Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28934 del 19/10/2021

Cassazione civile sez. III, 19/10/2021, (ud. 30/04/2021, dep. 19/10/2021), n.28934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5711/2019 proposto da:

ACQUEDOTTO LUCANO S.P.A., elettivamente domiciliato presso

l’indirizzo telematico di posta elettronica certificata

borea.esterstefaniacertavvocatilagit, rappresentati e difesi

dall’avv.to ESTER STEFANIA BOREA;

– ricorrente –

contro

C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, presso l’avv.to

LUCA PALATUCCI, rappresentato e difeso dall’avv.to ENZO MOLEITIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 425/2018 emessa dal TRIBUNALE DI LAGONEGRO,

depositata in data 18/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/04/2021 dal Consigliere Dott. DELL’UTRI MARCO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con sentenza resa in data 18/12/2018, il Tribunale di Lagonegro ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Acquedotto Lucano s.p.a. avverso la sentenza con la quale il Giudice di pace di Chiaromonte, in accoglimento della domanda proposta da C.N., ha accertato l’insussistenza di alcun debito di quest’ultimo nei confronti dell’Acquedotto Lucano s.p.a. a titolo di corrispettivi per la somministrazione di acqua, non avendo la società somministrante fornito alcuna prova adeguata dell’effettiva entità delle somministrazioni per le quali aveva preteso il pagamento, con la conseguente condanna dell’Acquedotto Lucano s.p.a. alla restituzione, in favore del C., delle somme dallo stesso già corrisposte;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come la società appellante non avesse adeguatamente specificato, nel proprio atto di impugnazione, né i principi regolatori della materia, né la violazione delle norme sul processo, costituzionali o comunitarie, indicate dall’art. 339 c.p.c., comma 3, quali unici vizi invocabili avverso le sentenze del giudice di pace pronunciate, come nel caso di specie, secondo equità, essendosi nell’occasione trattato di una causa dal valore inferiore all’importo di Euro 1.100,00 e non riguardante un contratto concluso secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c.;

avverso la sentenza d’appello, l’Acquedotto Lucano s.p.a. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione, illustrato da successiva memoria;

C.N. resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che, con l’unico motivo di impugnazione proposto, la società ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), in connessione alla violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 1 e 2, e dell’art. 339 c.p.c., comma 3, per avere il giudice a quo erroneamente ritenuto inammissibile l’appello proposto dalla società odierna ricorrente, senza considerare che, attraverso i motivi di appello proposti, era stata dedotta la violazione dei principi regolatori della materia, tanto processuale, quanto sostanziale;

il motivo è parzialmente fondato nei limiti di seguito indicati;

dev’essere preliminarmente rilevata l’infondatezza della censura in esame nella parte in cui si duole dell’erroneità della decisione impugnata in relazione al punto concernente la pretesa avvenuta contestazione, dinanzi al giudice di appello, della violazione dei principi regolatori della materia, quale veicolo di ammissibilità dell’impugnazione della sentenza del giudice di pace emessa ad esito del primo grado del giudizio;

a tale riguardo, a fronte di un unico e isolato precedente di questa Corte (Sez. I, Sentenza n. 15678 del 27/07/2015) – incline a escludere che il giudice d’appello possa dichiarare l’inammissibilità del gravame (sotto il profilo della mancata specificazione del principio regolatore della materia in ipotesi violato), se tale principio regolatore possa ricavarsi in via interpretativa dalla lettura dell’atto d’appello questo Collegio ritiene di far proprio (e di riproporre al fine di assicurarne continuità) il ben più consolidato e nutrito orientamento della giurisprudenza di legittimità che, muovendo dal principio di cui all’art. 342 c.p.c. (là dove impone la necessaria specificità dei motivi di appello), ha escluso che possa ritenersi ammissibile un appello avverso una sentenza del giudice di pace pronunciata secondo equità in cui non siano espressamente specificati i principi regolatori della materia che si assumono violati;

sul punto, questa Corte ha già avuto modo di sottolineare come, in tema di giudizio di equità, i principi informatori della materia non rappresentano una regola di giudizio, ma una limitazione del potere discrezionale nel determinare la regola equitativa del caso concreto, giacché il risultato della scelta operata dal giudice, pur potendo non coincidere con quello raggiunto dal legislatore, dovrà necessariamente rispettare i principi ai quali questi si è ispirato nel disciplinare la materia. Pertanto, il ricorso che denunci la violazione di un principio informatore della materia deve con chiarezza indicare specificamente quale sia il principio violato e come la regola equitativa individuata dal giudice di pace si ponga in contrasto con esso, trattandosi di principi che – non essendo oggettivizzati in norme – devono essere prima individuati da chi ne lamenta la violazione e soltanto successivamente verificati dal giudice di legittimità prima nella loro esistenza e quindi nella loro eventuale violazione (Sez. 2, Sentenza n. 284 del 10/01/2007, Rv. 594488 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 8466 del 09/04/2010, Rv. 612331 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3005 del 11/02/2014, Rv. 629615 – 01; in senso conforme, v. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23333 del 03/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 12735 del 21/06/2016; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7500 del 23/03/2017; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 1932 del 25/01/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 25020 del 09/11/2020;

nella specie, essendo pacifica la mancata espressa e specifica indicazione dei principi regolatori asseritamente violati dal primo giudice, la censura in esame deve ritenersi del tutto priva di fondamento;

dev’essere, viceversa, accolta la doglianza avanzata dalla società ricorrente con riguardo all’omessa considerazione, da parte del giudice d’appello, dell’avvenuta contestazione della violazione, da parte del primo giudice, dei principi sul processo, con particolare riguardo alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c.;

sul punto, varrà considerare come, attraverso la lettura dell’atto d’appello (in questa sede correttamente riproposto in adempimento degli oneri di allegazione alle pagg. 11-21 del ricorso), è possibile riscontrare come, in corrispondenza al secondo motivo di appello (pag. 18 del ricorso per cassazione), l’appellante dedusse effettivamente la violazione delle norme sul processo, e in particolar modo dell’art. 112 c.p.c., deducendo come il primo giudice non avesse emesso alcuna pronuncia sull’eccezione di carenza di interesse e di compensazione ritualmente sollevata dall’odierna ricorrente nella comparsa di risposta depositata in primo grado;

al riguardo, osserva il Collegio come non possa ragionevolmente dubitarsi come l’art. 112 c.p.c. (nella parte in cui impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda e le eccezioni proposte dalle parti, e non oltre i limiti di esse) detti una norma fondamentale sul processo, sì che la denuncia della relativa violazione in sede di appello vale con certezza a soddisfare i requisiti di specificità necessari ai fini dell’ammissibilità del gravame su tale singolo specifico punto;

sulla base di tali premesse, rilevata la parziale fondatezza del ricorso, nei limiti indicati (disattese le restanti censure), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, con il conseguente rinvio al Tribunale di Lagonegro, in persona di altro magistrato, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione e rinvia al Tribunale di Lagonegro, in persona di altro magistrato, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 30 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2021

 

 

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