Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10017 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 27/04/2010), n.10017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGEA – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G., R.P., P.I., L.

M., G.M.P., P.M.L., G.

R.S., F.D., F.L., quali eredi di

F.I., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO

146, presso lo studio dell’avvocato LUCCHESI FABIO G., che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FALCUCCI VINCENZO,

giusta mandato a margine dei rispettivi controricorsi;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 339/06 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/04/2006 r.g.n. 7676/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato FALCUCCI VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma, quale giudice del lavoro, F. G. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe – premesso di essere tutti dirigenti di 2^ fascia già inquadrati presso l’AIMA – esponevano che il D.Lgs. n. 165 del 1999 aveva previsto la soppressione dell’AIMA e la istituzione dell’AGEA Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, contestualmente contemplando una fase di gestione liquidatoria affidata all’AIMA medesima; che il successivo D.Lgs. n. 188 del 2000, aveva modificato tale assetto prevedendo il passaggio diretto, senza soluzione di continuità, dall’AIMA in liquidazione all’AGEA attraverso il subentro di quest’ultima alla prima; si dolevano quindi che, subentrata l’AGEA all’AIMA, erano stati esclusi dall’inquadramento nel ruolo dei dirigenti in AGEA e rimessi nella disponibilità del Ruolo unico delle Amministrazioni dello Stato; che l’AGEA sulla base dei criteri indicati nella Delib.

10 ottobre 2000, n. 39, faceva transitare nei propri ruoli solo sette dirigenti di seconda fascia provenienti dall’AIMA e provvedeva a ricoprire, attraverso il conferimento di incarichi dirigenziali ad esterni, i residui dieci posti disponibili di dirigente di 2^ fascia.

I ricorrenti impugnavano quindi sotto diversi profili le delibere con le quali era stata disposta la loro estromissione dai ruoti AGEA, deducendo la illegittimità della condotta tenuta dall’Agenzia convenuta. Chiedevano dichiararsi il loro diritto all’inquadramento nei ruoli della medesima come dirigenti di 2^ fascia a decorrere dal 16.10.2000 e la condanna della convenuta al pagamento delle relative differenze.

Si costituiva l’AGEA, preliminarmente eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario mentre nel merito contestava la pretesa avanzata dagli attori, della quale chiedeva il rigetto.

Il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando il diritto dei ricorrenti all’inquadramento nei ruoli dell’AGEA con funzioni dirigenziali di 2^ fascia a far data dal 16.10.2000 e condannava la convenuta a corrispondere le differenze retributive dalla medesima data e sino alla attribuzione delle funzioni o del pensionamento o decesso.

Avverso tale decisione proponeva appello l’AGEA che reiterava l’eccezione di difetto di giurisdizione.

Si costituivano gli appellati preliminarmente eccependo l’inammissibilità dell’appello per non avere l’atto di impugnazione articolato alcuna specifica doglianza avverso la sentenza impugnata.

Nel merito, ribadite le argomentazioni e deduzioni di primo grado, chiedevano il rigetto del gravame. Con sentenza del 13 gennaio – 7 aprile 2006 l’adita Corte di Appello di Roma, ritenuta la giurisdizione dell’a.g.o., nel merito rigettava il gravame.

Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’AGEA con sette motivi.

Resistono con controricorsi gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente osservato che i primi quattro motivi di ricorso, riguardanti il dedotto difetto di giurisdizione dell’a.g.o., hanno formato oggetto di esame da parte delle S.U. che, con sentenza n. 8526 del 2007, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo la causa alla Sezione Lavoro di questa Corte per l’esame degli ulteriori motivi.

Tanto chiarito, va subito osservato che di detti ulteriori motivi, il primo attiene, almeno formalmente, ad un preteso difetto di motivazione della sentenza impugnata, mentre gli altri, in quanto diretti tutti a contestare il procedimento ermeneutico relativo alla normativa di riferimento, vanno esaminati congiuntamente.

In particolare, con il quinto motivo la ricorrente, denunciando difetto di motivazione, sostiene che, in mancanza di impugnazione dell’atto organizzativo di carattere generale dell’AGEA. non sarebbe ammissibile l’impugnativa dell’atto di inquadramento dei ricorrenti in primo grado presso il ruolo unico, meramente consequenziale all’atto di riorganizzazione non tempestivamente impugnato davanti al competente giudice amministrativo.

Il motivo, che in realtà attiene ad una pretesa violazione di legge piuttosto che ad un difetto di motivazione, non può essere condiviso, giacchè la questione è stata correttamente risolta dal Giudice a quo, nel senso contrario a quello auspicato dalla società, tanto da ricevere conferma dalle S.U. di questa Corte con la sopra richiamata sentenza n. 8526/2007.

Con il sesto motivo, la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, nonchè, per quanto possa occorrere, della L. n. 145 del 2002, art. 3 e dei principi in materia di conferimento e revoca di incarichi dirigenziali (art. 360 c.p.c., n. 3), sostiene che quando viene soppresso l’ente datore di lavoro il dirigente non ha alcun diritto soggettivo all’assegnazione di un incarico di funzione dirigenziale, essendo in facoltà dell’amministrazione di confermare il dirigente nel precedente incarico o di attribuirgli un diverso incarico o di porlo a disposizione del Ruolo unico costituito presso la presidenza del Consiglio dei Ministri.

Con il successivo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 188 del 2000, artt. 7 e 10, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 165 del 1999, art. 2, comma 4 bis e, per quanto possa occorrere, del D.Lgs. n. 165 del 1999, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, reitera, sotto diverso profilo, che in applicazione delle predette norme i dirigenti già in servizio presso la soppressa Aima non hanno un diritto soggettivo ad essere inquadrati nell’AGEA nella stessa posizione dirigenziale.

Entrambi i motivi non meritano accoglimento, non risultando idonei ad inficiare l’iter argomentativo che ha condotto la Corte di Appello ad assumere contestata decisione.

Giova puntualizzare, al fine di ricostruire il quadro normativo di riferimento, che il D.Lgs. n. 165 del 1999, poi modificato dal D.Lgs. n. 188 del 2000, prevedeva – come correttamente ricordato nella impugnata decisione – una gestione liquidatoria dell’AIMA affidata ad un Commissario, destinata ad operare fino al 31 dicembre 2000; per i rapporti giuridici e le obbligazioni attive e passive ancora in essere dopo tale data era previsto il trasferimento al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (art. 12, comma 7, D.Lgs cit.). Con riferimento al personale della soppressa AIMA e senza distinguere tra personale dirigenziale e non, l’art. 6 ne stabiliva il trasferimento alla costituenda Agenzia, nei limiti della dotazione organica fissata dal regolamento del personale, che avrebbe dovuto essere deliberato dal Consiglio di amministrazione dell’AGEA e approvato con decreto del Ministro per le politiche agricole, di concerto per il Ministro della funzione pubblica.

Il successivo D.Lgs. n. 188 del 2000, in modifica alla precedente disciplina stabilì, a decorrere dal 16 ottobre 2000, che l’ACEA subentrava all’AIMA in liquidazione in tutti i rapporti attivi e passivi, nonchè nella qualifica di organismo pagatore. Dalla medesima data venne stabilito, “per consentire la continuità nel funzionamento dell’organismo pagatore”, l’inquadramento in AGEA del personale appartenente all’AIMA secondo la tabella di corrispondenza allegata al regolamento del personale.

Con specifico riferimento ai dirigenti, l’art. 7, comma 2, ne previde l’inquadramento nel ruolo dei dirigenti ACEA, alla data di entrata in vigore del regolamento del personale “nei limiti delle esigenze organizzativo-funzionali” stabilite nel regolamento sopra menzionato.

L’art. 7, comma 5, conferì all’Agenzia la possibilità “in sede di prima applicazione del presente decreto e comunque entro i primi tre anni dal termine di cui all’art. 2, comma 4 bis” di attribuire incarichi dirigenziali con contratto a tempo determinato rinnovabili per una sola volta, a persone di particolare e documentata qualificazione professionale in numero non superiore a dieci unità.

Alla luce del delineato quadro normativo di riferimento, la questione in diritto che si pone alla Corte concerne il trasferimento o meno in AGEA dei dirigenti di provenienza AIMA, pur in difetto dell’approvazione del Regolamento del personale che aveva anche il compito di ridefinire la pianta organica del personale.

La soluzione prospettala dal Giudice di appello, conformemente a quella del primo giudice, muove dal rilievo della obiettiva esigenza, normativamente riconosciuta (cfr. D.Lgs. n. 188 del 2000, art. 7, comma 1), di assicurare una continuità di funzionamento dell’ACEA rispetto ai compiti dapprima facenti capo all’AIMA. In tale ottica si è richiamata la previsione di subentro dell’Agenzia in tutti i rapporti attivi e passivi dell’AIMA e la previsione del passaggio in blocco del personale non dirigente, fatte salve le eventuali domande degli interessati di trasferimento presso altre amministrazioni, con l’ulteriore precisazione che le obiettive esigenze di garantire una continuità dell’azione dell’AGEA con quelle dell’ente al quale era subentrato nonchè il funzionamento della nuova struttura inducevano ad optare per un trasferimento nei ruoli AGEA anche di tutto il personale dirigente ex AIMA. Osserva il Collegio che tale soluzione della questione appare condivisibile se si considera che l’unico limite previsto ad un siffatto trasferimento è costituito dal contrasto con l’esigenze organizzativo funzionali quali individuate dal Regolamento del personale. Ne deriva che, in difetto di una ridefinizione della pianta organica ad opera del detto regolamento, il criterio operante, normativamente privilegiato, è quello del passaggio ad AGEA degli ex dirigenti, senza perciò la necessità di una toro preventiva messa a disposizione nel Ruolo unico della dirigenza; ciò, del resto -come osservato dal Giudice a quo – in conformità a quanto riconosciuto anche dal Dipartimento della Funzione pubblica. L’esigenza di continuità dell’azione amministrativa con riferimento al personale dirigente -come ancora affermato nella impugnata sentenza – è inoltre riconosciuta nella medesima Delib. 10 ottobre 2000, n. 39 del Consiglio di Amministrazione AGEA, la quale tuttavia non appare conforme alle indicazioni legislative laddove ritiene di procedere secondo criteri autonomi alla individuazione dei dirigenti ex AMA da far transitare in AGEA. Il legislatore ha dettato un criterio di carattere generale stabilendo il passaggio ad AGEA dei dirigenti ex AIMA con l’unico limite delle esigenze organizzativo – funzionali le quali però, si ripete, dovevano essere individuate nello specifico atto a ciò deputato e cioè il Regolamento del personale, non desunte aliunde sulla scorta delle valutazioni – peraltro alquanto generiche – dal Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia, espresse nella richiamata delibera, la quale, pertanto, rettamente è stata disapplicata dal Giudice di appello.

Le opposte argomentazioni esposte nel ricorso in esame non appaiono persuasive in quanto – come ulteriormente puntualizzato nella contestata pronuncia – la obiettiva esigenza di consentire la operatività della nuova struttura non imponeva un ricambio, sia pure parziale, del personale dirigente (e tanto meno la sostituzione dei dirigenti estromessi con professionalità esterne, ai sensi del D.Lgs. n. 188 del 2000, art. 7, comma 5); tanto più che siffatto ricambio non è apparso, al Giudice di merito, giustificato alla luce delle esigenze di efficienza e snellimento della struttura emerse in sede di dibattito parlamentare sulla legge di soppressione dell’AIMA. Per quanto precede, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 47,00 oltre Euro 4.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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