Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10011 del 24/04/2013
Civile Sent. Sez. L Num. 10011 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: FERNANDES GIULIO
SENTENZA
sul ricorso 17171-2010 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
2013
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ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta
delega in atti;
– ricorrente contro
PAGANO LEONARDO;
Data pubblicazione: 24/04/2013
- intimato-
avverso la sentenza n. 2573/2009 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 20/06/2009 R.G.N. 4659/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/03/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
FERNANDES;
FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale di Lucera Pagano Leonardo operaio agricolo a
tempo determinato, conveniva in giudizio l’I.N.P.S., chiedendo la
riliquidazione dell’indennità dì disoccupazione agricola per l’anno 2002. Il
ricorrente, premesso che il suddetto trattamento di disoccupazione gli era
stato corrisposto dall’Ente previdenziale sulla base del salario medio
convenzionale congelato all’anno 1995, sosteneva che lo stesso dovesse
essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui
minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con
conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.
L’adito Tribunale accoglieva la domanda.
La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 20.6.2009, rigettava il
gravame interposto dall’INPS.
Per la cassazione di detta decisione propone ricorso l’Inps affidato ad un
unico motivo.
Il Pagano è rimasto intimato.
Il Collegio ha autorizzato la stesura della sentenza con motivazione
semplificata.
Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt. 46,
51 e 55 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione al
D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a) e al D.L. n. 318 del 1996,
art. 3 conv. in L. n. 402 del 1996, nonché in relazione agli artt. 1362 e 2120
cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censura la
sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la
liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata
“quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di
retribuzione differita.
Il motivo è fondato, alla stregua di quanto deciso dalla sentenza di questa
Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il
seguente principio: “Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente
sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione
delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con
il salario medio convenzionale del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente
affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota
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di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va
esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato
disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n.
318, art. 3 convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli
effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non
può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi
quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima
alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva”.
L’interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal
legislatore, il quale, con il D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18, convertito
in L. n. 111 del 2011, ha stabilito che: “il D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art.
4 e il D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5, convertito con
modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 18, si interpretano nel senso che
la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del
trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”.
Il ricorso va, pertanto, accolto con la conseguente cassazione della
sentenza impugnata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può prowedersi nel
merito e rigettarsi la domanda.
Alla luce della norma di interpretazione autentica sopravvenuta, che ha
definitivamente consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella
materia, ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero
processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda, compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2013.
stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a