Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18907 del 10/04/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18907 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. A.A.
2. B.B.
avverso l’ordinanza del 18/10/2012 del Tribunale di Roma;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona della dott.ssa Maria Giuseppina
Fodaroni che ha concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Angelo Staniscia che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
FATTO
1. Con ordinanza in data 18/10/2012, il tribunale di Roma
confermava l’ordinanza con la quale, in data 24/09/2012, il giudice per
le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, aveva
applicato a A.A. e B.B. la misura della custodia
cautelare in carcere (successivamente sostituita con quella degli arresti
domiciliari a seguito di ordinanza del 09/10/2012: cfr pag. 11 ordinanza
impugnata) per il reato di cui all’art. 416 cod. pen. finalizzata alla
consumazione dei reati di truffa.
Data Udienza: 10/04/2013
2. Avverso la suddetta ordinanza, entrambi gli indagati, a mezzo
del comune difensore, hanno proposto un unico ricorso per cassazione
deducendo
OMESSA MOTIVAZIONE
in ordine alle doglianze dedotte con le
colpevolezza in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 416 cod.
pen.
I ricorrenti, infatti, sostengono che, nella memoria difensiva,
avevano rilevato che: a) i benefit erano stati corrisposti a chiunque ne
avesse conseguito il diritto; b) i querelanti insoddisfatti rappresentavano
una percentuale marginale (intorno allo 0,9%) rispetto alle migliaia di
persone che avevano conseguito il diritto a ricevere i vari benefit; c) le
somme non corrisposte costituivano una modesta percentuale (meno
del 4%) rispetto al fatturato; d) l’ipotesi associativa era venuta a
cessare a seguito della venuta meno nel luglio del 2011, del numero
minimo di soggetti coinvolti.
DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
A pag. 5 ss, il Tribunale, innanzitutto, evidenzia gli elementi
indiziari dei reati fine ossia della truffa: il compendio probatorio è stato
correttamente valutato ed integra sicuramente gli estremi dei gravi
indizi di colpevolezza per i reati fine: su di che, nel presente ricorso gli
stessi ricorrenti, nulla hanno dedotto essendosi limitati a contestare la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato
associativo.
Sul punto, a pag. 7, il Tribunale, parla di una «struttura dedita alla
commissione di una serie di fatti inquadrabili sotto la fattispecie
delineata dall’art. 640 cod. pen.» avendo gli indagati «ricreato una tipica
struttura piramidale configurata secondo lo schema della cd Catena di
Sant’Antonio
A pag. 8, il Tribunale rileva che «il complesso delle operazioni di
carattere truffaldino messe in atto secondo le suddette modalità appare
quali essi avevano evidenziato l’insussistenza dei gravi indizi di
idoneo a riverberarsi in riferimento alla valutazione dei gravi indizi di
colpevolezza in ordine al delitto previsto dall’art. 416 cod. pen. [..] nel
caso di specie, proprio la particolare tipologia dei reati fine e le modalità
e la continuità temporale con cui gli stessi sono stati posti in essere,
organizzata volta alla commissione di un numero indeterminato di fatti
offensivi del patrimonio [4» e che denota «il carattere stabile della
struttura medesima».
Il tribunale, poi, a pag. 10, individua il ruolo svolto dagli indagati
nella suddetta associazione:
«il B.B. si identifica nell’elemento
“operativo” di maggiore spicco dell’organizzazione […] mentre il A.A.
risulta costantemente identificato come il vero
leader dell’intera
organizzazione […P.
Alla stregua dei suddetti elementi fattuali, quindi, la censura deve
ritenersi infondata in quanto il Tribunale, ha identificato il ruolo svolto
dai singoli ricorrenti nella struttura associativa ed ha chiarito, alla
stregua della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, le ragioni
fattuali per le quali l’associazione avesse una struttura stabile avente il
fine della commissione di una serie indeterminata di truffe.
Le doglianze dei ricorrenti, poi – in quanto attengono più che altro
alla configurabilità dei singoli reati fine – sono infondate, in quanto, nel
presente ricorso si discute del reato associativo e non delle singole
truffe.
Infine, è irrilevante che il tribunale abbia individuato il ruolo
nell’associazione dei soli due ricorrenti.
Infatti, come si desume dall’ordinanza applicativa della misura
cautelare, indagati per il reato associativo sono, oltre che i ricorrenti,
anche tali Cuzzoli e Bruscia.
La circostanza che la misura cautelare sia stata revocata nei
confronti di questi ultimi due indagati, non implica, di per sé, che il
reato associativo sia venuto meno: sul punto, infatti, gli stessi ricorrenti
non indicano per quali motivi la misura cautelare è stata revocata,
rendendo, quindi, il ricorso, sul punto, generico.
appaiono elementi idonei a comprovare la sussistenza di una struttura
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato con conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
RIGETTA
CONDANNA
I ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 10/04/2013
IL PRESIDENTE
(Dott. Giro Pe
il ricorso e