Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10007 del 24/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10007 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 23241-2010 proposto da:
COSMOS ACCESSORI METALLICI S.R.L. 03189660750, in
persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 44,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CARLUCCIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIURGOLA
2013

ALESSANDRA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

714

contro

GNONI ANNA CECILIA;
– intimata –

Data pubblicazione: 24/04/2013

avverso la sentenza n. 2155/2009 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 11/11/2009 r.g.n. 2072/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;

Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

RG 23241-10

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Lecce, confermando la sentenza di primo grado,
accoglieva la domanda di Gnoni Anna Cecilia, proposta nei confronti
della società Cosmos, avente ad oggetto la condanna della predetta

rapporto di lavoro a domicilio.
La Corte del merito, rilevato che correttamente il giudice di primo
grado aveva considerato la società decaduta dalla prova per testi non
essendosi questi – senza alcuna giustificazione – presentati all’
udienza fissata per la loro escussione, riteneva infondata l’eccezione
di nullità del ricorso sollevata dalla Cosmos avendo il Tribunale
correttamente ritenuto “la completezza del ricorso e la sua piena
rispondenza al dettato dell’art. 414 cpc”.
Rimarcava, poi, la Corte territoriale/ che risultava del tutto nuova la
prospettazione della società secondo la quale sarebbe intercorso con la
Gnoni un rapporto di lavoro autonomo in quanto ciò contrastava con la
deduzione di primo grado in ragione della quale la Cosmos si era
limitata a negare la sussistenza di qualsiasi rapporto di lavoro con la
lavoratrice in causa.
Comunque, osservava la Corte distrettuale, nulla la società aveva
dimostrato circa l’estraneità delle lavorazioni eseguite dalla Gnoni a
quelle attuate all’interno dell’azienda, né che era rimessa al
lavoratore la scelta delle modalità esecutive sì da escludere ogni
forma di subordinazione di tipo meramente tecnico.

società al pagamento di differenze retributive conseguenti l’intercorso

Del resto era rimasto accertato che i materiali da assemblare erano
stati consegnati e ritirati da dipendenti della Cosmos ed era stato
pattuito il prezzo di ogni manufatto in ragione delle “pinzate”.
Nondimeno, secondo la Corte di Appello, la

ritenuta subordinazione

poteva essere esclusa dalla circostanza che la lavoratrice aveva
non essendo, tra

l’altro, nemmeno allegata una pattuizione di non concorrenza.
Infine la Corte del merito riteneva non contestati i conteggi elaborati
sulla base delle “pinzate” e tanto in considerazione della circostanza
della genericità di detta contestazione priva di qualsiasi riferimento
ai tempi di lavoro occorrenti per ciascuna “pinzata”.
Avverso questa sentenza la società Cosmos ricorre in cassazione sulla
base di sei censure.
La parte intimata non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura la società, deducendo violazione dell’art. 255
cpc,sostiene che il giudice di appello ha pronunciato – con riferimento
alla mancata comparizione dei testi per l’udienza fissata per la loro
escussione – una decadenza non prevista dalla legge.
La censura non è scrutinabile.
Invero la parte ricorrente non precisando, in violazione del principio
di autosufficienza, su quali capitoli di prova i testi dovevano essere
sentiti non consente a questo giudice di legittimità di delibare la
decisività del preteso errore in relazione al
impugnata.

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dictum

della sentenza

prestato lavoro alle dipendenze di altro datore

Con il

la

secondo motivo

ricorrente,

denunciando nullità ed

illegittimità della statuizione per violazione dell’art. 414 cpc ed
omessa motivazione,assume che la Corte del merito nel rigettare
l’eccezione di nullità de ricorso si è limitata a riportarsi alla
sentenza di primo grado.

E’,infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte,
che in questa sede va ribadito, quello secondo il quale la motivazione
della sentenza per relationem è ammissibile, dovendosi giudicare la sua
completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell’atto al
quale si opera il rinvio e che, proprio in ragione dello stesso, diviene
parte integrante dell’atto rinviante, fermo restando, tuttavia, secondo
un principio generale dell’ordinamento, desumibile dagli artt. 3 della
legge n. 241 del 1990, e

7,

comma l, della legge n. 212 del 2000, per

gli atti amministrativi (e valido, a maggior ragione, in forza dell’art.
111 Cost., per l’attività del giudice), che il rinvio va operato in modo
tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione
per relationem (

Cfr. per tutte Cass.11 febbraio 2011 n.3367 e, con

riferimento alla novella di cui alla legge n. 69 del 2009, Cass. 20
maggio 2012 n. 8063).
Nella specie la Corte del merito, non solo fa proprie le argomentazioni
della sentenza di primo grado richiamando le pagine 2 e 3 della
predetta sentenza ma, sottolinea, altresì, la completezza del ricorso e
la sua piena rispondenza al dettato dell’art. 414 cpc.

3

Il motivo è infondato.

Con la terza critica la società, allegando violazione dell’art. 437 cpc,
rileva che erroneamente la Corte del merito ha considerato come nuova la
deduzione secondo la quale, nella specie, trattatasi di un rapporto di
lavoro autonomo.
La censura non è accoglibile, perché non decisiva.

eccezione, tuttavia, poi, si pronuncia sulla stessa escludendo la
configurabilità di un rapporto di lavoro autonomo.
Con la quarta censura la società, assumendo erroneità, contraddittorietà
ed illegittimità della sentenza, afferma che erroneamente la Corte del

Infatti la Corte del merito pur qualificando come nuova siffatta

merito ha ritenuto che non è stata eccepita l’autonomia delle modalità i/L(
di esecuzione del rapporto.
La censura è infondata.
La Corte del merito, difatti, nell’individuare i caratteri differenziali
tra lavoro subordinato ed autonomo nel lavoro a domicilio, sottolinea
che solo in tale ultimo tipo di rapporto è rimessa al lavoratore la
scelta delle modalità esecutive della prestazione,ed “afferma che nulla
in proposito è stato dedotto dall’appellante ( società)”, riferendosi,
evidentemente, alla scelta delle modalità esecutive.
Orbene al riguardo la società ricorrente si limita a richiamare le
pagine dell’atto di appello sostenendo di aver,appunto,dedotto che “la
sig. Gnoni stante la piena autonomia nelle modalità di esecuzione delle
proprie prestazioni ha lavorato alle dipendenze di altra società”.
Pur a volere considerare come autosufficiente il richiamo alle deduzioni
di cui all’atto di appello, sta di fatto che la contestazione, cui si

riferisce la Corte del merito, è quella di cui al giudizio di primo
grado in riferimento al quale la predetta Corte rileva che la società si
era limitata a negare la ricorrenza di qualsiasi rapporto di lavoro con
la Gnoni.
Né può sottacersi che la Corte del merito considera irrilevante la

altro datore non essendo, tra l’altro, nemmeno allegata una pattuizione
di non concorrenza.
Con il quinto motivo la Cosmos, allegando violazione dell’art. 11 della
Legge n.877 del 1973 e art. 2094 cc nonché erroneità ed illogicità della
motivazione,assume l’ erroneità della sentenza per aver affermato la
subordinazione nonostante la prestazione di lavoro presso terzi fosse
svolta in concorrenza e sol perché il ritiro della merce avveniva con
veicolo da parte dei dipendenti e con mezzi della Cosmos.
Anche questo motivo è infondato.
La subordinazione, nella specie, è affermata dalla Corte del merito sul
rilievo che il lavoratore in causa svolgeva lavorazioni analoghe a
quelle effettuate all’interno dell’azienda datoriale e senza che fosse
rimessa la scelta delle modalità esecutive della prestazione al
lavoratore.
D’altro canto la Corte di appello sottolinea che non è nemmeno allegata,
con riferimento allo svolgimento di lavoro presso terzi, la concorrenza.
Non può, quindi, ritenersi, contrariamente all’assunto della società,
che la Corte distrettuale ritiene la subordinazione “sol perché il
ritiro della merce avveniva con veicolo da parte dei dipendenti e con

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circostanza che la lavoratrice aveva prestato lavoro alle dipendenze di

mezzi della Cosmos” essendo tale circostanza richiamata dai giudici di
appello a conferma della non veridicità dell’avverso assunto secondo il
quale nessun rapporto era intercorso con la Gnoni.
Con

l’ultima

critica

la

società,

denunciando

illogicità

della

motivazione e violazione dell’art. 8 della Legge 877 del 1973 e 2100 e

che era onere del datore di lavoro provare i tempi di lavoro, con la
relativa documentazione, senza tener conto, invece, che in caso

di

lavoro a domicilio il principio del cottimo pieno impone al lavoratore
la prova del prodotto realizzato per conseguire la retribuzione.
La censura è infondata.
E’ necessario, innanzitutto, evidenziare che la Corte del merito quando
rileva la mancata contestazione dei conteggi sviluppati dalla Gnoni, si
riferisce evidentemente alla posizione assunta dalla società nel
giudizio di primo grado nel corso del quale, e lo si è già rimarcato, la
società si è limitata a dedurre l’inesistenza di qualsiasi rapporto di
lavoro con la Gnoni. Tanto è confermato dal richiamo, operato dalla
Corte di Appello, alla memoria di primo grado ed in particolare alle
pagine 4 e 5 (punto 7).
La Corte del merito, correttamente,quindi, ritiene tardive tutte quelle
contestazioni svolte in sede di appello.
Tanto precisato va rilevato che le censure della ricorrente non colgono
nel segno in quanto le differenze retributive vengono determinate dalla
Corte del merito, sulla base del prezzo pattuito, come riferito dai

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segg. cc , assume l’erroneità della sentenza impugnata laddove stabilisce

testi, relativo al numero delle

“pinzate” occorrenti per ciascun

manufatto.
Il ricorso in conclusione va respinto.
Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità non avendo

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.Nulla per le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 febbraio 2013
Il Presidente

parte intimata svolto attività difensiva.

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