Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26420 del 29/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 29/09/2021, (ud. 20/05/2021, dep. 29/09/2021), n.26420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13206-2020 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LIDIA BIANCO SPERONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistenti –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI BRESCIA;

– intimata –

avverso il decreto n. cronol. 1199/2020 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 05/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

RILEVATO

– che con decreto in data 5.3.2020 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale;

– che il tribunale ha ritenuto assolutamente inattendibile il richiedente, di nazionalità bengalese, né esistenti le condizioni D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sulla base di ampia ed attuale documentazione esaminata; né ha riscontrato particolari situazioni di vulnerabilità;

– che avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il soccombente;

– che l’intimato Ministero dell’interno non ha svolto difese,

costituendosi ai soli fini della discussione orale.

Diritto

CONSIDERATO

– che i motivi deducono:

1) violazione e falsa applicazione, con motivazione apparente, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, non avendo il giudice del merito ritenuto il richiedente credibile, onde non gli ha concesso la protezione sussidiaria, senza utilizzare i suoi poteri officiosi;

2) violazione e falsa applicazione, con vizio di motivazione, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in quanto il tribunale non ha concesso la protezione umanitaria, sebbene egli sia persona vulnerabile, sia in attesa di firmare un contratto di lavoro, abbia affrontato un difficile percorso migratorio e svolto un corso di lingua italiana ed attività di volontariato;

– che il tribunale ha ascoltato in udienza l’istante, ritenendo come le dichiarazioni dell’istante non possano ritenersi veritiere, sulla base di una serie di ampie argomentazioni al riguardo, e che esse neppure in astratto integrano i presupposti per la protezione internazionale, dato che non si allega il rischio di fatti di persecuzione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8, né il danno grave di cui al tale testo, art. 14, lett. a) e b); né, del pari, sussistono in concreto le situazioni di cui alla lett. c), nella sua regione di provenienza, il Bangladesh, e che tale assenza di presupposti in relazione all’ultima fattispecie menzionata risulta da ampia documentazione, dal tribunale esaminata; che non vi sono i presupposti della protezione umanitaria, in quanto non risultano violati ivi i diritti umani fondamentali, quale statuto della dignità personale, avendo in loco egli la sua famiglia, avendovi svolto un percorso scolastico sia pur breve e lavorandovi come lavapiatti, mentre nessun lavoro ha in Italia, o ha prospettato altre situazioni di rilievo; onde non vi è la concreta situazione di vulnerabilità cui è sottoposta la concessione della figura;

– che il ricorso si palesa inammissibile;

– che il tribunale ha escluso, sulla base delle stesse allegazioni del richiedente, la sussistenza di ragioni tali da comportare – alla stregua della normativa sulla protezione internazionale – per il richiedente medesimo un pericolo di un grave pregiudizio alla persona, in caso di rientro in Patria, per la vicenda narrata, la quale, neppure è credibile, oltre a porsi al di fuori dai presupposti per l’applicazione della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 (cfr. Cass., 15 febbraio 2018, n. 3758);

– che tali rilievi, motivatamente operati dal giudice del merito, escludono in radice il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);

– che, con riguardo alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28 settembre 2015, n. 19197; Cass., 28 giugno 2018, n. 17069): nel caso concreto, il giudice del merito ha accertato che, sulla base di notizie attinte da siti internazionali aggiornati (EASO-COI), sono assenti situazioni di violenza e di violazioni dei diritti umani nella zona di provenienza dell’istante;

– che, quanto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19 febbraio 2019, n. 4890), la censura è inammissibile, risolvendosi per buona parte in una disamina teorica del regime giuridico di tale forma di protezione, e per il resto nel tentativo di ripetere un giudizio sul fatto, ampiamente esposto e motivato dal tribunale;

– che non occorre provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

 

 

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