Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10000 del 20/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 20/04/2017, (ud. 08/03/2017, dep.20/04/2017),  n. 10000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1802-2013 proposto da:

S.A. (OMISSIS), SA.AS. (OMISSIS), S.P.

(OMISSIS), S.L. (OMISSIS), S.R. (OMISSIS),

S.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI

51, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CARDI, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIUSEPPE CRISTIANI;

– ricorrenti –

nonchè contro

S.G., L.G. quest’ultima difesa dagli Avv.ti

FORLLANO Raffaelle e FRAGOMENI Alfonso;

– intimati –

avverso la sentenza n. 135/2012 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 10/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato CARDI Marcello, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato CRISTIANI Giuseppe difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte d’Appello di Potenza, con sentenza 10.5.2012, in accoglimento del gravame proposto da S.G. e L.G. nei confronti di Sa.Ga. (in proprio e quale erede di D.S.M.) ha respinto, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda da questi ultimi proposta, tendente alla rimozione di una canna fumaria fonte di intollerabili immissioni di fumo.

Per giungere a tale soluzione, la Corte lucana ha osservato che gli attori avevano sopraelevato a distanza di appena 80 cm dal contiguo fabbricato dei convenuti e pertanto tale illegittima attività edificatoria aveva determinato le lamentate immissioni, posto che in precedenza la canna fumaria si trovava in posizione sopraelevata rispetto al fabbricato degli attori. Ha poi rilevato che il superamento della normale tollerabilità delle immissioni ai sensi dell’art. 844 c.c., era frutto di una valutazione molto empirica derivante solo dall’annerimento della parete del fabbricato prospiciente la canna fumaria, senza alcuna verifica tecnica nel corso delle operazioni peritali ed ha ritenuto superfluo disporre un supplemento di indagini, non avendo gli attori fornito la prova.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi di Sa.Ga. (anch’egli deceduto nelle more del giudizio di merito), sulla base di un’unica censura.

L.G. (in proprio e quale erede del coniuge S.G. (anch’esso frattanto deceduto) si è costituita al fine di svolgere la discussione orale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo si deduce, omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, rimproverandosi alla Corte d’Appello di avere errato nel ravvisare un concorso degli attori nella determinazione dei danni, perchè il proprietario che costruisce in violazione delle norme sullo ius aedificandi, lo espone da un lato alle sanzioni previste dalla legge, ma non lo priva della tutela apprestata dall’ordinamento a favore della proprietà. Altra critica riguarda il passaggio della sentenza che ha ritenuto “molto empirica” la valutazione della intollerabilità effettuata dal CTU, senza prima procedere ad una eventuale rinnovazione delle operazioni. Si ribadisce inoltre la dannosità delle immissioni anche per la salute.

Il ricorso è infondato.

Come ripetutamente affermato da questa Corte, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012 Rv. 621882; Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006 Rv. 590852).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata si regge su due rationes decidendi, ciascuna del tutto sufficiente a sorreggere la decisione: una su una sorta di concorso di colpa del danneggiato (autore dell’illegittima sopraelevazione) e l’altra, addirittura assorbente, sulla mancanza di prova in ordine all’avvenuto superamento della normale tollerabilità delle immissioni, posto l’accertamento del consulente (basato soltanto sull’annerimento della parete) si era rivelato empirico e l’appellato aveva omesso di depositare il fascicolo del giudizio di primo grado, impedendo così alla Corte d’Appello di esaminare la documentazione che sarebbe stata esibita in Tribunale a sostegno dell’esistenza di immissioni nocive. L’obiettiva insussistenza del diritto rendeva – ad avviso della Corte di merito – superfluo un accertamento supplementare.

Quest’ultima ratio, fondata sul mancato assolvimento dell’onere probatorio e sulla superfluità di un supplemento di perizia appare giuridicamente corretta e logicamente coerente e dunque si sottrae alla critica dei ricorrenti, i quali non si confrontano nè con la regola generale dell’onere probatorio a carico di chi agisce (art. 2697 c.c.), nè il principio, anch’esso generalmente affermato in giurisprudenza, secondo cui rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 27247 del 14/11/2008 Rv. 605391; Sez. 3, Sentenza n. 15666 del 15/07/2011 (Rv. 619230).

Perde così ogni rilievo la critica rivolta contro l’altra ratio (fondata sul concorso di colpa del vicino che abbia edificato a distanza illegale) peraltro neppure puntualmente censurata (perchè per far valere l’inapplicabilità di tale principio – richiamandosi la Sentenza n. 420 del 18/01/1984 Rv. 432638 che il Collegio certamente non ignora – occorreva denunziare innanzitutto la violazione e falsa applicazione dell’art. 844 c.c., e non limitarsi a censurare la motivazione sotto il profilo dell’omissione, insufficienza e contraddittorietà, come ben sottolineato dal Procuratore Generale in udienza).

In conclusione, il ricorso va respinto senza alcuna pronuncia sulle spese, considerato il mancato espletamento di attività difensiva della parte intimata.

PQM

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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