Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10002 del 15/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10002 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 23081-2013 proposto da:
EDILPUNTO SRL 02493590547, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA MARTIRI
DI BELFIORE N.2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO
STEFANORI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GUGLIELMO CASTALDO giusta procura speciale a margine del
ricorso;

– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRAI E 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

-UL3

Data pubblicazione: 15/05/2015

avverso la sentenza n. 116/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di PERUGIA, depositata il
02/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
La Edilpunto s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro
la sentenza resa dalla CTR Umbria n.116/03/2012, depositata il 2 ottobre 2012.
Il giudice di appello ha respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo
grado che aveva rigettato il ricorso contro l’avviso di accertamento reso nei
confronti della contribuente per la ripresa a tassazione di IVA e IRAP per
l’anno 2004.
Secondo la CTR il provvedimento impugnato non era privo di motivazione,
scaturendo da una lunga fase istruttoria. Aggiunge il giudice di appello che la
contribuente si era limitata a sostenere le proprie ragioni senza doctunentarle,
asserendo che gli atti di compravendita immobiliare relativi ad esercizi
successivi erano già in possesso dell’ufficio. Evidenzia poi che l’Ufficio si era
basato sulle gravi incongruenze fra reddito dichiarato e risultanze degli studi di
settore, supportate dalla fase del contraddittorio.
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce la violazione e
falsa applicazione degli artt_39 e 42 dPR n.600/73, nonchè dell’art.62 sexies
d.l.n.331/93 e dell’art.2697 c.c. Lamenta che le motivazioni esposte dall’ufficio
in sede di contraddittorio per disattendere quanto esposto dalla parte
contribuente erano state acriticamente incluse nell’atto impositivo. Inoltre, la
CTR si era limitata a giustificare la legittimità dell’accertamento sulla base
delle mere risultanze degli studi di settore e conclude nel senso che ai fini della
motivazione dell’atto di accertamento non era sufficiente il rilievo dello
scostamento, occorrendo la dimostrazione dell’applicazione in concreto dello
standard prescelto e delle ragioni con le quali erano state disattese le
contestazioni sollevate dal contribuente.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio già oggetto di dibattito fra le parti. Rappresenta che la
CTR, a differenza del giudice di primo grado che aveva ponderato quanto
dedotto dalla stessa pur ritenendolo irrilevante ai fini dello studio di settore,
non aveva preso in alcuna considerazione la circostanza che nel corso dell’anno
in verifica l’attività della contribuente si era concentrata in un unico cantiere
ove era in costruzione un edificio. Si era così tralasciato di considerare che i
ricavi erano stati insignificanti, poichè gli immobili erano stati venduti negli
esercizi successivi.
L’Agenzia delle entrate, costituitasi, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Ed invero, a parte la commistione di profili che attengono alla violazione
dell’obbligo di motivazione del provvedimento impugnato e alla verifica
Ric. 2013 n. 23081 sez. MT – ud. 18-02-2015
-2-

CONTI.

compiuta dalla CTR in ordine alla sua legittimità, v’è da dire che per stessa
ammissione della società contribuente il provvedimento impugnato, peraltro
non riportato nella sua completezza o anche solo per i tratti rilevanti ai fini di
consentire alla Corte un vaglio concreto rispetto ai vizi dedotti, conteneva
compiutamente i rilievi dell’ufficio in ordine agli elementi addotti a sostegno
dell’illegittimità in fase di contraddittorio. Ciò smentisce l’esistenza del deficit
motivazionale prospettato dalla contribuente. Erra, ancora, la ricorrente nel
sostenere che la CTR aveva giustificato la legittimità dell’avviso sulla sola base
delle risultanze degli studi di settori. La stessa, infatti, tralascia di considerare
che il giudice di appello ha dato atto dell’assenza di elementi documentali
idonei a suffragare le doglianze difensive espresse dalla contribuente — anche
con riguardo ad atti di compravendita asseritamente già in possesso
dell’Ufficio- e della circostanza che le risultanze degli standard erano state
suffragate dalla fase del contraddittorio. Così facendo il giudice di appello si è
pienamente conformato alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il
sistema fondato sugli studi di settore e parametri «…costituisce un sistema di
presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege”
determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in
sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della
normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare
obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale
sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di
contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa
dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica
realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la
motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello
scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in
concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state
disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio,
tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice
tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso
concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal
contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase
del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il
ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al
contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli
assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può
motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”,
dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente,
nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la
mancata risposta all’invito» (Casse sez. un. 26 dicembre 2009, n. 26635).
Parimenti infondato appare il secondo motivo di ricorso.
Erra, infatti, la parte ricorrente nel ritenere che la CTR abbia omesso di
scrutinare gli elementi difensivi che avrebbero dovuto giustificare la limitatezza
dei ricavi nell’anno di esercizio di verifica. Tali elementi, che già la CTP aveva
esaminato ritenendoli indimostrati- e non irrilevanti come affermato a pag.15
del ricorso(v. infatti pag.8 del medesimo in cui è riportato il passo della
decisione di prime cure)- sono stati parimenti considerati non conducenti dalla
CTR perché non asseverati da prova documentale, così come aveva affermato il
Ric. 2013 n. 23081 sez. MT – ucl, 18-02-2015

-3-

:

IMIII1~11111M~

giudice di primo grado.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza della parte ricorrente e si liquidano in favore
dell’Agenzia delle entrate nella misura specificata in dispositivo
PQM
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese
processuali in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidandole in euro 1500,00
per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art.13 comma l quater del
dPR n.115/2002 per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso il 18.2.2015 nella camera di consiglio della sesta sezione civile in

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