Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10018 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/05/2020), n.10018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3420-2019 proposto da:

M.G., O.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA DI SPAGNA 35, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

PAOLETTI, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA DI FOGGIA;

– ricorrenti –

contro

C.S., AXA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5159/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2003, M.G. e O.A. convenivano in giudizio C.S. e Axa Carlink s.p.a. al fine di ottenere la condanna, in solido tra loro, al risarcimento del danno da sinistro stradale, avvenuto in data (OMISSIS), in (OMISSIS).

Parte attrice deduceva che mentre il M. era alla guida del motociclo, di proprietà della O., percorrendo (OMISSIS), giunto all’intersezione con un’area privata posta alla sinistra, sopraggiungeva a forte velocità, e senza dare il diritto di precedenza, il motociclo di proprietà del C. che, nell’immettersi nella via, impattava contro il motociclo del M..

Si costituiva Axa Carlink s.p.a. eccependo la carenza di copertura assicurativa del veicolo danneggiante e, nel merito, contestava la domanda.

Con sentenza n. 220/2013, il Tribunale di Napoli – Sez. distaccata di Marano, rigettava la domanda degli attori, ritenendo carente di legittimazione passiva la Axa assicurazione per assenza della polizza assicurativa, e, nel merito, non accoglieva la domanda nei confronti del solo proprietario C., ritenendo non raggiunta la prova della dinamica dell’incidente così come prospettata dagli attori.

2. Avverso detta pronuncia, O.A. e M.G. proponevano appello.

Con sentenza n. 5159/2017 del 18/12/2017, la Corte d’appello di Napoli condividendo il ragionamento del giudice di prime cure, evidenziava come dall’istruttoria non fossero emersi elementi idonei a ritenere superata la presunzione di colpa imposta dall’art. 2054 c.c., comma 2, ma, successivamente affermava e, altresì, in via dirimente che non risultava neppure raggiunta la prova della verificazione dell’incidente stesso, atteso che la prospettazione offerta dagli appellanti si presentava incerta e dubbia, lasciando, pertanto, inadempiuto l’onere probatorio in capo agli appellanti. Condannava pertanto gli appellanti, in solido tra di loro, alle spese del giudizio.

3. O.A. e M.G. propongono ricorso in cassazione, sulla base di tre motivi. C.S. e l’AXA Ass.ni regolarmente intimati non svolgono attività difensiva.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1 Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5”.

La Corte d’appello, riproponendo interamente la decisione del Tribunale, non avrebbe esaminato le doglianze della parte appellante limitandosi ad offrire una motivazione per relationem rendendo impossibile l’individuazione del thema decidendun.

5.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia la “violazione dell’art. 145 C.d.S., degli art. 2043 e 2054 c.c., dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La Corte territoriale, aderendo a quanto affermato dal giudice di prime cure, avrebbe ancorato il rigetto della domanda ad una valutazione e interpretazione degli atti in modo difforme rispetto a quanto sarebbe emerso dal quadro probatorio.

5.3. Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “violazione e non corretta applicazione dell’abolita L. n. 990 del 1969, art. 7, (ora del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 127), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La Corte non avrebbe correttamente valutato la c.t.u., la quale non avrebbe mai affermato l’assenza di copertura assicurativa del veicolo danneggiante ma soltanto l’assenza della polizza negli archivi, senza mai affermare che la stessa non fosse autentica o contraffatta.

6. Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo lo è sulla base del principio espresso dalle Sezioni Unite n. 7074 del 2017 secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali”.

Da ciò consegue che sia il secondo che il terzo restano assorbiti, atteso che il secondo motivo è espressamente detto come “sotteso all’accoglimento del primo motivo” e dunque prospettato in dipendenza di detto accoglimento, e il terzo è detto “connesso all’accoglimento del 1 motivo” (il che significa che, una volta esclusa la prova del fatto con la motivazione criticata nel primo motivo, ogni questione sulla copertura assicurativa resta preclusa, tant’è che la corte territoriale, pur essendovi un motivo di appello sul punto, non se ne è occupata).

In ogni caso tutti e tre i motivi sarebbero anche inammissibili in quanto manifestamente volti al conseguimento di una nuova valutazione dei fatti di causa, al di là della veste formale conferita alle censure.

Infatti, il ricorrente rappresenta argomentazioni volte non già a confutare la correttezza logico-giuridica dell’iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale, quanto piuttosto a minarne la validità contenutistica, oltrepassando, in questo modo, i confini che sono propri del sindacato di legittimità. Con le doglianze in esso articolate, la parte ricorrente, in sostanza, sottopone alla Corte di legittimità inammissibili istanze di revisione di valutazioni di fatto, prevalentemente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice del merito e non sindacabili in sede di legittimità.

Ad ogni modo, la sentenza impugnata risulta immune da errori, sia sul piano logico che su quello propriamente giuridico, essendo la motivazione sviluppata dal giudicante, seppur in parte per relationem, aderente alle premesse fattuali poste al suo vaglio, tenuto conto della evidente infondatezza dell’appello.

Ciò in applicazione del principio di economia processuale il quale si pone come estrinsecazione del più generale criterio della c.d. ragione più liquida desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost..

Pertanto, la prospettazione incerta e dubbia degli appellanti circa la dinamica dell’incidente, i dubbi sulla credibilità del teste escusso e, in generale, la mancanza di un quadro probatorio certo che provasse il verificarsi dell’incidente stesso, hanno ragionevolmente indotto il Giudice di seconde cure a confermare la sentenza del tribunale, e, dunque, a dichiarare l’infondatezza della pretesa risarcitoria in quanto non provata.

Pertanto, ogni diversa considerazione integra una valutazione di merito, inammissibile in questa sede.

7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Non occorre disporre sulle spese in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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