Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10012 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10012 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 4899/10 proposto da:

riserva della proprietà- momento
determinativo-

Vincenzo CURCI ( c.f.: CRC VCN 34P02 1-1654U);
Lucia Maria Consiglia STRAGAPEDE ( c.f.: STR LMR 42D68 H645L);
parti rappresentate e difese dall’avv. Pierluigi Cotugno, con domicilio eletto presso
l’avv. Roberto Masiani in piazza Adriana n.5, giusta procura a margine del ricorso.
-Ricorrenti Contro

Luigi PELLEGRINI ( c,f.: PLL LGU 60L28 H645N):
Eleonora PELLEGRINI ( c.f.: PLL LNR 65C62 H645L);
Grazia PELLEGRINI ( c.f.: PLL GRZ 61M53 H645M)
Parti rappresentate e difese dall’avv. Vito Piacente in virtù di procura speciale in calce
al controricorso e con domicilio eletto in Roma, via Costantino Morin 6 — studio
dell’avv. Lucio Di Rosa- Controricoirenti –

Data pubblicazione: 15/05/2015

contro la sentenza n. 1148/2008 della Corte di Appello di Bari, pubblicata il 30
dicembre 2008 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dcl 17 aprile 2015 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

l’accoglimento del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Alberto Celeste, che ha concluso per l’inammissibilità del 1° motivo e per l’infondatezza
del 2°.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Luigi, Grazia ed Eleonora Pellegrini, con atto notificato nel settembre 1992, citarono
innanzi al Tribunale di Trani Vincenzo Curci e Lucia Maria Consiglia Stragapede,
chiedendo che fossero condannati ad eliminare una veduta esercitata dal terrazzo di
proprietà dei medesimi — munito di parapetto e quindi con possibilità di affaccio- sul
fondo di essi istanti, ed a “rastremare” un locale delle suddette parti, posto a confine
con l’adiacente fabbricato e con il terreno degli esponenti, sino all’arretramento alla
distanza di cinque metri dal confine o a quella diversa prevista dallo strumento
urbanistico vigente nel Comune di Ruvo di Puglia.
Le parti convenute, nel costituirsi, contestarono di esser proprietarie o di esser titolari di
altro diritto sul locale a confine; nel merito dell’altra domanda ne chiesero il rigetto.
Effettuata consulenza tecnica, venne depositata documentazione tesa a dimostrare che
l’immobile delle parti convenute sarebbe stato realizzato a seguito di un unico piano di
lottizzazione convenzionata, con previsione plano-volumetrica, richiesto dall’allora
unico proprietario del comprensorio — Vincenzo Pellegrini, padre delle parti attrici — il
quale avrebbe inglobato anche la preesistente costruzione di proprietà attorea, con
l’effetto di consentire la deroga della normativa codicistica sulle distanze; evidenziarono
altresì che, a seguito della clausola di riserva di proprietà apposta nel contratto di

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Udito l’avv. Pierluigi Cotugno per le parti ricorrenti, che ha insistito per

permuta con la società costruttrice dei fabbricati del lotto — la sas Curci Edilizia, di
Giovanni e Vincenzo Curci, dante causa dci convenuti- , la proprietà ed il possesso
degli immobili, poi trasferiti ai singoli acquirenti, erano rimasti in capo alle parti attrici
sino al 30 dicembre 1988, allorché queste avevano rinunciato alla riserva: a quella data

servitù a carico del fabbricato dei Pellegrini, di mantenere gli immobili vicini a distanza
inferiore alla legale dal confine e dal palazzo frontistantc. L’adito Tribunale, con
sentenza 1078/1999, dopo aver dato atto della cessazione della materia del contendere
in ordine alla domanda “di rastremazione” del locale a confine, respinse la richiesta di
arretramento o comunque di sistemazione della veduta, giudicando costituita, per
destinazione del padre di famiglia, una servitù a carico del fondo delle parti attrici,
avente ad oggetto il diritto di mantenere la distanza delle vedute a distanza inferiore a
quella legale.
I germani Pellegrini impugnarono tale decisione; la Corte di Appello di Bari la riformò
in parte, condannando i Curci all’edificazione di un parapetto di due metri, idoneo ad
impedire l’esercizio della veduta. La Corte distrettuale pervenne a tale decisione,
ritenendo che per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia
fosse necessario che il rapporto reciproco tra i due fondi , tale da obiettivamente far
emergere la sussistenza di una servitù, presupponesse che al momento della cessazione
dell’appartenenza all’unico proprietario, le opere a servizio dell’uno fossero esistenti,
stabili ed apparenti, mentre nella fattispecie, la inedificazione del lotto poi acquistato dai
Curci dopo la permuta, sarebbe stata d’ostacolo all’insorgere della servitù stessa.
Aggiunse il giudice dell’impugnazione che la tesi sostenuta dal Tribunale non sarebbe
stata sostenibile neppure tenendo conto che la riserva di proprietà era stata rinunciata
formalmente nel 1988 dallo stesso Pellegrini : ciò in quanto essa avrebbe riguardato solo
la proprietà del suolo e perché già con l’atto di permuta del 1983 il Pellegrini aveva
trasferito il possesso del terreno alla Curci Edilizia; statuì infine la Corte di Appello che
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dunque si sarebbe realizzata la costituzione per destinazione del padre di famiglia di una

il rispetto delle distanze in questione non sarebbe potuto rientrare nel regime di
eccezione previsto dall’art. 9 del d.m. 1444/1968 (per esser il fabbricato stato inserito
in un progetto di lottizzazione regolarmente approvato dal Comune e prevedente
soluzioni plano-volumetriche omogenee) perché detta norma avrebbe riguardato le

distanza delle vedute. Rilevò infine la Corte di Appello che a divergenti soluzioni
interpretative non si sarebbe pervenuti neppure avuto riguardo al progetto di
lottizzazione, dal momento che il fondo era formalmente unico al momento della
presentazione del progetto medesimo.
Per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso i Curci, sulla base
sostanzialmente di quattro motivi ( pur essendo numerati solo il 1° ed il 4 0); i Pellegrini
hanno resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

10 – violazione degli artt. 934, 952,1523 e 1062 cod. civ.
I – Parte ricorrente contesta l’interpretazione che la Corte di Appello ha dato della
clausola di riserva della proprietà , allorché non ha fatto applicazione del costante
principio, di fonte giurisprudenziale, che vede in detta pattuizione una condizione
sospensiva dell’effetto traslativo della proprietà, legato quest’ultimo al pagamento del
prezzo: contesta in particolare il rilievo esclusivo che il giudice dell’impugnazione
avrebbe conferito al trasferimento del possesso mentre , ai fini della separazione della
proprietà dei due fondi nella prospettiva dell’obiettivo asservimento dell’uno all’altro,
sarebbe stata rilevante esclusivamente la rinuncia alla riserva di proprietà, avvenuta nel
1988; ricorda, a conferma dell’assunto, che anche l’atto di permuta aveva espressamente
previsto che il “possesso di diritto” fosse passato alla società costruttrice solo dopo
l’ultimazione e la consegna degli appartamenti — costituenti il sinallagma in termini di
permuta —
I.a – Viene formulato il seguente quesito di diritto: ” Dica la Suprema Corte se kr Corte di

frzadta-9-0- 4 –

distanze degli edifici dal confine o dalle altre proprietà mentre la fattispecie riguardava la

Appello di Bari, nella sentenza impugnata, ha erroneamente applicato l’art. 1523 cod. civ., essendosi
verificati gli effetti traslativi del diritto di proprietà rivenienti dal contratto di permuta intercorso tra il
proprietario del suolo e4ficatorio e l’impresa di costruzione solo con l’ultimo atto di rinuncia riserva
di proprietà”.

riserva di proprietà sarebbe stata pattuita solo con riferimento al suolo mentre appariva
evidente che essa era funzionale al fine di provvedere all’edificazione di unità
immobiliari sul lotto di proprietà del Pellegrini, così che per accessione , una volta
realizzatasi la circostanza oggetto della riserva , si sarebbe trasferita anche la proprietà
del sovrastante edificio.

II.a – Su tale profilo viene formulato l’ulteriore quesito di diritto: ” Dica la Suprema Corte
se la Corte di Appello di Bari, nella sentenza impugnata , ha violato l’art. 934 cod. civ nella parte in
cui, prevedendo la validità della clausola di riservato dominio, l’ha limitata al suolo edificatotici , non
estendo la portata della riserva alle costruzioni nel frattempo realizzate su di esso”
III – Per discendenza argomentativa si sostiene che la Corte barese avrebbe
erroneamente interpretato i confini applicativi dell’art. 1062 cod. civ., non considerando
la obiettiva situazione di fatto delineatasi dopo la rinuncia alla riserva di proprietà.

III.a – Conseguente è l’ulteriore principio di diritto: ” Dica la Suprema Corte se la Corte di
Appello di Bari, nella sentenza impugnata , ha violato l’art. 1062 cod. civ., essendo avvenuta la
separazione dei fondi da parte dell’unico proprietario (Pellegrini Vincenzo o i suoi aventi causa) dopo
l’ultimazione di tuffi i fabbricati ad opera dell’impresa di costruzioni e solo dopo che le opere stabili
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sugli stessi risultavano pedettamente evidenti e non precarie .

IV — I tre profili ( o motivi) possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro
stretta connessione logica: essi sono fondati.

IV.a —Appare erroneo il sostenere, come fa la Corte di Appello, che il verificarsi
dell’evento dedotto nella riserva — il che è del tutto equiparabile alla “rinuncia” della
riserva, incidendo anch’essa sull’ effetto traslativo derivante dalla venuta in esistenza
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– 5 –

11 – Posto ciò sostengono i ricorrenti che sarebbe stato del pari errato sostenere che la

della res futura nella particolare fattispecie, qui ricorrente, di permuta di cosa presente
con cosa futura – si riferisca solo alla proprietà del suolo e non già alla costruzione che
su di esso si sia nel frattempo edificata, atteso che l’effetto traslativo si realizza ex

111111C

al

momento del pagamento del prezzo o, come nella fattispecie più genericamente

In secondo luogo se lo schema negoziale di cui trattasi può trovare applicazione

alla fattispecie, allora non vi è ostacolo all’asservimento di un fondo all’altro, nel senso
di porre uno dei costruendi edifici in una posizione in cui le vedute in esso praticate
possano esser mantenute, rispetto al preesistente fabbricato, ad una distanza inferiore
alla legale; a riprova di ciò sta la circostanza che la permuta del defunto Pellegrini alla
società Curci Edilizia ( entrambi danti causa delle attuali parti in lite) era stata effettuata
nell’ambito di un piano di lottizzazione progettato in modo tale che il già edificato
immobile vi trovasse completamento urbanistico ( icasticamcnte espresso in ricorso con
l’espressione di “trama edilizia”), così da far emergere una preordinazione dell’utilizzo
del terreno che si andava a cedere, ad una specifica edificazione, esonerativa del rispetto
delle distanze.
IV.c — In questo contesto negoziale dunque il trasferimento del possesso del terreno,
funzionale a consentire quell’attività edilizia che avrebbe permesso di realizzare anche il
sinallagma della permuta , non assumeva alcun rilievo al fine di interrompere il rapporto
( se vuolsi: funzionale , nella prospettiva appena sopra espressa) tra l’esistente edificio
del defunto Pellegrini e quelli edificandi ; indifferente poi, rispetto al sorgere di una
servitù per destinazione del pater familias, sarebbe stata la mancata espressa previsione di
questi ulteriori effetti — da intendersi: costituzione di vedute a distanza inferiore alla
legale- da parte del Pellegrini al momento della stipula del rogito, sia. per la ininflucnza
dell’atteggiamento soggettivo del venditore al momento della separazione della
proprietà in origine unica ( essendo invece rilevante l’obiettivo posizionarnento degli
immobili) , sia per la previsione dello sviluppo urbanistico dell’area ceduta; significativa

6-

indicato, al momento della “rinuncia alla riserva”.

invece, ai fini interpretativi, appare essere la circostanza che volontariamente il cedente
“rinunciò” alla riserva allorquando obiettivamente si era realizzato il succitato rapporto
tra i due frontis tanti edifici.

4° ( in realtà 2°) motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 9, ultimo
comma, del decreto ministeriale n. 1444/1968, in relazione agli artt. 873, 905 e
907 ed all’art. 360, I comma nn. 3 e 5 cpc
V – Le parti ricorrenti denunciano di insufficienza la motivazione della Corte barese là
dove ritenne che non si applicasse il regime di esonero previsto dal decreto ministeriale
n 1444 del 1968 art 9 a cagione del fatto che la norma regolamentare riguarderebbe le
distanze tra costruzioni ma non disciplinerebbe la materia delle distanze delle vedute,
stante il diverso scopo per i vincoli alla proprietà privata nei due casi: nella prima
ipotesi, per evitare il formarsi di intercapedini dannose; nel secondo caso per tutelare la
riservatezza. A sostegno della divergente interpretazione che ritengono debba essere
seguita, le parti ricorrenti evidenziano come il principio enunciato dalla Corte territoriale
avrebbe un margine di applicazione sol se si trattasse di distanze tra vedute poste su
edifici di differenti proprietari ma non nella fattispecie perché esse, prima della
separazione, erano già venute in esistenza.
V.a — Il motivo — pur se assorbito dall’accoglimento del precedente- è infondato
perché, come esattamente indicato dalla Corte territoriale, anche nell’ipotesi che gruppi
di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o di lottizzazioni convenzionate
con previsioni plano-volumetriche, la norma in iscrutinio trova applicazione solo
allorchè si controverta di distanze tra fabbricati e non già tra vedute.
VI — La sentenza va dunque cassata in ragione del motivo accolto; non essendo
necessari altri accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per decidere la causa nel
merito a mente di quanto stabilito dall’art. 384 cpc ; ne consegue che va rigettato
l’appello dei Pellegrini; l’obiettiva controvertibilità delle soluzioni interpretative
consente di rinvenire — a mente della formulazione dell’art. 92 cpc anteriore alle riforme

– 7 –

t

di cui alla legge n. 69/2009 — giusti motivi per compensare le spese del giudizio di
merito e di quello di legittimità.
P.Q.M.
La Corte

decidendo nel merito , rigetta l’appello proposto da Luigi, Grazia ed Eleonora Pellegrini
avverso la sentenza n. 10 ./8/1999 del Tribunale di Trani, sezione stralcio; compensa tra
le parti le spese di quel giudizio e del presente.
Così deciso in Roma il 17 aprile 2015, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile
della Corte di Cassazione.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e,

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