Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30054 del 26/10/2021
Cassazione civile sez. VI, 26/10/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 26/10/2021), n.30054
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30304-2019 proposto da:
L.S. & C SAS, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO, 70,
presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMA, rappresentato e difeso
dall’avvocato CARMINE BERNARDO;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI BARANO D’ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VAL D’OSSOLA, 100, presso lo
studio dell’avvocato MARIO PETTORINO, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIUSEPPE DI MEGLIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2124/10/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata l’11/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non
partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI
MAURA.
Fatto
Ritenuto che:
La società S. & C s.a.s. impugnava avanti alla CTP l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Barano d’Ischia avente ad oggetto il mancato pagamento della Tarsu relativo all’anno 2011 per l’importo di Euro 9.678,00.
La CTP di Napoli con sentenza nr. 15059/2017 rigettava il ricorso della contribuente che proponeva gravame avanti alla CTR della Campania.
Con decisione nr. 2124/2019 il giudice di appello rigettava il gravame ritenendo insussistente il dedotto vizio di motivazione del provvedimento oggetto di contestazione.
Rilevava infatti che l’avviso faceva riferimento ad un avviso bonario che risultava notificato al contribuente in data 4.3.2011 mediante consegna a mani del legale rappresentante e che le attestazioni redatte dal pubblico ufficiale facevano fede sino a querela di falso.
Osservava comunque che, anche a voler prescindere da ciò, l’avviso era sufficientemente motivato avendo indicato la natura degli immobili tassati, la superficie e la tariffa applicata con esclusione della violazione del diritto di difesa.
Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria, cui resiste il Comune di Barano d’Ischia con controricorso.
Diritto
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la mancata pronuncia sulla eccezione di errata determinazione del periodo, della tariffa e della superficie.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, e dell’art. 24 Cost, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si critica la motivazione espressa dalla CTR laddove ha ritenuto soddisfatto l’obbligo motivazionale con il richiamo per relationem all’avviso bonario che risultava ritualmente notificato.
Si rileva infatti che la copia di relata della notifica prodotta in giudizio dal Comune risultava alterata rispetto a quella ricevuta dal ricorrente che riportava quale ricevente un soggetto diverso dal legale rappresentante della società ricorrente sicché non era necessario promuovere alcuna querela di falso per contestare la veridicità dell’attestazione dovendo prevalere la copia in mano al contribuente.
Si sostiene che l’avviso di accertamento riportante unicamente la somma dovuta in pagamento si limita a richiamare un avviso di pagamento mai notificato senza indicare i beni, i periodi di occupazione e la superficie.
Il primo motivo è infondato.
Giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di espressa statuizione sul punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto (v., in particolare, Cass. n. 5351 del 2007, che ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame) e che, inoltre, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (v. Cass. n. 10636 del 2007).
Ciò posto nel caso di specie la CTR ha ritenuto che la rituale notifica dell’atto presupposto costituito dall’avviso bonario precludesse al contribuente la possibilità di contestare eventuali vizi dell’originario provvedimento ivi comprese le questioni relative alla non corretta determinazione delle superfici, della tariffa e del periodo, questioni pertanto che, ancorché non espressamente esaminate, devono ritenersi incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito.
Il secondo motivo è inammissibile.
La CTR ha ritenuto che la contestazione circa il difetto di motivazione per rinvio per relationem all’avviso bonario fosse da ritenere infondata stante la notifica del predetto avviso al legale rappresentante della società contribuente certificata dall’attestazione riportata nella relata di notifica dall’Ufficiale giudiziario la cui veridicità può essere contrastata solo con la querela di falso.
Il giudice di appello, indipendentemente dal riferimento nel corpo dell’avviso di accertamento a quello bonario, ha comunque considerato adeguatamente motivato il predetto atto essendo in esso indicati la natura degli immobili tassati, la superficie e la tariffa applicata, escludendo che si potesse considerare in qualche modo leso il diritto di difesa.
La censura nei termini in cui è stata prospettata difetta di decisività, oltre al fatto che si risolve in realtà nella richiesta di rivisitazione dei fatti e delle circostanze ormai definitivamente accertati in sede di merito e che non possono essere messi in discussione se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 2300,00 oltre 15% per spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2021