Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10004 del 08/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10004 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 29713-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;

11.~rente-

contro
GIACALONE ROSA MARIA RITA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato
GALLEANO SERGIO, rappresentata e difesa dall’avvocato
SANSONE SALVATORE giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 08/05/2014

avverso la sentenza n. 1797/2010 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO dell’il /11 /2010, depositata il 29/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Ric. 2011 n. 29713 sez. ML – ud. 18-02-2014
-2-

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 18 febbraio 2014,
ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art.
380 bis c.p.c.:
“Con ricorso al Tribunale del lavoro di Palermo, Rosa Maria Rita

2000 un contratto di lavoro subordinato, in cui era inserito un termine finale
scadente il 30 settembre 2000, motivato con la causale “per necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per fine nel periodo giugno-settembre” e sostenendo la
nullità di tale termine per violazione della legge n. 230 del 1962 e dell’art. 23 della
legge n. 56 del 1987 nonché per frode alla legge, data la mole di contratti a termine
reiteratamente stipulati con continuità dalla società, chiese la dichiarazione di nullità
del termine, la conversione a tempo determinato del contratto e il risarcimento dei
danni.
Il giudice di prime cure respinse le domande, ritenendo intervenuta la
risoluzione per mutuo tacito consenso del rapporto di lavoro.
Con l’appello, la Giacalone, oltre a contestare l’intervenuta risoluzione del
rapporto per mutuo tacito consenso, sviluppò ulteriori censure, tutte riferite ad una
diversa causale del contratto a termine del 6 giugno-30 settembre 2000, relativa ad
“esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi,
di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio
sul territorio delle risorse umane”.
Ignorando la deduzione di novità delle domande formulate con l’atto di
appello svolta dalla difesa della società, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza
depositata il 29 novembre 2010, ha accolto le domande, dichiarando nullo il
termine, in quanto apposto in data successiva al 30 aprile 1998, quando la
causale giustificativa delle esigenze eccezionali non autorizzava più l’apposizione del
termine, secondo il contraenti collettivi che l’avevano individuata in applicazione
dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987.

Giacalone, deducendo di avere stipulato con la società Poste Italiane dal 6 giugno

Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione la società,
avviandolo a notifica a mezzo del servizio postale in data 12 novembre 2011 e
affidandolo a sette motivi.
Alle domande resiste Rosa Maria Rita Giacalone con controricorso.
Il primo motivo deduce la violazione degli artt. 1372, primo comma,

risoluzione del rapporto.
In proposito, richiamati i principi ripetutamente ed esaustivamente affermati
da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è ipotizzabile una risoluzione
del rapporto di lavoro per fatti concludenti (cfr., ad es., Cass. 6 luglio 2007 n.
15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b) l’onere di provare circostanze
significative al riguardo grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione per
mutuo consenso

gr. ad es. Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n.

15403); e) la relativa valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito;
d) la mera inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine,
così come la ricerca medio tempore di una occupazione, non sono sufficienti a far
ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo consenso; deve ritenersi che la
Corte di merito si sia attenuta a tali principi nel valutare la situazione
sottoposta al suo esame, con giudizio di merito ispirato a valutazioni di tipicità
sociale.
Il motivo appare pertanto manifestamente infondato.
Col secondo e col terzo motivo, la società sostiene la nullità della
sentenza per violazione degli artt. 112, 414, 437, 2° comma c.p.c. e 1421 c.c. , per
avere la Corte territoriale accolto le domande sulla base di una
prospettazione del tutto nuova svolta dalla lavoratrice unicamente in sede di
appello.
Il motivo, argomentato con la riproduzione del contenuto degli atti che
dimostrano l’assunto (la causa del termine era stata effettivamente quella delle
esigenze eccezionali, ma il ricorso aveva riferito le proprie censure
esclusivamente alla diversa causale sostitutiva, recuperando unicamente con l’atto di

1175, 1375, 2697 c.c., quanto al rigetto della richiesta di accertamento della

appello il reale ambito del possibile contenzioso tra le parti) è evidentemente
fondato.
Il quarto, logicamente subordinato, motivo investe la ritenuta
legittimità del termine secondo l’effettiva sua causale e pertanto è assorbito dalb
ritenuta fondatezza dei due precedenti.
Anche gli ultimi tre motivi, che investono, in via ulteriormente

indeterminato del contratto, con la finale richiesta di applicazione dello

ius

superveniens rappresentato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010, sono da ritenere
assorbiti.
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia fissare
la data dell’adunanza in camera di consiglio.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente
al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
E’ stato depositato il verbale di conciliazione stipulato fra le parti in data 27
settembre 2012 in sede sindacale.
Dal suddetto verbale di conciliazione, debitamente sottoscritto dal
lavoratore interessato e dal rappresentante della Poste Italiane S.p.A., risulta che le
parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua,
dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti
di legge e dichiarando che, in caso di fasi giudiziali ancora aperte, le stesse sarebbero
state definite in coerenza con il verbale stesso; tale verbale di conciliazione si
appalesa idoneo a dimostrare l’intervenuta cessazione della materia del contendere
nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle
parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue
la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto l’interesse ad agire (e, quindi,
anche ad impugnare), deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta
l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione in relazione alla
quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutata la
sussistenza di tale interesse (cfr. Cass., SU, 29 novembre 2006 n. 25278).

subordinata, le conseguenze tratte dalla ritenuta conversione a tempo

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
In ragione del contenuto transattivo dell’accordo, è conforme a giustizia disporre la
compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le parti.

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso, compensa le spese.

Dott. P tro Curzio

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2014

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