Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6696 del 01/03/2022
Cassazione civile sez. I, 01/03/2022, (ud. 02/12/2021, dep. 01/03/2022), n.6696
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26610/2020 proposto da:
E.V., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato D.C.M., giusta procura speciale allegata
al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il
10/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/12/2021 dal consigliere Dott. Paola Vella.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Venezia ha rigettato il ricorso del cittadino (OMISSIS) E.V., nato a (OMISSIS) ((OMISSIS)) il (OMISSIS), il quale aveva invocato la protezione internazionale, o in subordine umanitaria, narrando di aver lasciato la (OMISSIS) “poiché perseguitato per motivi di orientamento sessuale” – in particolare (come si legge a pag. 2 del ricorso) “a causa di un’accusa di omicidio di un ragazzo omosessuale fatta ricadere su di lui e, perché, considerato egli stesso omosessuale, pur non essendo tale” – e di temere, in caso di rimpatrio, “di essere messo in prigione”.
1.1. Il tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del ricorrente, perché poco verosimile e caratterizzato da contraddizioni non compatibili con il livello di istruzione dichiarato (ingegneria informatica), oltre che per le incongruenze riscontrate nel documento n. 14 dimesso dal ricorrente (rapporto di polizia asseritamente relativo alla vicenda narrata); ha poi ritenuto insussistenti i presupposti della protezione internazionale, anche alla luce delle C.O.I. raccolte, qualificate e aggiornate; ha infine rilevato, sotto il profilo della protezione umanitaria, il difetto di vulnerabilità (stante la genericità delle vicende narrate relative alla Libia e la mancata documentazione “di postumi sull’integrità fisica o psichica derivanti da quanto asseritamente accaduto”) e di un adeguato livello di integrazione sociale in Italia, a fronte di “attività lavorativa reperita soltanto ad ottobre 2019 che consente di percepire una retribuzione di importo non sufficiente per il raggiungimento di un grado di autonomia”.
2. E.V. ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale, senza svolgere difese.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
2.1. Con il primo motivo, sul mancato riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, si deduce la violazione degli artt. 1, lett. a), p.to 2, Convenzione di Ginevra; D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8 e art. 3, comma 3; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8; nonché “mancanza o apparenza della motivazione” e “nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,113,156 c.p.c.; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27”, poiché: i) il ricorrente in caso di rimpatrio “verrebbe sicuramente ucciso viste le accuse che pendono su di lui”; ii) “e’ indiscussa la credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente, a differenza di quanto evidenziato nel decreto di rigetto, il quale ha descritto esattamente la dinamica dell’episodio che ha segnato la sua esistenza, le accuse che pendono sul suo capo, i rischi che correrebbe se rimpatriato”; iii) vanno considerate “la situazione generale del paese di provenienza e le leggi ivi vigenti per coloro che sono accusati di omicidio e peggio ancora individuati come omosessuali”.
2.2. Il secondo mezzo, sul mancato riconoscimento della protezione umanitaria, lamenta la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008”, in quanto “il ricorrente da quando è sbarcato in Italia ha cercato di integrarsi partecipando a corsi di lingua e specializzandosi nel mestiere di posatore fino a trovare un impiego lavorativo”.
3. In via pregiudiziale si rileva che le Sezioni Unite di questa Corte si sono pronunciate sul disposto del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, – nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” – stabilendo che tale disposizione richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, sanzionando con una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso” la mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Secondo le stesse Sezioni unite, tale interpretazione della portata precettiva della norma risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (Cass. Sez. U., 01/06/2021, n. 15177).
3.1. Di conseguenza, il difensore è tenuto a certificare espressamente la posteriorità della data di rilascio della procura rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, eventualmente anche con la stessa sottoscrizione riferita all’autenticità della firma del ricorrente. Al contrario, nel caso di specie la sottoscrizione del difensore è inequivocabilmente riferita alla sola autenticazione della firma del conferente, non anche alla certificazione della data ivi apposta.
4. Il suddetto rilievo assorbe la palese inammissibilità dei motivi, in quanto del tutto generici ed afferenti il merito della decisione, adeguatamente motivata dal giudice a quo.
5. Nulla sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.
6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez.U, 23535/2019 e 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022