Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10013 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/05/2020), n.10013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36757-2018 proposto da:

V.N., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

EMANUELE ALUIGI;

– ricorrente –

contro

MAGNETE SECURITISATION SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 3,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO BORGOGNO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALBERTO ANTONUCCI;

– controricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 621/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel luglio 2010, la Non Performing Loans S.p.A., (poi divenuta Magnete Securitisation s.r.l.), in qualità di cessionaria dei crediti spettanti a Ca.Ri.Fa. S.p.a., conveniva in giudizio i coniugi S.G. e V.N. chiedendo, ex art. 2901 c.c., la dichiarazione di inefficacia nei propri confronti del fondo patrimoniale dagli stessi costituito, in data 20 giugno 2005, a rogito del Notaio Dott. O.C., trascritto presso la Conservatoria dei Registri di Ancona il 1 luglio 2005.

Parte attrice sosteneva che il S., alcuni mesi dopo la costituzione del fondo, aveva rilasciato in favore della Kaleidon s.r.l. e della MGL s.r.l. n. 2 fideiussioni omnibus a garanzia delle obbligazioni dalle stesse società assunte nei confronti della banca.

Si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Ancona, Sezione distaccata di Fabriano, con sentenza n. 51/2013, disponeva l’inefficacia, nei confronti della Non Performing Loans S.p.A., dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e condannava i convenuti al pagamento delle spese di giudizio.

Avverso tale pronuncia, hanno proposto appello S.G. e V.N. con atti separati.

2. A seguito della riunione dei due giudizi, la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 621 del 18/05/2018, ha rigettato gli appelli e, per l’effetto, confermava la sentenza impugnata.

La Corte ha ritenuto che nel caso di specie ricorrevano tutte le condizioni di cui all’art. 2901 c.c. ed ha precisato che, “quanto alla “partecipatio fraudis”, è pacifico che per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore non è necessaria l’intenzione di nuocere ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso del pregiudizio. Inoltre, ha ritenuto che la componente oggettiva dell’azione pauliana consiste nel pregiudizio (“eventus damni”) arrecato nella specie alla banca creditrice mediante la sottrazione degli immobili alla garanzia patrimoniale generica che assiste il credito. E, per quanto riguarda, l’esistenza dell’eventus damni, non è necessaria la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito (cfr. ex multis, Cass. Sez. III, n. 4/7/2006, Cass. Sez. III 14/10/2005, n. 19963; Cass. n. 11471).

Il giudice del merito ha ritenuto irrilevante che il S. non fosse l’obbligato principale, in quanto la verifica dell’eventus damni doveva essere compiuta con riferimento esclusivo alla consistenza patrimoniale e alla solvibilità del fideiussore nei confronti del quale si agiva ai sensi dell’art. 2901 c.c. e ciò anche alla stregua della facoltà del creditore, nella solidarietà passiva, di chiedere l’integrale pagamento a ciascuno dei coobbligati.

3. V.N. ricorre in cassazione, sulla base di quattro motivi.

3.1. Magnete Securitisation s.r.l. resiste con controricorso. In data 8 aprile 2019 ha depositato comparsa di costituzione di nuovo difensore.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la ” violazione e falsa applicazione dell’art. 2091 c.c., comma 1, dell’art. 41 Cost., dell’art. 116 c.p.c. in relazione dell’art. 360 c.p.c. n. 3″.

La V. denuncia che, al tempo della costituzione del fondo patrimoniale, non era a conoscenza dell’esistenza o meno di eventuali ragioni di credito da parte della Banca Carifac s.p.a., anche perchè a quel tempo non esisteva nè il credito, nè alcuna garanzia fideiussoria in favore della Soc. Kaleidon s.r.l. ed MGL s.r.l.. Alla data della costituzione del fondo patrimoniale non esisteva nè il credito da parte della banca nè la garanzia.

Deduce, inoltre, che: a) non può essere sufficiente l’astratta possibilità di un credito futuro per rendere esperibile l’azione revocatoria ai fini del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore; b) deve sussistere un pericolo attuale e concreto che i beni del debitore diventino insufficienti a soddisfare le ragioni del soggetto che agisce in revocatoria. Nel caso di specie la Corte avrebbe errato perchè non ha effettuato una valutazione sui beni delle parti.

5.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2091 c.c., comma 1, con riferimento all’art. 170 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Nel caso di specie, il creditore non avrebbe provato la sussistenza di un pregiudizio. Difatti, sul punto la Corte non avrebbe fornito alcuna motivazione, essendosi limitata ad asserire in maniera apodittica che il compimento dell’atto dispositivo di per sè renderebbe incerto e difficile la soddisfazione del credito. Pertanto, la Corte non avrebbe espletato nessun accertamento sull’esiste dell’erentus damni.

5.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, e dell’art. 170 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per insussistenza dell’animus nocendi e partecipatio fraudis”.

La Corte d’appello di Ancona avrebbe erroneamente ritenuto provati i fatti costitutivi della revocatoria ex art. 2901 c.c. nonostante l’assenza di presunzioni gravi precise e concordanti come invece richiede la norma.

5.4. Con il quarto motivo, parte ricorrente lamenta la “violazione di legge ex art. 369 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c. ed apparente e contraddittoria motivazione”.

La Corte territoriale si sarebbe limitata a formulare affermazioni generiche basandosi su mere presunzioni prive degli elementi richiesti dall’art. 2729 c.c. Inoltre, il Giudicante non avrebbe fornito alcuna motivazione sull’asserita partecipatio fraudis.

6. I motivi congiuntamente esaminati data la stretta connessione sono inammissibili in quanto diretti ad ottenere una nuova e diversa valutazione dei dati processuali e a contestare sul piano meramente fattuale – al di là della veste formale conferita alla censura – il contenuto della motivazione della sentenza di appello che appare, di converso, immune da vizi logico-giuridici.

Nel caso di specie, tutte e quattro le censure si articolano intorno alla richiesta di una rivalutazione generica delle istanze istruttorie, limitandosi a prospettare una diversa interpretazione degli elementi fattuali oggetto di giudizio. Solo il Giudice di merito è istituzionalmente competente alla discrezionale valutazione degli elementi di prova, limitata esclusivamente sul piano della motivazione, che deve essere coerente sotto il profilo logico- giuridico seguito ai fini della decisione. Nel confermare la sentenza di prime cure, la Corte ha rilevato la presenza di tutte le condizioni di cui all’art. 2901 c.c., n. 1, interpretando correttamente la giurisprudenza di legittimità in materia.

Ed anche per quanto riguarda il primo motivo, l’art. 116 c.p.c. è evocato in modo inidoneo secondo Cass. Sez. Un. 16598 del 2016. In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 11892 del 2016, ripresa da Cass., Sez. Un. 16598 del 2016).

Quindi, i motivi si risolvono in una sollecitazione alla rivalutazione della quaestio facti. Ma sarebbero anche inammissibili in quanto carenti ai fini di quanto richiesto ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Ai sensi della predetta norma, è onere del ricorrente indicare in modo specifico gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda in modo da permettere alla Corte di valutare profili di illegittimità della sentenza di merito.

Inoltre per quanto riguarda la denunciata violazione delle norme sulle presunzioni, si rileva che essa non è dedotta nel rispetto di quanto indicato da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 in motivazione.

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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