “esterni” alla vicenda narrata, che prescindono dalla credibilità. In particolare, non è stato in alcun modo esaminato quanto addotto dal ricorrente in merito alla raggiunta integrazione lavorativa e sociale in Italia, così incorrendo il giudice di merito nella omissione della debita valutazione comparativa richiesta dalle Sezioni Unite (sentenza n. 29459 del 2019).

2. Il motivo è meritevole di accoglimento.

3. Con orientamento qui condiviso e che si intende ribadire, il difetto d’intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni e allegazioni relative al rifugio politico e alla protezione sussidiaria, non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poichè essa è assoggettata ad oneri deduttivi e allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità, dovendo il giudice attivare anche su tale domanda, ove non genericamente proposta, il proprio dovere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 7985 del 2020; nel caso esaminato, questa Corte ha cassato con rinvio la pronuncia del giudice di merito che aveva ritenuto assorbente il difetto di credibilità della narrazione del richiedente in ordine alle protezioni maggiori, omettendo tuttavia di verificare, in un caso in cui era stato allegato un certo grado di integrazione sociale e lavorativa, se la situazione generale del Paese di provenienza, non pregiudicasse il nucleo essenziale dei diritti umani inviolabili; v. pure Cass. n. 16122 del 2020, conf. Cass. n. 19725 del 2020). Il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, in particolare, dev’essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti e dovendo il relativo accertamento fondarsi su uno scrutinio circa l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990 del 2018).

4. La protezione umanitaria, nella disciplina ratione temporis applicabile alla fattispecie, è una misura atipica e residuale nel senso che essa copre situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (“status” di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. n. 23604 del 2017, conf. Cass. 14005 del 2018).

5. Le Sezioni Unite, invero, con la sentenza poc’anzi citata, hanno definitivamente chiarito, quanto ai presupposti necessari per ottenere la protezione umanitaria (in consonanza con la citata pronuncia n. 4455 del 2018 di questa Corte, ed in difformità da quanto ritenuto nella ordinanza di rimessione n. 11749 del 2019):

1. che non si può trascurare la necessità di collegare la norma che la prevede ai diritti fondamentali che l’alimentano;

2. che gli interessi protetti non possono restare “ingabbiati” in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento, mobile ed elastico, ai valori costituzionali e sovranazionali, sicchè l’apertura e la residualità della tutela non consentono tipizzazioni (ex multis, Cass. 15 maggio 2019, nn. 13079 e 13096);

3. che l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 della Cedu, promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione;

4. che era necessario dar seguito a quell’orientamento di legittimità (inaugurato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, e riaffermato, tra le altre, da Cass. n. 11110 e n. 12082 del 2019) nonchè della prevalente giurisprudenza di merito, che assegnava rilievo centrale alla valutazione comparativa, ex art. 8 CEDU, tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio potesse determinare, come già detto, la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale.

6. In linea con tale insegnamento si pone anche questo Collegio, come peraltro già avvenuto con altre innumerevoli pronunce di questa Corte: v, tra le altre, Cass. nn. 2563, 2964, 3776, 3780, 5584, 7599 7675, 7809, 8232, 8819, 8020 del 2020.

7. Deve dunque ritenersi che il rigetto della domanda di protezione sussidiaria non possa precludere la valutazione, da parte del giudice di merito, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, ancorate ad una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza ed alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio. Trattasi di valutazione rimessa al giudice di merito, cui compete tale raffronto con i dati disponibili al momento in cui è chiamato a decidere e dunque all’attualità.

8. In conclusione, in accoglimento dell’unico motivo di ricorso, la sentenza va cassata nel capo relativo al rigetto della domanda di protezione umanitaria, con rinvio alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione per il riesame dell’appello alla luce dei principi di diritto sopra esposti.

9. Si demanda al Giudice di rinvio anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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