Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10001 del 15/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10001 Anno 2015
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 21041-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
SOCIETA’ PROGETTAZIONE COSTRUZIONE STAMPI SRI, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, GROTTAPERFETTA N.396, presso lo studio
dell’avvocato ALBERTO IANNIELLO, che la rappresenta e difende
giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente

Data pubblicazione: 15/05/2015

avverso la sentenza n. 29/52/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 04/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate impugna con ricorso per cassazione, affidato a due
motivi, la sentenza resa dalla CTR della Campania n.29/2013152, depositata il
4.2.2013, con la quale sono stati respinti l’appello principale e quello
incidentale proposti rispettivamente dall’Ufficio e dalla P.C.S. Progettazione
Costruzioni stampi srl nei confronti della pronunzia Peat’ dfilla CTP di Napoli.
Tale ultima decisione aveva ritenuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento
relativo all’anno 2004 a carico della società contribuente senza che fosse stata
verificata l’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli
derivanti dall’applicazione degli studi di settore.
Secondo la CTR la contribuente aveva fornito elementi logici ed
economicamente validi per giustificare gli scostamenti dallo studio di settore
applicabile; siechè risultava “…certamente logico e rispondente a principi di
micro e macroeconomia proteggere la posizione riguardante la domanda ed
offerta dei propri stampi in pvc ed assicurare il mantenimento della situazione
del mercato locale del settore onde assicurare la stabilità dei flussi economici
preferendo non acquistare stampi da terzi e commerciare i propri con il gruppo
di società facenti capo allo stesso nucleo familiare(Campania Resine spa,
Lucania resine spa, Eurofitting srl e Supergronda Vesuviana srl) con ciò
assicurando anche costanza di entrate tributarie all’erario”. Inoltre, prosegue poi
il giudice di appello, non vi erano nell’accertamento presunzioni gravi precise e
concordanti collegate ad una qualche incongruenza tra i ricavi dichiarati. La
CTR ha poi aggiunto che la dedotta antieconomicità appariva”.. .solo una
visione unilaterale dell’Ufficio impegnato nell’affannosa ricerca di nuova
materia imponibile, più che una patologia della contribuente”.
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la nullità della sentenza per
motivazione apparente (art.36 c.2 n.4 d.lgs.n.546/92). La crR, con una
motivazione incomprensibile, aveva giustificato l’antieconomicità dell’attività
di gestione della società sulla base degli acquisti di stampi effettuati presso
altre società del gruppo, senza avvedersi che detti rapporti commerciali
effettuati presso consociate – anche a volerli ritenere provati- non potevano
giustificare l’antieconomicità, semmai consentendo un risparmio di spesa e,
dunque, una gestione più economica ,. ciò che rendeva incomprensibile la
decisione impugnata.
Con il secondo motivo l’Agenzia deduce il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio, rappresentato dall’antieconomicità della gestione. La
CTR aveva sul punto espresso una motivazione incomprensibile, omettendo di
indicare da quale fonte di prova aveva tratto il convincimento che l’acquisto di
stampi era avvenuto esclusivamente all’interno del gruppo di società e che ciò
aveva determinato un’antieconomicità di gestione.
Ric. 2013 n. 21041 sez. MT – ud. 18-02-2015
-2-

CONTI.

Ric. 2013 n. 21041 sez. MT – ud. 18-02-2015
-3-

La società contribuente, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto dello
stesso rilevando l’inammissibilità e infondatezza delle censure.
Le due censure meritano un esame congiunto, attenendo entrambe alla
motivazione del provvedimento impugnato.
Giova premettere che, avuto riguardo all’epoca di pubblicazione della sentenza
impugnata-4.2.2013- deve ritenersi applicabile la novella al n.5 dell’art.360
comma 1 c.p.c. introdotta dall’ar154 d.l.n. 22 giugno 2012 n.83, convertito con
modificazioni dalla Legge 07 agosto 2012 n.134.
Orbene, questa Corte a Sezioni Unite, con la sentenza n.8054 pubblicata il
7.4.2014 — e con la coeva sentn.8053, relativa alla portata operativa del
novellato n.5 dell’art.360 c.1 c.p.c. nonché, ancora più di recente, con la
sentenza n. 19881 del 22 settembre 2014- ha enunciato i seguenti
principi: a) Le disposizioni di cui all’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv. in
legge n. 134 del 2012) si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le
sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e ciò sia per quanto
riguarda la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., sia per quanto
riguarda l’ultimo comma dell’aggiunto art. 348-ter c.p.c.;b) la riformulazione
deil’art. 360, n. 5 c.p.c. — secondo cui è deducibile esclusivamente l’omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
tra le parti” — deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale
del sindacato sulla Motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui
l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene
all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e
prescindendo dal confronto con le risultan7e processuali e si esaurisce, con
esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella manunza
assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione
apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella
motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile; c) il nuovo testo del
n. 5 dell’art. 360 introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne
l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se
esaminato avrebbe determinato un esito diverso della e,ontroversia);d) l’omesso
esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un
fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le
risultanze probatorie;e) la parte ricorrente dovrà indicare — nel rigoroso rispetto
delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma n. 6, e 369, secondo comma,
n. 4, c.p.c. — il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o
extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro
processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la
“decisività” del fatto stesso.
Orbene, facendo applicazione dei superiori principi, non appare ricorrere il
vizio della motivazione apparente dedotto dall’Agenzia.
La sentenza impugnata ha infatti fondato la propria decisione sulla base di tre
argomenti:a) la asserita convenienza della società a rimanere in perdita, non
acquistando stampi da terzi e anzi commerciando detti beni con società facenti
parte dello stesso gruppo; b)l’assenza di presunzioni gravi, precise e

concordanti in ordine all’incongruenza dei ricavi; c) l’irrilevanza del concetto di
antieconomicità sul quale si era basato l’accertamento.
Orbene, al di là della congruità o linearità dei passaggi motivazionali della
sentenza qui esaminata, non è possibile ritenere che la decisione gravata possa
inquadrarsi nell’ambito della c.d. motivazione apparente; ed infatti, tutte le
argomentazioni utilizzate dal giudice di appello erano indirizzate ad inficiare la
correttezza dell’accertamento emesso dall’Ufficio, che la C’TR non ha ritenuto
legittimo sulla base di quanto testè ricordato. La circostanza che taluni degli
argomenti appena ricordati non rispondano a criteri di logica non incide
sull’esistenza stessa di un apparato motivazionale. Pertanto la censura, che
nemmeno ha riguardato l’intera trama argomentativa della decisione impugnata,
è priva di fondamento.
Quanto al secondo motivo, rileva questa Corte che la CTR ha espressamente
esaminato la questione relativa all’antieconomicità sulla quale si era fondato
l’accertamento dell’Ufficio per giustificare lo scosta.mento fra redditi dichiarati
e risultati ricavabili dagli studi di settore, affidandolo a tre diversi argomentidue dei quali(punti b) e c) sopra riportati) nemmeno considerati dalla ricorrente
all’interno della censura-. Ciò rende inammissibile la censura alla stregua dei
principi resi dalle Sezioni Unite e già richiamati a proposito del novellato
art.360 c.1 n.5 c.p.c.
Il ricorso va quindi rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
PQM
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso il 18.2.2015 nella camera di consiglio della sesta sezione civile in

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