Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10000 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. III, 27/04/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 27/04/2010), n.10000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8619/2009 proposto da:

V.G., D.G., G.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TORNIELLI 46, presso lo studio

PROTA, rappresentati e difesi dall’avvocato MALAFRONTE Antonio,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato

BRIGUGLIO Antonio, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GUERRA PIETRO, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/2008 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA,

SEZIONE DISTACCATA di GRAGNANO, depositata il 14/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO SEGRETO;

è presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori: “Il relatore, Cons. Dott. Antonio Segreto, letti gli atti depositati, osserva:

1. Il Tribunale di Torre: Annunziata, sede distaccata di Gragnano, con sentenza n. 127 depositata il 14.3.2008, in riforma di 3 sentenze del giudice di pace di Gragnano, con cui l’Enel distribuzione veniva condannata al risarcimento dei danni patiti rispettivamente da V.G., D.G. e G.G. seguito del black out elettrico verificatosi nella notte tra il (OMISSIS), rigettava le domande per non imputabilità del danno all’Enel Distribuzione e riteneva che il preteso danno esistenziale non fosse risarcibile.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione parte attrice.

Resiste con controricorso l’Enel Distribuzione s.p.a..

2. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1218, 1228, 1372 e 2697 c.c., nonchè il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Assumono i ricorrenti che andava affermata la responsabilità della convenuta, poichè essa a norma dell’art. 1228 c.c., rispondeva anche dei fatti dei propri ausiliari e che nella fattispecie il Gestore della Rete nazionale di trasmissione (a cui era addebitabile la mancata consegna all’Enel distribuzione dell’energia) operava appunto quale ausiliario della convenuta.

3. Il motivo è manifestamente infondato.

Dalla normativa regolante il sistema elettrico nazionale all’epoca dei fatti di causa, e segnatamente dal D.Lgs. n. 79 del 1999, artt. 1, 2, 3, 9 e 13 e dal D.M. Industria 7 luglio 2000, emerge che la trasmissione di energia, attraverso la Rete Nazionale (e perciò fino alle cabine primarie dell’Enel distribuzione) è gestita obbligatoriamente ed in esclusiva dalla GRTN s.p.a. (soggetto del tutto autonomo rispetto ad Enel Distribuzione); che Enel Distribuzione non può procurarsi energia al di fuori della Rete Nazionale. Infatti sono riservati allo Stato ed affidati in concessione, in base ad apposita convenzione, al Gestore della rete, la trasmissione (consistente nel trasporto e nella trasformazione sulla rete interconnessa ad alta tensione) ed il c.d. dispacciamento (consistente nell’attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e nell’esercizio coordinato degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari) dell’energia elettrica (con la conseguenza che le controversie aventi ad oggetto le domande proposte contro il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale s.p.a. per il risarcimento dei danni cagionati dalla interruzione della somministrazione dell’energia elettrica sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo; Cass. S.U. 14/06/2007, n. 13887).

Pertanto la s.p.a. GRTN non può considerarsi ausiliaria della convenuta ex art. 1228 c.c., poichè è un soggetto autonomo ed indipendente da questa e da qualsiasi altro soggetto operante nel settore elettrico ed è posto in posizione di supremazia rispetto a tali soggetti e di monopolista nella gestione della rete di trasmissione, controllando tutti i flussi di energia da chiunque immessa e prelevata sulla rete, senza alcun potere direttivo o di controllo dell’Enel distribuzione nei confronti di GRTN. Infatti non tutti i soggetti della cui attività il debitore si avvalga per l’adempimento della propria obbligazione sono suoi ausiliari nei termini indicati dall’art. 1228 c.c.. Possono considerarsi tali tutti e soltanto coloro che agiscono su incarico del debitore ed il cui operato sia assoggettato ai suoi poteri direttivi e di controllo, a prescindere dalla natura giuridica del rapporto intercorrente tra loro ed il debitore medesimo, ovvero allorchè sussista un collegamento tra l’attività del preteso ausiliario e l’organizzazione aziendale del debito della prestazione (cfr. Cass. 14/06/2007, n. 13953).

Inoltre la s.p.a. GRTN non può essere considerato ausiliaria dell’Enel Distribuzione in quanto non è stato liberamente scelta dall’Enel Distribuzione per la trasmissione di energia, ma è posta in posizione di monopolista, per cui ad essa l’Enel distribuzione doveva necessariamente rivolgersi per la trasmissione dell’energia da distribuire agli utenti.

4. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 2059 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio motivazionale della sentenza a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il giudice di appello liquidato il danno, che, sia pure definito esistenziale, coincideva con il diritto costituzionalmente garantito di non vedersi privato per 15 ore di black out della possibilità di attendere alle normali attività realizzatrici della persona umana.

5. Il motivo è manifestamente infondato.

Come statuito da Cass. S.U. 11.11.2008, n. 26972, non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di “danno esistenziale”, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. – anche quando non sussiste un fatto-reato, nè ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni: (a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 cod. civ., giacchè qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile); (b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); (c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità.

Nella fattispecie i ricorrenti si riferiscono ad una generica impossibilità di attendere alla normale attività realizzatrice della persona umana, senza indicare (e poi provare) quale fosse lo specifico diritto inviolabile costituzionalmente garantito, leso in modo serio”.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve, perciò, essere rigettato; che le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dalla resistente e liquidate in complessivi Euro 400,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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