Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10012 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/05/2020), n.10012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36272-2018 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 295,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO PENTELLA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO FINESSI;

– ricorrente –

contro

G.U., GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2501/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 09/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2007, M.F. conveniva in giudizio G.U. e Groupama Assicurazioni s.p.a. al fine di ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, subiti a seguito del sinistro avvenuto in data 19 maggio 2006, in (OMISSIS) (Ferrara).

A sostegno della propria domanda, l’attore deduceva l’esclusiva responsabilità del convenuto conducente dell’auto che, giunta all’incrocio, dapprima si arrestava e dopo ripartiva in svolta a sinistra, omettendo di concedere la precedenza alla moto del M. che percorreva la strada principale.

Si costituivano i convenuti contestando la responsabilità esclusiva dell’attore a causa dell’elevata velocità tenuta dallo stesso.

Il Tribunale di Ferrara, con sentenza n. 919/2011, in accoglimento della domanda attorea, condannava G.U. e Groupama Assicurazioni s.p.a., in solido tra di loro, al risarcimento dei danni, dichiarando che il sinistro stradale si era verificato per esclusiva responsabilità del convenuto.

Avverso tale pronuncia, proponeva appello G.U. e Groupama Ass.ni s.p.a.

2. Con sentenza n. 2501/2018 del 09 ottobre 2018, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava che il sinistro si era verificato per pari colpa concorrente di G. e M.. Precisava che, stante le risultanze probatorie prodotte in giudizio, la condotta dell’odierno appellante aveva sicuramente contribuito alla verificazione dell’evento e, conseguentemente, passando alla valutazione della condotta del M., secondo i principi di Cass. Sez. 3, 23431/2014 e Cass. sez. 3, 3543/2013, le circostanze probatorie evidenziavano che la sua guida non era stata conforme alle regole di prudenza dettate dal C.d.S. e nè aveva dimostrato di aver assolto l’onere di dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Dunque, doveva ritenersi la condotta del convenuto idonea ad interrompere il nesso di casualità tra il comportamento di guida del conducente dell’autovettura e il sinistro, non consentendo pertanto di ascrivere l’evento, sotto il profilo eziologico, esclusivamente al comportamento colpevole del G..

In ragione dell’operatività della presunzione di cui all’art. 2054 c.c., la concorrente responsabilità del M. per il sinistro doveva essere ravvisata nella misura del 50%, in assenza di specifici elementi positivi che ne potevano mitigare l’apporto causale.

3. Avverso tale pronuncia, M.F. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi. G.U. e Groupama Ass.ni s.p.a., regolarmente intimati non hanno svolto attività difensiva.

4. E’, stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo della controversa costituito da responsabilità concorrente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), Violazione, erronea e falsa interpretazione degli artt. 115 – 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5).”.

La pronuncia impugnata sarebbe errata nella parte in cui, accertata la responsabilità del Giuditti, ha applicato comunque la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, basando tale decisione interamente sulle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale di M..

Così facendo, la Corte avrebbe disatteso l’esito dell’istruttoria espletata senza adeguatamente specificare, nella dinamica del sinistro, quale sarebbe stata la regola di prudenza in concreto violata dell’odierno ricorrente.

Il motivo è inammissibile poichè volto ad ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa e, nella specie, una rivalutazione degli elementi probatori, oltrepassando in questo modo i limiti che sono propri del sindacato di legittimità.

Invero, il Giudice del merito è istituzionalmente competente alla discrezionale valutazione degli elementi di prova, limitata esclusivamente sul piano della motivazione che dev’essere coerente, in punto di diritto e sul piano logico, con i rilievi fattuali posti al suo vaglio.

Sicchè, eventuali tesi alterative formulate nel ricorso per cassazione renderebbero quest’ultimo inammissibile.

Ed anche per quanto riguarda l’art. 116 c.p.c., tale norma è evocata in modo inidoneo secondo Cass. sez. un. 16598 del 2016. In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 11892 del 2016, ripresa da Cass., Sez. Un. 16598 del 2016). Quindi, i motivi si risolvono in una sollecitazione alla rivalutazione della quaestio facti.

La Corte d’appello di Bologna, riportando correttamente la giurisprudenza di questa Corte, ha dichiarato che, accertata la responsabilità di uno dei conducenti e, nel caso che ci occupa, del G., il giudice deve essere tenuto a verificare in concreto se l’altro conducente, ossia il M. nel caso de quo, abbia tenuto o meno una condotta di guida corretta al fine di superare la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2.

Difatti, in tema di responsabilità civile da circolazione dei veicoli, anche se dalla valutazione delle prove resti individuato il comportamento colposo di uno solo dei due conducenti, per attribuirgli la causa determinante ed esclusiva del sinistro, deve parimenti accertarsi che l’altro conducente abbia osservato le norme sulla circolazione e quelle di comune prudenza, perchè è suo onere dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, altrimenti dovendo presumersi anche il suo colpevole concorso (Cass. n. 124 del 08/01/2016).

La Corte rilevando che la condotta del M. non era conforme alle regole di prudenza dettate dal C.d.S., e non avendo assolto all’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, lo dichiarava parimenti responsabile nella causazione del sinistro, in assenza di specifici elementi positivi.

Infine viene evocato il paradigma non più vigente del n. 5.

L’evidente coerenza della motivazione induce ad escludere l’ammissibilità delle censure sollevate, le quali, anche se formulate coerentemente con i principi di questa Corte, sarebbero state in ogni modo infondate, per i motivi esposti.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “violazione, falsa o errata interpretazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), Nullità della sentenza per motivazione apparente.”.

La sentenza gravata sarebbe passibile di declaratoria di nullità in quanto priva del requisito della succinta esposizione dei motivi in fatto ed in diritto della decisone, così come richiesto dall’art. 111 Cost. e dall’art. 132 c.p.c., n. 4.

E’ nulla per difetto di motivazione – si sostiene – sia la sentenza che ne sia del tutto formalmente priva, sia la sentenza che ne sia priva da un punto di visita sostanziale, ossia in caso di motivazione c.d. “apparente”.

Quest’ultimo sarebbe il caso della sentenza gravata dall’odierno ricorrente, la cui lettura non consentirebbe di comprendere le ragioni di diritto per le quali la Corte territoriale avrebbe disatteso il quando probatorio acquisito al fine di dichiarare una concorrente e, addirittura, pari responsabilità dell’odierno ricorrente nella causazione del sinistro.

Il secondo motivo è anch’esso inammissibile in quanto la denuncia di violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, è priva di fondamento perchè la motivazione c’è ed è scevra da vizi logico giuridici. La corte ha applicato la presunzione di corresponsabilità addebitando al ricorrente di non aver provato di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno e, quindi, un’omissione probatoria, mentre il ricorso erroneamente ragiona come se la motivazione dovesse individuare in concreto la colpa del ricorrente. Peraltro da quanto il ricorrente stesso riferisce in ordine al tenore della c.t.u. circa: a) la velocità di marcia del ricorrente al momento della frenata (71 km orari); b) la lunghezza della frenata (15,1 metri); c) lo scarrociamento del motoveicolo dopo la caduta (per circa 23 metri), emerge che: la manovra di emergenza iniziò a 38,1 metri dall’intersezione allorquando il M. percepì la ripartenza dell’autovettura; il M. aveva avvistato l’autovettura, tanto più che dalla c.t.u., che viene trascritta nell’esposizione del fatto, nel momento in cui l’autovettura si era fermata, sebbene sporgendo sulla strada, il M. doveva trovarsi ad almeno 70 metri di distanza dalla confluenza.

Ebbene, queste emergenze evidenziano in positivo che l’avvistamento dell’autovettura, pur ferma, avrebbe dovuto consigliare il M. di rallentare prima che essa si muovesse e non di confidare che essa stesse ferma. Pertanto da quanto lo stesso ricorso riferisce emergerebbe in positivo un profilo di responsabilità del M..

4.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversa in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5).”.

La Corte avrebbe dovuto compensare le spese del giudizio in quanto l’onere della prova dovrebbe essere regolamentato in prima battuta dall’art. 91 c.p.c. in applicazione del c.d. principio di causalità che condanna alla refusione colui che abbia reso necessario il giudizio e, solo in via residuale, l’art. 92 c.p.c., comma 2, il quale prevede la possibilità di una compensazione integrale o parziale delle spese del giudizio.

Il terzo motivo di ricorso è infondato avendo la Corte correttamente deciso in ragione della reciproca soccombenza.

La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2), sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo (Cass. 22381/2009).

Inoltre la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. 30592/2017).

5. Non occorre disporre sulle spese di questo giudizio in quanto l’intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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