Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28082 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 14/10/2021), n.28082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTORIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35366-2019 proposto da:

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato ope legis in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V. GERMANICO 172,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1798/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11 /05/ 2021 dal Consigliere Relatore Dott.

ANNALISA DI PAOLANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Roma, adita dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha riformato solo in parte la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva ascolto il ricorso di E.A., dipendente dell’ANAS transitato nei ruoli del Ministero, ed aveva dichiarato il diritto dello stesso a conservare D.L. n. 98 del 2011, ex art. 36, comma 5, il premio di produzione, l’indennità di zona, l’indennità di rischio ed il valore dell’assicurazione sanitaria, da includere nell’assegno personale riassorbibile;

2. la Corte territoriale ha premesso che il legislatore, attraverso il richiamo alle voci fisse e continuative del trattamento economico fondamentale ed accessorio, aveva inteso escludere dalla garanzia della conservazione solo gli emolumenti variabili, discontinui, occasionali ed aveva in tal modo operato un bilanciamento fra gli opposti interessi delle parti, garantendo al lavoratore il mantenimento del reddito certo e ponendo l’ente di destinazione nella condizione di potere predeterminare la spesa derivante dal passaggio di personale;

3. esaminata la contrattazione collettiva applicabile al personale dipendente dell’ANAS ha individuato, nell’ambito della classificazione di cui al CCNL 2002/2005, art. 77, le voci fisse e continuative ed ha, pertanto, ricompreso nella garanzia di conservazione il premio di produzione, l’indennità di rischio e l’indennità di zona, mentre l’ha esclusa quanto al rimborso pasto forfettario, attribuito in aggiunta ai dipendenti destinatari di quest’ultima indennità, ed all’assistenza sanitaria integrativa;

4. ha aggiunto che dette conclusioni trovavano riscontro nella produzione documentale, perché dalle buste paga emergeva che il premio di produzione, l’indennità di rischio e l’indennità di zona erano stati costantemente corrisposti, tanto che l’ANAS aveva incluso gli emolumenti in parola nella retribuzione mensile fissa e continuativa comunicata al Ministero;

4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sulla base di un unico motivo, al quale E.A. ha opposto difese con tempestivo controricorso;

5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso denuncia con un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 36, comma 5, e del CCNL Anas 2002/2005, art. 77, e sostiene, in sintesi, che il premio di produzione, l’indennità di rischio e l’indennità di zona non possono concorrere a formare la base di calcolo dell’assegno personale in quanto inclusi dall’art. 77 nella “retribuzione variabile”;

2. il ricorso è inammissibile perché svolge considerazioni che non si confrontano pienamente con il decisum della sentenza impugnata;

2.1. la Corte territoriale ha interpretato il combinato disposto del D.L. n. 98 del 2011, art. 36, e del CCNL Anas 2002/2005, art. 77, ed ha ritenuto che il legislatore, attraverso il richiamo alle voci fisse e continuative del trattamento economico fondamentale e accessorio, avesse inteso estendere la garanzia della conservazione a quegli emolumenti menzionati dal richiamato art. 77, che presentassero i requisiti della fissità e della continuità, da valutare tenendo conto della disciplina dettata dalle stesse parti collettive per ogni singola voce del trattamento economico;

2.2. l’esegesi del disposto normativo è corretta e condivisibile perché l’art. 36 richiama una distinzione tipica dell’impiego pubblico contrattualizzato (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45) nel cui ambito il trattamento fondamentale è quello diretto a retribuire la prestazione “base” del dipendente, ossia la prestazione corrispondente all’orario ordinario di lavoro e alla professionalità media della qualifica rivestita, mentre quello accessorio si pone in nesso di corrispettività con la performance individuale, con quella organizzativa e con lo svolgimento di attività “particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute” (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis);

2.3. la distinzione fra le componenti non riposa sui requisiti di fissità e continuità in quanto gli stessi, connaturati al trattamento fondamentale, possono ricorrere anche per quelle voci del trattamento accessorio che siano correlate, non al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza;

2.4. ne discende che in tutte quelle fattispecie nelle quali venga in rilievo il principio della irriducibilità della retribuzione non è sufficiente per escludere l’operatività della garanzia che l’emolumento esuli dal trattamento fondamentale, essendo, invece, necessario accertare se la voce retributiva, per il dipendente che invochi il divieto di reformatio in peius, sia certa nell’an e nel quantum;

3. il CCNL Anas 2002/2005, art. 77, nell’individuare la struttura della retribuzione fa riferimento alla “retribuzione fissa” ed alla “retribuzione variabile”, ossia ad una distinzione che, seppure diversamente denominata, evoca quella fra trattamento fondamentale e accessorio richiamata dal legislatore, sicché correttamente la Corte territoriale ha ritenuto non sufficiente la classificazione per escludere la computabilità della singola voce nell’assegno personale, ed ha esaminato la disciplina di ogni emolumento in discussione per accertare se lo stesso, così come accade per il trattamento accessorio, fosse fisso e continuativo in relazione alla posizione ricoperta dal dipendente nell’organizzazione dell’ente;

4. il ricorso, pur denunciando nella rubrica la violazione del D.L. n. 198 del 2011, art. 36, non indica le ragioni per le quali la Corte territoriale avrebbe fornito un’esegesi non corretta della disposizione normativa e, pertanto, è sotto tale aspetto inammissibile posto che nella deduzione del vizio di violazione di legge o di disposizioni di contratto collettivo è onere del ricorrente indicare non solo le norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, svolgere specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 17570 del 2020; Cass. n. 16700 del 2020);

5. quanto, poi, alla denunciata violazione della disciplina contrattuale, il ricorso è parimenti inammissibile atteso che il giudice d’appello, interpretata la normativa di legge nei termini sopra indicati, ha ritenuto non dirimente la classificazione operata dall’art. 77 ed ha desunto il carattere di fissità e continuità dalla disciplina dettata per ogni singola voce retributiva, in relazione alla quale nulla ha dedotto il Ministero;

6. alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

7. non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315 del 2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778 del 2016; Cass. n. 28250 del 2017).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro, 3.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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