Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10003 del 06/05/2011

Cassazione civile sez. I, 06/05/2011, (ud. 22/02/2011, dep. 06/05/2011), n.10003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24381/2006 proposto da:

A.G., S.M.A. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA G.

CARDUCCI 4, presso l’avvocato RIGHI Roberto, che le rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI LIVORNO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE

II 18, presso lo STUDIO GREZ E ASSOCIATI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MACCHIA Paolo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 181/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/02/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato RIGHI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato MACCHIA che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Livorno, con sentenza dell’11 settembre 2003, condannò il comune di Livorno al risarcimento del danno per l’occupazione espropriativa di un terreno di proprietà della s.r.l.

Immobiliare San Teodoro incluso nella variante di zona del PEEP n. 6 Sorgenti-La Cigna di quel comune (in catasto al fg. 22, part. 33 e 36) nella misura di Euro 551.350 da corrispondersi a A. G. e S.M.A. cessionarie del credito ed intervenute volontariamente in giudizio.

In riforma di questa decisione,la Corte di appello di Firenze,con sentenza del 31 gennaio 2006, ha respinto la domanda risarcitoria poichè la delibera dello stesso Comune in data 10 dicembre 1983, con cui era stata disposta l’occupazione temporanea dell’immobile, divenuta esecutiva il 24 febbraio successivo, aveva avuto regolare esecuzione attraverso il verbale di immissione in possesso del 16 maggio 1984; e perchè nel corso di essa, era stato pronunciato, in data 13 febbraio 1987, il decreto di espropriazione.

Per la cassazione della sentenza, l’ A. e la S. hanno proposto ricorso per 3 motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Livorno.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo le ricorrenti, deducendo violazione della L. n. 865 del 1971, art. 20 e art. 2697 cod. civ. censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’occupazione del terreno si era perfezionata con l’atto formale di immissione in possesso concretatosi in un verbale di consistenza del terreno senza considerare che la norma richiede la presa di possesso effettiva: nel caso non verificatasi posto che i lavori,come confermato dai testi escussi, avevano avuto inizio soltanto l’anno successivo; e perchè d’altra parte non potevano soccorrere le disposizioni introdotte al riguardo dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, del tutto innovative e non applicabili alle occupazioni pregresse.

Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 2730 cod. civ., si dolgono che la Corte di appello abbia dato credito alla documentazione proveniente dallo stesso comune attestante che alla immissione in possesso era seguita l’effettiva consegna dell’immobile alle imprese assegnatarie che avevano cominciato ad utilizzarlo per la costruenda opera pubblica, senza considerare che si trattava di dichiarazioni della medesima parte avente rilievo probatorio soltanto se alla stessa sfavorevoli.

Con il terzo motivo lamentano che non sia stato accolto il loro appello incidentale per l’erronea statuizione di rigetto della richiesta risarcitoria.

Il ricorso è infondato.

E’ ben vero, infatti che a mente della L. n. 865 del 1971, art. 20, il decreto perde efficacia “ove l’occupazione non segue nel termine di tre mesi dalla sua emanazione” e che l’occupazione richiede l’effettiva immissione in possesso dell’immobile da parte dell’occupante.

Tuttavia questa Corte ha ripetutamente osservato in merito all’acquisto del possesso ed alla contemporanea perdita da parte del soggetto cui faceva capo (siano essi effetto di un contratto o di un comportamento materiale) che il legislatore in genere non richiede, per la loro realizzazione, un rapporto materiale (e la contemporanea cessazione del rapporto stesso) con la cosa nella sua totale consistenza (il che sarebbe peraltro praticamente impossibile nella ipotesi di bene immobile), ma soltanto un atto (sostanzialmente) simbolico, indicativo dell’inizio del nuovo rapporto (e la cessazione di quello precedente) con la cosa (ad es. la traditio brevi manu) ovvero un atto negoziale comportante il mutamento della natura giuridica della disponibilità della cosa (costituto possessorio) o comportante la sua esclusiva disponibilità: quali esemplificativamente la recinzione di un’area ovvero il suo dimensionamento tramite apposizione di picchetti.

Per l’esecuzione dell’occupazione temporanea e d’urgenza, invece, la L. n. 1 del 1978, art. 3, ha predisposto uno speciale procedimento amministrativo che impone all’espropriante o ai suoi concessionari:

1) di procedere alla formazione, dopo che sia disposta l’occupazione, dello stato di consistenza del bene da espropriare in concomitanza con la redazione del verbale di immissione in possesso; 2) di ammettere al contraddittorio il fittavolo il mezzadro, il colono o il compartecipante, previo avviso notificato al proprietario, ed affisso nel Comune, almeno venti giorni prima con l’indicazione del luogo, giorno ed ora dell’immissione in possesso; 3) di redigere il verbale (di consistenza e di immissione in possesso) in contraddittorio, col proprietario, o in sua assenza con l’intervento di due testimoni che non siano dipendenti dell’espropriante o del concessionario.

Sicchè al verbale d’immissione in possesso dell’immobile per il quale è stato emesso il decreto di occupazione viene attribuita la natura di atto pubblico sia per il suo contenuto, di atto di esecuzione di un provvedimento della pubblica amministrazione che agisce iure imperii, volto, quindi, anche ad attestare il necessario collegamento tra gli immobili individuati nell’atto ablatorio e quelli materialmente appresi, sia per la qualità dell’ente espropriante che lo redige a norma della L. n. 1 del 1978 (trattasi di un soggetto che l’art. 1 della medesima legge indica nello Stato, nelle regioni, nelle province autonome e negli altri enti territoriali o dei loro concessionari, i quali in tal caso esercitano per delega le funzioni pubbliche di cui alla disposizione citata), sia per la sua funzione di provvedimento amministrativo nominato e tipico, nonchè conclusivo di un procedimento amministrativo (Cass. 23505 e 10651/2010). Con la conseguenza più volte evidenziata dalla giurisprudenza di legittimità: a) che la formale redazione di un verbale di immissione in possesso, in conseguenza della pronuncia di un decreto di occupazione, non resta priva di rilevanza, ma fa presumere che il beneficiario dell’occupazione stessa si sia effettivamente impossessato dell’immobile; b) che in tal caso grava sul beneficiario dell’occupazione, ove chiamato a corrispondere l’indennità, ovvero sugli altri interessati che da tale circostanza intendano trarre conseguenze favorevoli, l’onere della prova che malgrado tanto l’operazione della redazione dello stato di consistenza, quanto quella della formale immissione in possesso dell’occupante, pur risultante da un verbale redatto dalla stessa amministrazione o da suoi incaricati, il provvedimento suddetto non abbia avuto in realtà pratica attuazione, per essere l’immobile egualmente rimasto nel possesso giuridico e materiale del proprietario (Cass. 8384/2008; 6491/2004; sez. un. 1160/2000, 128/1999).

Nel caso, la Corte di appello ha accertato anzitutto che il comune di Livorno ha seguito interamente il menzionato procedimento di cui alla L. n. 1 del 1978, al termine del quale con verbale del 16 maggio 1984 i tecnici dell’amministrazione alla presenza della proprietaria, non soltanto provvidero alla redazione del verbale di consistenza del terreno,ma diedero atto di prenderne possesso in esecuzione del menzionato decreto di occupazione;per cui ha correttamente tratto la conseguenza che il verbale suddetto faceva piena prova del fatto attestato dal pubblico ufficiale che lo aveva redatto, e cioè che l’amministrazione comunale tramite l’atto prendeva possesso dell’immobile; e che spettava alle attuali ricorrenti fornire la prova che detta immissione non era in realtà avvenuta e/o che era avvenuta soltanto formalmente: prova che non poteva essere data dimostrando che i lavori per la realizzazione dell’opera pubblica erano iniziati quasi un anno dopo la presa di possesso del bene, posto che la data di inizio dei lavori è richiesta soltanto dalla L. n. 865 del 1971, art. 13, nonchè dalla L. n. 1 del 1978, art. 1, comma 3, al fine di verificare l’operatività, o per converso la decadenza della dichiarazione di p.u., e non anche quale condizione della regolare esecuzione e/o dell’efficacia del provvedimento ablatorio.

Pertanto siccome la società proprietaria del terreno e le cessionarie del credito siffatta prova non avevano neppure chiesto di fornire,insistendo soltanto (anche nel ricorso) sulla data di inizio dell’opera pubblica, la sentenza impugnata ne ha giustamente tratto la conclusione che, essendo stato il terreno delle controparti dapprima legittimamente occupato anche per la tempestiva immissione in possesso attestata dal verbale, la c.d. occupazione appropriativa non era nel caso configurabile per il fatto, ribadito dalle stesse ricorrenti, che proprio durante il periodo dell’occupazione regolarmente autorizzata del bene il comune ne aveva portato a compimento l’espropriazione con decreto sindacale del 13 febbraio 1987. Ed ha conseguentemente respinto anche l’appello incidentale delle ricorrenti, fondato invece sul presupposto che detta acquisizione fosse avvenuta in modo irregolare, in conseguenza della sua irreversibile trasformazione.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del comune di Livorno in complessivi Euro 10.200,00 di cui Euro 10.000,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2011

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