Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10004 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/05/2020), n.10004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19973-2018 proposto da:

C.G., C.O.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 91, presso lo studio

dell’avvocato PIERFRANCESCO TORRISI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE SACCONE;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CATANIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato AGATA BARBAGALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 52/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 11/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.G. e C.O.F., nelle rispettive qualità di proprietario e conducente del mezzo, convennero in giudizio il Comune di Catania, davanti al Tribunale di Catania, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni, fisici e materiali, riportati nel sinistro stradale nel quale C.O.F., percorrendo una via urbana, aveva perso il controllo dell’automobile a causa della presenza di un avvallamento sull’asfalto, finendo contro due alberi posti al margine sinistro della semicarreggiata e riportando gravissimi danni.

Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda.

Espletata una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c. e, accertata la responsabilità del custode ma anche la concorrente condotta colposa del conducente, condannò il Comune convenuto al pagamento della somma di Euro 563.082 in favore di C.O.F. e di Euro 40.000 in favore del padre C.G., nonchè al pagamento della metà delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dal Comune soccombente e la Corte d’appello di Catania, con sentenza dell’11 gennaio 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda degli attori, condannandoli al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che, pacifica essendo la dinamica dell’incidente, dall’istruttoria era emerso che la vettura, prima di andare a schiantarsi contro gli alberi, aveva lasciato tracce di frenata della lunghezza di metri 31 con la ruota destra e metri 28,75 con la ruota sinistra e che non aveva gli pneumatici in condizioni di valida efficienza. Oltre a ciò, la Corte di merito ha rilevato che dall’espletata c.t.u. risultava che la vettura marciava alla velocità di 68-78 Kmh, superiore a quella consentita nel tratto stradale in questione e che, se il conducente avesse rispettato il limite di velocità di 50 kmh, avendo a disposizione uno spazio di frenata di trenta metri, avrebbe potuto liberamente arrestare il veicolo in tempo utile, anche in caso di perdita del controllo riconducibile all’anomalia presente sulla strada.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catania ricorrono C.G. e C.O.F. con unico atto affidato a due motivi.

Resiste il Comune di Catania con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2051 c.c..

Rilevano i ricorrenti che la Corte d’appello avrebbe errato nell’applicazione dei principi in tema di obbligo di custodia perchè, nel mentre ha analizzato il comportamento del conducente individuando la colpa dello stesso, nulla avrebbe detto sull’effettiva prevedibilità o imprevedibilità di tale comportamento, elemento rilevante ai fini dell’individuazione del caso fortuito.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2051 c.c., degli artt. 40 e 41 c.p. e dell’art. 142 C.d.S..

Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata, interpretando in modo errato le conclusioni del c.t.u., non avrebbe considerato l’importanza decisiva, ai fini della determinazione del sinistro, della presenza di un avvallamento sul manto stradale, limitandosi ad esaminare la colpa del conducente e collegando alla medesima la responsabilità esclusiva dell’accaduto.

3. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione dell’evidente connessione, sono privi di fondamento. 3.1. Rileva innanzitutto il Collegio che la costante giurisprudenza di questa Corte sul citato art. 2051 insegna che il danneggiato deve comunque dimostrare l’esistenza del fatto dannoso, il nesso di causalità e il danno, rimanendo a carico del custode l’obbligo di dimostrazione del caso fortuito (v., tra le altre, le ordinanze 22 dicembre 2017, n. 30775, 30 ottobre 2018, n. 27724, e 13 febbraio 2019, n. 4160).

Ciò premesso, giova ricordare che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

E’ stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 c.c. non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza.

3.2. Nel caso in esame la Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi, per cui la sentenza impugnata resiste alle censure proposte.

La pronuncia in esame, infatti, ha compiuto una valutazione complessiva delle prove ed ha ritenuto, come si è detto, che, se il conducente avesse rispettato il limite di velocità, avrebbe avuto la possibilità di arrestare la vettura in tempo utile, nonostante la presenza dell’avvallamento. Ne deriva, in sostanza, che l’eccesso di velocità del conducente è stato ritenuto dalla Corte d’appello, con un accertamento in fatto non suscettibile di modifica o riesame in questa sede, come una causa successiva di per sè sola sufficiente a determinare l’evento; il che equivale a dire che l’eccesso di velocità ha interrotto il nesso di causalità tra l’avvallamento stradale e l’incidente (v. anche le ordinanze 30 ottobre 2018, n. 27724, e 29 gennaio 2019, n. 2345).

Va poi aggiunto, ad abundantiam, che non risulta sia stato in alcun modo prospettato, in sede di merito, che l’avvallamento in questione fosse presente già da un tempo sufficiente a rendere ragionevole il doveroso intervento di manutenzione da parte del custode.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

In considerazione degli esiti alterni dei giudizi di merito, la Corte stima equo disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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