Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10012 del 20/04/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.20/04/2017), n. 10012
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11506/2016 proposto da:
C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUINTO
AURELIO SIMMACO 7, presso lo studio dell’avvocato NICOLA NERI, che
lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
F.V.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1466/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 04/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
riformando la sentenza di primo grado, la Corte di Appello di Roma ha condannato il C. a rilasciare in favore del F. un immobile occupato sine titulo, accertando che, dopo che il F. era stato immesso del possesso del bene dall’ufficiale giudiziario (a seguito di esecuzione di un provvedimento di convalida di sfratto), il C. lo aveva rioccupato abusivamente, realizzando un’ipotesi di spoglio tutelabile in via possessoria;
ricorre per cassazione il C. affidandosi a quattro motivi.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
il primo e il secondo motivo (che deducono entrambi la violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, lamentando che in appello era stata proposta ed accolta una domanda di reintegrazione nel possesso del tutto nuova rispetto a quella di restituzione proposta in primo grado) sono inammissibili in quanto presuppongono un’interpretazione della domanda difforme da quella compiuta dalla Corte (che ha evidenziato come il ricorrente non avesse mai agito in rivendica, ma avesse – fin dall’inizio – spiegato un’azione “diretta all’evidenza alla tutela del possesso”), che non è stata oggetto di specifica censura;
il terzo motivo (che denuncia la violazione degli artt. 165 e 183 c.p.c.) è infondato atteso che – per quanto correttamente evidenziato dalla Corte – nessuna decadenza per la produzione documentale era maturata a carico dell’attore;
il quarto motivo è inammissibile in quanto, senza individuare effettivamente alcun error in iure e senza indicare fatti decisivi non esaminati dalla Corte, si risolve nella richiesta di un diverso apprezzamento di merito funzionale all’esclusione della sussistenza della violazione possessoria;
il ricorso va pertanto rigettato (senza pronuncia sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell’intimato);
trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
la Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017