Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10013 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 27/04/2010), n.10013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BERGAMO 3,

presso lo studio dell’avvocato ANDREONI AMOS, rappresentato e difeso

dall’avvocato DI STASI ANTONIO, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’INTERNO,

REGIONE MARCHE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 224/2 006 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 29/06/2006 R.G.N. 709/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La controversia prende origine dalla richiesta della signora M.M. di riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità dal maggio 1998 e la condanna dell’Inps a corrispondergliela.

La domanda veniva presentata in sede giudiziaria con ricorso del 6 novembre 2001 chiamando in giudizio l’Inps, il Ministero delle dell’Economia e delle Finanze, il ministero dell’Interno e la Regione Marche.

A sostegno della domanda la ricorrente esponeva:

che con provvedimento del Prefetto di Ancona del 20 aprile 1998 le era concessa la pensione di inabilità dal maggio 1994 al 30 giugno 1995 (data in cui aveva compiuto i 65 anni), e che successivamente era stata sottoposta a visita medica di revisione, e la Commissione Medica incaricata le aveva riconosciuta una percentuale di inabilità soltanto del 75%.

Si costituivano tutti i convenuti ed eccepivano ciascuno il proprio difetto di legittimazione passiva, e contestando comunque la sussistenza del requisito sanitario per la pensione di inabilità civile.

Costituitosi il contraddittorio, ed espletata consulenza tecnica medico legale, il giudice di primo grado accertava il diritto nei confronti del ministero delle Finanze e condannava l’Inps all’erogazione della pensione di inabilità civile dal giugno 2000.

Proponevano appello sia il signor S.P., erede della M., nel frattempo deceduta, sia l’Inps.

Riuniti i giudizi di impugnazione, con sentenza n. 224/2006 la Corte d’Appello di Ancona respingeva l’appello principale del S. ed accoglieva quello incidentale dell’Inps.

2. La sentenza rilevava che era pacifico che la M. aveva compiuto i 65 anni di età dal (OMISSIS); perciò nè alla data del maggio 1998, nè successivamente, le poteva essere riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità.

Il giudice di primo grado, invece, glielo aveva riconosciuto dal 2000.

D’altra parte, la domanda non poteva essere interpretata nel senso di ripristino della pensione sociale, perchè il testo del ricorso in primo grado non lo consentiva.

Nè era ammissibile la domanda di accertamento di un determinato grado di invalidità, perchè un’azione giudiziaria poteva essere proposta soltanto per l’accertamento di una determinata situazione giuridica, ma non per quella di semplici fatti.

Erano inammissibili, perchè svolte soltanto in grado di appello, le deduzioni sulla ammissibilità della revisione sanitaria in costanza di godimento dell’assegno sociale.

L’appello principale del S. rimaneva assorbito.

3. Avverso la sentenza i appello, depositata in cancelleria il 29 giugno 2006, e notificata (dal Ministero dell’Economia e delle Finanze al signor S.) il 4 settembre 2006, lo stesso S. ha proposto ricorso per cassazione notificato alle controparti tra il 27 ed il 31 ottobre 2006.

Ha resistito l’Inps con controricorso notificato il 30 novembre 2006.

Gli altri intimati Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Interno e Regione Marche) non hanno presentato difese in questa fase.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente chiede che la sentenza impugnata venga riformata per violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 19.

Lamenta che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto di una serie di importanti circostanze.

Sottolinea a questo proposito che la defunta M.M. godeva sin da 1994 della pensione di inabilità, e che nel caso di specie era stata disposta la revoca della pensione di inabilità quando era già trasformata in pensione sociale; la revoca aveva fatto riferimento, però, ai requisiti della pensione di inabilità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12.

La domanda proposta si riferiva, invece, al ripristino dell’assegno sociale (già pensione sociale) ai sensi della L. n. 118 del 1971, art. 19, che aveva sostituito la pensione di inabilità al momento in cui l’assistita aveva compiuto i 65 anni.

Trattandosi appunto di una revoca della pensione di inabilità, e non del rigetto di una domanda nuova proposta dopo il compimento dei 65 anni, era stato legittimo fare riferimento, nell’atto introduttivo del giudizio, alla prestazione di invalidità civile.

Il riconoscimento dell’assegno sociale sostitutivo, previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 19, non costituiva una prestazione diversa da quella originaria, bensì la continuazione della stessa, la cui erogazione faceva carico all’Inps.

2. Il ricorso per cassazione è inammissibile per tardività.

E’ stato presentato, infatti, contro una sentenza di appello depositata in cancelleria il 29 giugno 2006, quando cioè era già entrato in vigore, esattamente dal 2 marzo 2006, il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e con esso – come espressamente previsto all’art. 27 di quel testo – le modifiche da esso introdotte al giudizio di cassazione.

Ciò nonostante non è stato formulato l’apposito quesito di diritto, come allora richiesto (prima che la disposizione venisse abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69) dal nuovo art. 366 bis c.p.c..

Ne deriva appunto l’inammissibilità del ricorso.

3. Dato che il giudizio è stato proposto nel novembre del 2001, prima che il testo dell’art. 152 disp. att. c.p.c., venisse modificato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, convertito con L. 24 novembre 2003, n. 326), la norma si applica nella sua precedente formulazione, e, di conseguenza, la parte non può essere assoggettata all’onere delle spese (e per essa non può esserlo il suo erede, ora ricorrente).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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