Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2131 del 25/01/2022
Cassazione civile sez. I, 25/01/2022, (ud. 30/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2131
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11145/2016 proposto da:
C.M., M.L., elettivamente domiciliati in
Roma, Via Toscana n. 10, presso lo studio dell’avvocato Rizzo
Antonio, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
Ferretti Roberto, giusta procura in calce all’atto di costituzione
di nuovi difensori;
– ricorrenti –
contro
Ministero della Giustizia;
– intimato –
avverso la sentenza n. 983/2016 del TRIBUNALE di MILANO, pubblicata
il 25/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/11/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
I Giudici di Pace C.M. e M.L. proposero ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento di somme dovute dal 2003 per il C. e dal 2005 per M. a titolo di indennità forfettaria mensile fissa di servizio dovuta ai sensi del D.L. n. 341 del 2000, art. 24 bis, nella loro qualità di Giudice di Pace per rimborso spese di formazione, aggiornamento e servizi generali.
Il Giudice di Pace accolse il ricorso ed emise il decreto ingiuntivo avverso il quale propose opposizione il Ministero della Giustizia. All’esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Giudice di Pace confermò il decreto opposto.
Il Tribunale di Roma pronunciando in grado di appello avverso la sentenza del Giudice di Pace sulla domanda di pagamento avanzata nei confronti del Ministero della Giustizia revocò il decreto ingiuntivo opposto compensando le spese di giudizio.
Avverso la sentenza del Tribunale di Roma hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e memoria.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre precisare che non può essere accolta l’istanza di rinvio di parte ricorrente sebbene risulti depositato agli atti il certificato di morte dell’Avvocato Alessandro Patti unico difensore dei ricorrenti, e ciò in quanto dalla istanza non emerge la data in cui i ricorrenti hanno appreso dell’evento luttuoso ed il Collegio non può pertanto valutare se appare necessario od opportuno il rinvio richiesto.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale di Roma ha escluso il tacito riconoscimento del proprio debito da parte del Ministero nonostante i comportamenti concludenti consistiti nell’aver abbandonato il giudizio di opposizione e nell’aver ammesso la “certa soccombenza”.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 374 del 1991, art. 11, commi 2 e 3, sostituito dal D.L. 20 novembre 2000, n. 341, art. 24 bis, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale di Roma ha escluso il diritto al pagamento di Euro 258,00 al mese a titolo di indennità fissa per prestazioni di giudice di pace in servizio perché relativi al periodo di ferie in cui non teneva udienze.
Occorre premettere che: “E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che disciplinano la posizione del giudice di pace, in relazione agli artt. 3,36 e 97 Cost., non essendo quest’ultimo equiparabile ad un pubblico dipendente, né ad un lavoratore parasubordinato, in quanto la categoria dei funzionari onorari, della quale fa parte, presuppone un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi caratterizzanti l’impiego pubblico, come l’accesso alla carica mediante concorso, l’inserimento nell’apparato amministrativo della P.A., lo svolgimento del rapporto secondo lo statuto apposito per tale impiego, il carattere retributivo del compenso e la durata potenzialmente indeterminata del rapporto. Ne consegue l’impossibilità di parificare le indennità percepite dai giudici onorari (nella specie, per reggenza su due sedi), alla retribuzione e la legittimità della fissazione di un limite massimo annuo all’emolumento, di misura tale da non potersi considerare inadeguato o irrisorio, ai sensi della L. n. 374 del 1991, art. 11, comma 4 ter (cfr. Ordinanza n. 10774 del 05/06/2020; anche 25767 del 14/10/2019).
Ciò posto il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine ad entrambi i motivi.
Quanto al primo motivo infatti i ricorrenti sostengono che il Ministero aveva fatto acquiescenza alla sentenza di primo grado con la conseguente formazione del giudicato.
Il motivo tuttavia è infondato perché il mero fatto del pagamento non vale acquiescenza; le altre circostanze, di cui i ricorrenti lamentano la mancata considerazione sono del tutto irrilevanti poiché attengono a comportamenti posti in essere in relazione ad altri procedimenti o perché di per sé non significativi e addirittura posti in essere prima della pronuncia a cui si sarebbe fatto acquiescenza.
Altrettanto infondato è il secondo motivo di ricorso.
Infatti il D.L. 20 novembre 2000, n. 341, art. 24 bis, limita la corresponsione delle indennità fissa spettante ai sensi del D.L. n. 341 del 2000, art. 24 bis, nella sua qualità di Giudice di Pace per rimborso spese di formazione, aggiornamento e servizi generali a ciascun mese di effettivo servizio.
L’erogazione dell’indennità di cui all’oggetto è quindi riconosciuta solo quando il magistrato onorario è in servizio effettivo il che deve essere inteso che risulta compreso il periodo feriale solo se tiene udienza (18779/2021).
Con riferimento al periodo di sospensione feriale dei termini, l’attività di effettivo servizio, in relazione al quale l’indennità forfettaria ai sensi della L. n. 374 del 1991, art. 11, comma 3, risulta dovuta, non può che identificarsi in quella in cui il singolo magistrato onorario sia chiamato sulla base dei provvedimenti di turnazione, adottati dal coordinatore dell’ufficio, che individui per ciascun appartenente ad esso, i periodi di astensione e di persistente svolgimento delle attività a provvedere alla trattazione di quegli affari penali e civili che, a norma del R.D. n. 12 del 1941, artt. 91 e 92, sono sottratti all’applicazione della disciplina recata dalla L. n. 742 del 1969. Cassazione civile, sez. III, 14/10/2019, n. 25767.
Le esigenze di tutela delle finanze pubbliche e la considerazione delle dimensioni e della complessità dell’articolazione interna della pubblica amministrazione non consente di interpretare estensivamente la norma e pertanto, nello stabilire l’indennità secondo determinate modalità, implicitamente esclude che possa essere legittimamente erogato un compenso per attività non autorizzate dalla legge.
Pacifico deve infatti ritenersi che la determinazione del compenso ai magistrati onorari possa disporsi solo con legge.
La sentenza impugnata non può che essere confermata nel suo dispositivo con rigetto del ricorso. In considerazione della natura della lite e delle ragioni delle parti possono essere compensate le spese di giudizio.
PQM
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 30 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022