Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6462 del 28/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 28/02/2022), n.6462
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14321-2021 proposto da:
E.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANDREA CANNATA, con procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto n. cronol. 3362/2021 del TRIBUNALE di NAPOLI,
depositato il 23/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO
CAIAZZO.
Fatto
RILEVATO
che:
E.J., cittadino della Nigeria, ha adito il Tribunale di Napoli impugnando il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso, osservando che: il racconto del ricorrente era scarsamente credibile e poco circostanziato, presentando elementi contraddittori e poco plausibili della vicenda già evidenziati nella fase amministrativa; nonostante le richieste di precisazioni della Commissione Territoriale, il ricorrente aveva raccontato in modo estremamente generico ed impreciso la scoperta del suo orientamento di genere; non era plausibile che il ricorrente, in un contesto sociale omofobo fosse andato a convivere con il suo compagno di scuola, con il quale aveva intrapreso una relazione, a casa della famiglia di lui, senza che costoro si accorgessero della loro relazione ed avanzassero alcuna obiezione; era altresì non credibile che l’unica reazione avuta dai vicini in un intero anno di convivenza, quando oramai si erano accorti del loro orientamento sessuale, fosse consistita in sporadici insulti per strada, e che dal 2013, anno in cui iniziava la convivenza con Ev., sino all’agosto 2017, in cui il ricorrente decise di espatriare, pur nel perdurare della relazione con Ev., non avesse mai avuto alcun problema per il suo orientamento di genere; il ricorrente avrebbe dovuto essere presente all’udienza fissata per il libero interrogatorio innanzi al giudice designato per chiarire in dettaglio tutti i fatti posti a sostegno della domanda, e invece non è comparso senza alcun giustificato motivo sottraendosi così al dovere di cooperare nell’allegazione puntuale di tutte le circostanze poste a sostegno della domanda di protezione internazionale; esclusa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), erano altresì da escludere anche i requisiti per la protezione ai sensi del medesimo decreto, art. 14, lett. c), sulla base delle COI consultate e menzionate, nonché i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, commi 1 e 1.1, in considerazione della mancata allegazione di circostanze di particolare vulnerabilità soggettiva e della mancata prova di un significativo grado di integrazione sociale e lavorativa in Italia. Avverso il predetto decreto E.J. ricorre per cassazione con tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.
Diritto
RITENUTO
che:
Il primo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, ed del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, censurando la valutazione negativa sulla credibilità del ricorrente fondata su parametri diversi da quelli normativi, e per non avere il Tribunale calato la vicenda personale nella situazione generale del Paese.
Il secondo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, per aver il Tribunale escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare il mancato rispetto nel paese di origine dei diritti fondamentali e in particolare del diritto alla salute e alla protezione dall’indigenza.
Il terzo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il Tribunale considerato le condizioni di sicurezza, sociali, politiche, ed economiche del Paese di origine, nonché la violazione dei diritti umani.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è del tutto generico, diretto al riesame dei fatti, esprimendo una doglianza non contenente nessi specifici con la fattispecie concreta.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile in quanto generico e non riferito a specifiche condizioni individuali di vulnerabilità del ricorrente.
Il terzo motivo è del pari inammissibile, tendendo al riesame dei fatti in ordine ai presupposti della protezione sussidiaria. Nulla per le spese, considerato che il Ministero non ha depositato il controricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022