Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 754 del 26/11/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 754 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: GARRIBBA TITO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GIANNATTASIO GIUSEPPE N. IL 11/04/1983
avverso la sentenza n. 11585/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TITO GARRIBBA;
Data Udienza: 26/11/2014
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1.
GIANNATTASIO Giuseppe ricorre contro la sentenza d’appello
specificata in epigrafe, che confermava la di lui condanna per i reati previsti dagli artt.
337 e 385 cod. pen., e denuncia mancanza di motivazione in ordine all’affermazione di
colpevolezza:
1.
per il reato di cui all’art. 385 cod.pen., assumendo che l’essersi allontanato dal-
2.
per il reato di cui all’art. 337 cod.pen., assumendo che il reato non si sarebbe
perfezionato perché gli atti violenti non impedirono il compimento dell’atto di
ufficio.
§2.
I motivi di ricorso sono, da un lato, manifestamente infondati,
perché la sentenza impugnata fornisce un’adeguata e logica giustificazione delle ragioni della decisione e, dall’altro, non consentiti dalla legge, perché si limitano a proporre
una diversa valutazione delle risultanze processuali senza evidenziare in seno alle argomentazioni sviluppate in sentenza alcuna palese illogicità.
In particolare si osserva:
– che il reato di evasione non è a dolo specifico, essendo sufficiente, per la sussistenza dell’elemento soggettivo, la consapevolezza e volontà del reo di allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, senza che abbia rilevanza l’ampiezza della distanza frapposta tra sé e il domicilio designato come luogo di
esecuzione della misura o la durata del tempo in cui si consuma la sottrazione alla misura medesima;
– che il reato di resistenza a pubblico ufficiale si atteggia come reato di azione e non
di evento, per cui, per la sua consumazione, non è necessario che la violenza o minaccia realizzino il fine che l’agente si è proposto di raggiungere.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606,
comma 3, cod.proc.pen. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 novembre 2014.
l’abitazione di pochi metri e per pochi minuti dimostrerebbe l’assenza del dolo;