Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2721 del 28/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2022, (ud. 26/10/2021, dep. 28/01/2022), n.2721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24712-2020 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA

CORETTI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ANTONINO

SGROI;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 35/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello dell’INPS, confermando la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato non dovuti gli importi pretesi dall’Istituto sul presupposto dell’obbligo di iscrizione di C.A. alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, in relazione all’attività libero professionale svolta nell’anno 2011 quale avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo.

2. La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, ha ritenuto non assolto, da parte dell’Istituto onerato, l’onere di dimostrare che l’appellata nell’anno 2011 avesse esercitato abitualmente l’attività di avvocato. Ha poi rilevato, in relazione al D.L. n. 269 del 2003 cit., art. 44, comma 2, che il reddito prodotto dalla predetta nell’anno in questione era stato inferiore al tetto dei 5.000,00 Euro e che lo stesso non rilevasse quindi ai fini dell’iscrizione alla Gestione separata.

3. Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; C.A. non ha svolto difese.

4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto violazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 -31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con mod. dalla L. n. 111 del 2011, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, mod. dal D.Lgs. n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11 e 22, del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con mod. dalla L. n. 326 del 2003 e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, anche con riferimento all’art. 2697 c.c., per avere i giudici di appello, in ipotesi di avvocato iscritto all’albo ma non alla Cassa Nazionale Forense, in periodi antecedenti alla L. n. 247 del 2012, dichiarato non sussistente l’obbligo di versamento di contribuzione alla gestione separata sul presupposto che in difetto di superamento del limite di reddito (pari ad Euro 5.000,00) indicato dal D.L. n. 269 del 2003 cit., art. 44, comma 2, e del difetto di prova da parte dell’INPS del carattere abituale dell’attività professionale di avvocato, la medesima attività professionale svolta dovesse essere qualificata come occasionale.

6. Il ricorso non può trovare accoglimento.

7. Questa Corte ha affermato che l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; n. 12419 del 2021; n. 12358 del 2021).

8. Dirimente, ai fini dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, deve considerarsi, secondo le sentenze richiamate, il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno; con la precisazione che nell’accertamento in fatto del requisito di abitualità possono rilevare “le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività” oppure, in senso contrario, “la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad Euro 5.000,00”, senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo.

9. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha ritenuto non dimostrato, da parte dell’INPS onerato, il carattere abituale dell’attività professionale.

10. Il motivo di ricorso dell’INPS, fondato sul presupposto per cui l’abitualità costituisce requisito immanente dell’attività professionale di avvocato, si rivela inammissibile in quanto denuncia un errore di diritto con specifico riferimento alle disposizioni che disciplinano l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, là dove l’accertamento della abitualità pone una questione di fatto, veicolabile nei ristretti limiti tracciati da questa S.C. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014).

11. Per le ragioni esposte il ricorso dell’INPS va dichiarato inammissibile.

12. Non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità poiché la controparte è rimasta intimata.

13. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2022

 

 

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