Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26212 del 28/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/09/2021, (ud. 15/06/2021, dep. 28/09/2021), n.26212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3592-2016 proposto da:

P.L.C. SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BANCO SPIRITO

42, presso lo studio dell’avvocato GNOSIS FORENSE SRL STUDIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO RONDINONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 421/2015 della COMM. TRIB. REG. BASILICATA,

depositata il 01/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/06/2021 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. La P.L.C. srl in liq. propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 421/2/15 dell’1.7.2015 con la quale la commissione tributaria regionale della Basilicata, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per imposta proporzionale ipotecaria e catastale sull’atto notarile registrato il (OMISSIS) con il quale la società ricorrente e la società immobiliare “La Calamita sr” convenivano di sciogliere, per mutuo dissenso, il precedente atto di scissione societaria fra di esse stipulato e registrato il (OMISSIS), con conseguente ricostituzione in capo alla P.L.C. srl della proprietà di un immobile strumentale sito in (OMISSIS).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:

– lo scioglimento per mutuo dissenso dell’atto di scissione societaria aveva comportato la retrocessione dell’immobile alla società scissa, con conseguente applicazione del D.P.R. n.131 del 1986, art. 28;

– trattandosi di un negozio comportante un nuovo trasferimento immobiliare, anche se uguale e contrario a quello risultante dalla scissione, andava applicata l’imposta ipotecaria e catastale non già in misura fissa ma proporzionale.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

La ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con l’unico articolato motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 86, art. 28, del D.Lgs. n.. 347 del 1990, Tariffa, art. 14, e art. 10. Ciò per avere la Commissione Tributaria Regionale disciplinato la fattispecie sulla base di una norma (il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 28) qui non rilevante perché concernente l’imposta di registro (non oggetto di contestazione) e non l’imposta ipo-catastale. Inoltre, non aveva la Commissione Tributaria Regionale considerato che la risoluzione per “mutuo dissenso” non aveva effetti retro-traslativi dell’immobile, ma soltanto effetti estintivi ovvero ripristinatori dell’assetto patrimoniale iniziale, con conseguente applicazione dell’imposta in misura fissa ai sensi della tariffa citata.

p. 2.2 I motivo è infondato.

In base all’art. 1372 c.c., il contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso o per le cause ammesse dalla legge.

Il mutuo consenso risolutivo, o anche “mutuo dissenso”, presuppone che gli effetti traslativi del contratto non si siano ancora prodotti là dove, nella diversa ipotesi (qui ricorrente) di effetti traslativi già compiuti ed ormai esauriti, non di mutuo dissenso deve parlarsi, quanto di stipulazione tra le stesse parti di un diverso negozio avente effetti uguali e contrari al precedente (c.d. contrarius actus). E’ vero che in tal caso le parti raggiungono lo scopo pratico di ripristinare lo stesso assetto patrimoniale precedente al contratto risolto, ma ciò avviene appunto in forza di una nuova ed autonoma manifestazione di volontà negoziale.

Come già osservato da Cass. n. 18844/12 (con ulteriori richiami: Cass. nn. 683/66, 17503/2005, 18859/2008, 20445/11) il mutuo dissenso costituisce un atto di risoluzione convenzionale (o accordo risolutorio), che rientra nell’autonomia negoziale dei privati, i quali sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio a prescindere dall’esistenza o sopravvenienza di eventuali fatti impeditivi o modificativi dell’originario regolamento di interessi.

Con esso si determina, in sostanza, un caso di ritrattazione bilaterale del contratto con la conclusione di un nuovo negozio uguale e contrario a quello da risolvere, sicché esso integra un contratto del tutto nuovo ed autonomo con il quale le stesse parti estinguono un contratto precedente, liberandosi dal relativo vincolo.

L’accordo risolutorio può concernere anche un contratto ad effetto reale, nel qual caso “si opera un nuovo trasferimento della proprietà al precedente proprietario” (Cass. n. 18844/12 cit., Cass. n. 8878/1990); ed è proprio per questa ragione (nuovo trasferimento) che in tale ipotesi vi è onere della forma scritta ad substantiam ex art. 1350 c.c..

L’indirizzo qui accolto trova costante e coerente conferma giurisprudenziale anche con riguardo all’imposta di registro alla quale l’imposta ipotecaria e catastale per vari aspetti si conforma.

Si è infatti più volte stabilito che anche ai fini dell’imposta di registro (citato art. 28, ancorché questa disposizione non sia direttamente applicabile nella specie) ciò che rileva nel discrimine tra imposizione in misura fissa e proporzionale (salva l’ipotesi, qui non ricorrente, di clausola risolutiva espressa insita nel contratto ovvero risultante da atto stipulato entro il secondo giorno non festivo successivo) è la individuazione nell’accordo risolutorio di un “nuovo passaggio di ricchezza correlato agli effetti ripristinatori e restitutori del mutuo dissenso” (Cass. n. 24506/18; 12015/20). In linea con questo indirizzo, si è inoltre evidenziato come, nel caso di mutuo dissenso, il venir meno degli effetti del contratto precedente non derivi dal sopravvenire di un ‘vizio di funzionamentò del rapporto contrattuale, bensì dalla concorde volontà delle parti autonomamente manifestata, con il risultato che il mutuo dissenso “e’ un nuovo contratto, con contenuto eguale e contrario a quello originario”, per gli effetti citato ex art. 28 (Cass. n. 5745/18; così Cass. n. 15403/17, Cass. n. 4134/15 ed altre).

In questo nuovo contratto risolutorio e nei suoi effetti giuridici (aventi nella specie natura retro-traslativa di un diritto reale) va pertanto individuata un’autonoma espressione di capacità contributiva, come tale tassabile in base alla tariffa propria di tutti i contratti produttivi di tali effetti.

Ne’ rileva che alla retrocessione del bene le parti possano attribuire efficacia ex tunc, dovendosi sempre fare salvi, sul piano civilistico, gli eventuali diritti dei terzi aventi causa e dei creditori che abbiano medio tempore compiuto atti di esecuzione sul bene (Cass. n. 5745/18, n. 15403/17 cit.).

E neppure rileva, infine, che nell’accordo in questione non fosse previsto alcun corrispettivo per la retrocessione risolutoria, dal momento che l’imposta proporzionale colpisce, come detto, la ricchezza trasferita anche indipendentemente dalla pattuizione di un’ulteriore prestazione corrispettiva del ri-trasferimento; non potendosi limitare la prestazione di retrocessione al (solo) corrispettivo eventualmente pattuito a questo specifico titolo.

Nel caso in esame, la risoluzione per mutuo dissenso ha appunto comportato la prestazione di retrocessione della proprietà di un immobile, e come tale essa è stata correttamente dall’ufficio sottoposta a prelievo proporzionale per imposta ipo-catastale, dal momento che quest’ultima si applica appunto in misura proporzionale (D.Lgs. n. 347 del 1990, Tariffa all.) in occasione della trascrizione e voltura di atti comportanti il trasferimento di proprietà di beni immobili ovvero la costituzione od il trasferimento di diritti immobiliari sugli stessi.

Ne deriva il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile riunitasi con modalità da remoto, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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