Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6797 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 02/03/2022), n.6797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8453-2020 proposto da:

C.D., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO GIAMPA’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PRESSO LA PREFETTURA

– U.T.G. DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1651/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 02/09/2019 R.G.N. 2206/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2022 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1651 del 2019, ha respinto il gravame proposto dal richiedente in epigrafe indicato, cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede che confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato nonché della protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Come si legge nella gravata pronuncia, il ricorrente aveva dichiarato di avere lasciato il proprio paese specificando che nel Mali lavorava e aveva una famiglia (madre, moglie, figlio); che un giorno, precisamente il 22 marzo del 2012, arrivato a casa, vide le strade per Bamako bloccate dai militari; non avendo trovato la madre e la moglie, i cui corpi successivamente vide presso l’Ospedale ed essendo rimasto da solo, lasciò il figlio dai parenti della moglie e decise di lasciare il Paese.

3. La Corte di appello, a sostegno della propria decisione, premesso che non aveva ritenuto procedere ad una nuova audizione del richiedente perché non necessaria, ha rilevato che la situazione che lo aveva indotto a lasciare il Mali non era inquadrabile in alcuna di quelle che, in base alla normativa, giustificavano il riconoscimento della protezione internazionale, in nessuna delle forme previste. Per i giudici di seconde cure non sussistevano, pertanto, i presupposti né per il riconoscimento dello status di rifugiato, né quelli per la protezione sussidiaria, non essendovi il rischio di torture e/o altre forme di maltrattamento, né una situazione di violenza indiscriminata nella regione di residenza, con concreto pericolo di danno grave per il richiedente; in ordine alla richiesta di protezione umanitaria, i giudici di seconde cure hanno sottolineato che non risultava allegata la sussistenza di una emergenza sanitaria o alimentare nel paese di provenienza tale da non offrire alcuna garanzia di vita in caso di rimpatrio.

4. Avverso tale sentenza il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonché degli artt. 10-16 della direttiva 2013/32/UE, già direttiva 2005/85/CE, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 14 e 27 per omessa audizione del ricorrente. Deduce che erroneamente la Corte di merito aveva deciso di non disporre la nuova audizione di esso richiedente, venendo meno al suo dovere di cooperazione rispetto ad un racconto che aveva ritenuto generico.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7,14 e 17, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la Corte di merito, ai fini della valutazione della protezione sussidiaria, aveva consultato fonti generiche e prive di riferimento temporale mentre l’accertamento sulla situazione del Mali avrebbe dovuto essere aggiornato al momento della decisione.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, degli artt. 2, 8 e 14 CEDU, nonché degli artt. 2 e 10 Cost. nonché dell’art. 112 c.p.c., art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.. Obietta che la Corte di merito non aveva reso in alcuna considerazione la situazione personale di esso richiedente che aveva dichiarato, in sede di audizione, di avere perso tutta la famiglia negli scontri in Bamako avvenuti nel 2012, di essersi sposato in Libia con l’attuale moglie con la quale aveva poi raggiunto l’Italia e dove lavorava.

5. Il primo motivo è infondato.

6. Invero, il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (cfr. Cass. n. 25312 del 2020).

7. Nel caso in esame, invece, nella censura non è precisato quale specifico fatto il ricorrente avrebbe voluto chiarire (cfr. anche Cass. 21584/2020 sulla necessità di nuove circostanze da addurre) in sede di nuova audizione, tale da rendere necessario un nuovo colloquio, di talché la doglianza non è meritevole di accoglimento.

8. Il secondo motivo e’, invece, fondato.

9. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) è dovere del giudice verificare avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

10. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

11. E’, quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.

12. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).

13. In modo estremamente sintetico, può quindi affermarsi che il giudice deve indicare, in modo specifico e dettagliato, fonti che abbiano un certo grado di credibilità e che facciano riferimento ad una situazione sociopolitica aggiornata del Paese di origine del richiedente.

14. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che del D.Lgs. n. 251 del 2007, l’art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, l’art. 8 pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

15. Nella fattispecie, la Corte territoriale ha escluso che nella regione di provenienza del Mali vi fosse una situazione di violenza indiscriminata, con concreto pericolo di danno grave per il richiedente, senza citare alcuna fonte specifica e aggiornata e pur dando atto, da pag. 13 e a 16 della motivazione, di una serie di eventi terroristici e di guerra in cui erano rimasti coinvolti civili e militari.

16. In presenza di tale contraddittorio quadro, un accertamento specifico sulle fonti aggiornate ed accreditate si dimostrava ancora più indispensabile atteso poi che per il Mali, già da semplici notizie di cronaca, risulta che il paese stia attraversando un momento di grande instabilità e violenza generalizzata, se non addirittura di guerra civile, visto che il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatti notori) ammissibile nel processo civile ordinario lo è a maggior ragione nelle controversie in materia di protezione internazionale (Cass. n. 13940/2020).

17. La censura e’, pertanto, meritevole di accoglimento.

18. Anche il terzo motivo è fondato.

19. La vicenda narrata, riguardante la perdita della madre e della moglie a seguito di scontri armati, rappresenta, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, uno degli elementi che devono essere considerati nell’apprezzamento circa la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, atteso che la perdita di familiari in modo sanguinoso e violento si risolve in una condizione idonea a dimostrare, da un lato, una peculiare fragilità e, dall’altro, un indice da parametrare (cfr. Cass. n. 24413/2021) con altri, quali per esempio, nel caso in esame, l’integrazione sociale raggiunta dal richiedente attraverso l’espletamento di attività lavorativa, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

20. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo, rigettato il primo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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