Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25843 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2021, (ud. 06/05/2021, dep. 23/09/2021), n.25843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25449-2019 proposto da:

SOCIETA’ SEMPLICE AGRICOLA D.S., in persona del legale

rappresentante pro tempore, che ha fuso per incorporazione la ASTRID

SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché

D.S.D., M.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEL BABUINO 48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAOLA,

rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO MASCARO;

– ricorrenti –

contro

P.E., nella qualità di omonimo titolare della ditta

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARINO REDA;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI APRIGLIANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 149/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODI

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.S.A. e Astrid s.r.l. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Cosenza il Comune di Aprigliano chiedendo la condanna alla realizzazione dei lavori necessari per consentire la transitabilità della strada comunale ed, in caso di inerzia, l’autorizzazione degli attori alla relativa esecuzione con addebito dei costi all’amministrazione comunale, nonché la condanna al risarcimento del danno cagionato dalla non transitabilità della sede stradale con mezzi di trasporto carichi. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello l’originaria parte attrice. Con sentenza di data 29 gennaio 2019 la Corte d’appello di Catanzaro rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale, sulla base della disposta CTU, che le opere necessarie per consentire la transitabilità dei moderni autocarri comportavano una vera e propria ristrutturazione del tessuto viario, dovendosi escludere che ricorreva una mancata manutenzione ordinaria, e che piuttosto si era “dinanzi a scelta amministrativa incensurabile operata dal Comune che ha evidentemente evitato di procedere alla realizzazione di opere di straordinaria manutenzione se non addirittura di radicale mutamento delle caratteristiche del tessuto viario”. Aggiunse quindi: “si tratta di considerazioni imposte dalla ventilata necessità di procedere alla apposizione di reti elettrosaldate, canalizzazione delle acque, realizzazione di cunette, posa in opera di platea in cemento. Lavori tutti non sussumibili nella categoria della ordinaria manutenzione, così come peraltro evidenziato dall’importo delle somme eventualmente necessarie alla loro realizzazione”. Concluse nel senso che si era al cospetto di valutazione della PA non censurabile dal giudice ordinario.

Hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo la Società Semplice Agricola D.S., Astrid s.r.l., D.S.D. e M.G. e resiste con controricorso P.E.. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta fondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che l’attività di manutenzione non può essere oggetto di scelte amministrative implicanti l’esercizio di poteri discrezionali e che nella CTU è stato evidenziato che le opere da realizzarsi per la funzionalità della strada non implicano l’ampliamento della sua portata.

Il motivo è manifestamente fondato. L’inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un “facere”, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere”; né è di ostacolo il disposto del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 34 – che devolve al giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia – giacché, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta (Cass. Sez. U. n. 5926 del 2011, n. 9318 del 2019).

Il giudice di merito ha accertato che i lavori richiesti non erano qualificabili, per la loro importanza, come manutenzione ordinaria. La natura di manutenzione straordinaria, sia pure rilevante per impegno di costi e di opere, non fa tuttavia venir meno la funzionalità dell’intervento alla gestione e conservazione del bene appartenente alla pubblica amministrazione, allo scopo di rispettare il precetto del “neminem ledere”. La rilevanza ed imponenza della manutenzione, della quale il privato lamenta l’omissione a tutela del proprio diritto, non vale a spostare la fattispecie nell’orbita dell’esercizio del potere autoritativo, posto che è sempre in questione il rispetto del precetto del “neminem ledere”. Il giudice di merito, collocando i lavori in questione nell’area dell’esercizio della discrezionalità amministrativa in quanto esorbitanti dalla manutenzione ordinaria, ha violato il suddetto principio di diritto.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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