Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25852 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. II, 23/09/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 23/09/2021), n.25852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3668/2019 R.G. proposto da:

C.M.V., c.f. (OMISSIS), C.A.F.M.,

c.f. (OMISSIS), C.A., c.f. (OMISSIS),

C.L.G.F., c.f. (OMISSIS), C.F.M.E., c.f.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in Roma, alla via Sardegna, n.

29, presso lo studio dell’avvocato Chiara Pacifici, che

disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Pietro Giva li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del

ricorso.

– ricorrenti –

contro

G.T., c.f. (OMISSIS), G.E., c.f. (OMISSIS),

rappresentate e difese disgiuntamente e congiuntamente, in virtù di

procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso,

dall’avvocato Enrico Guidi, e dall’avvocato Mario Cordella ed, in

virtù di procura speciale per notar B.M. del 3.12.2020,

dall’avvocato Francesca Cucchiarelli; elettivamente domiciliate in

Roma, alla via Lazio, n. 9, presso lo studio dell’avvocato Francesca

Cucchiarelli.

– controricorrenti –

e

G.G., c.f. (OMISSIS), rappresentata e difesa

disgiuntamente e congiuntamente, in virtù di procura speciale su

foglio allegato in calce al controricorso, dall’avvocato Silvio

Piras, e dall’avvocato Giovanni Sechi; elettivamente domiciliata in

Roma, alla via Lombardia, n. 23/C, presso lo studio dell’avvocato

Enrico Guidi.

– controricorrente –

e

G.C.G.M., c.f. (OMISSIS),

G.V.F.M., c.f. (OMISSIS);

– intimati –

e

G.F.M., c.f. (OMISSIS), G.M.R., c.f.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 451/2018 della Corte d’Appello di Cagliari,

sezione distaccata di Sassari,

udita la relazione nella Camera di consiglio del 4 marzo 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto del 29.7.2009 C.M.V., C.A.F.M., G.F.C.M., G.M.R.A. e G.V.F.M. citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Sassari le cugine G.T., G.E. e G.G..

Esponevano che con atto notar M. del 7.6.2006 la zia, G.F., all’età di 88 anni, aveva donato alle convenute, riservandosi l’usufrutto, la nuda proprietà di un terreno di ingente valore, in agro di (OMISSIS)

Esponevano che la donante, deceduta il (OMISSIS), versava negli ultimi anni di vita in condizioni di grave deficit mentale e fisico; che dunque l’atto era stato compiuto da G.F. in stato di incapacità di intendere e di volere.

Chiedevano pronunciarsi l’annullamento della donazione.

2. Si costituivano G.T., G.E. e G.G.. Instavano per il rigetto dell’avversa domanda.

3. Si costituivano, chiamati in causa, C.A., C.F.M.E. e C.L.G.F., poi estromessi a seguito di rinuncia; veniva dichiarato contumace G.C.G.M..

4. Respinte le istanze istruttorie, disattesa l’istanza di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 152/2014 il tribunale rigettava la domanda.

5. Proponevano appello C.M.V., C.A.F.M., G.F.C.M. e G.M.R.A..

Resisteva G.G..

Resistevano G.T. ed G.E..

Veniva dichiarato contumace G.V.F.M..

Venivano dichiarati contumaci C.A., C.F.M.E., C.L.G.F. e G.C.G.M..

6. Con sentenza n. 451/2018 la Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, rigettava il gravame e condannava gli appellanti alle spese in favore delle parti costituite.

Evidenziava la corte che difettava la prova sia di uno stato di malattia mentale permanente, preesistente al compimento dell’atto, sia di eventuali episodi di infermità psichica, precedenti e successivi alla stipula della donazione, sicché non vi era margine perché operasse la presunzione di incapacità nel periodo intermedio; che al contempo era priva di valore indiziario l’età di G.F. all’epoca della donazione.

Evidenziava altresì che correttamente il tribunale si era avvalso a fini probatori della documentazione sanitaria allegata.

Evidenziava in particolare che la cartella clinica redatta in occasione del primo ricovero della donante, nell’ottobre del 2007, presso l’ospedale civile di (OMISSIS), non solo non dava riscontro di alcuna patologia nero-psichiatrica incidente sulla capacità di intendere e di volere della G., ma neppure riferiva di forme di disorientamento ovvero di stati confusionali.

Evidenziava dunque che la cartella clinica non recava alcun riferimento, neppure nei termini di un mero sospetto diagnostico, a patologie tipo Alzheimer o demenza senile; che del resto di analogo contenuto era la cartella clinica redatta in occasione del successivo ricovero del (OMISSIS).

Evidenziava poi che le risultanze del certificato proveniente dalla r.s.a. del (OMISSIS) e del certificato del (OMISSIS) del medico di base della struttura residenziale, ove si riferiva di un sospetto deficit cognitivo, non avevano peculiare valenza, siccome non avvalorate da indagini specialistiche.

Evidenziava quindi che, a fronte della menzionata documentazione, congruamente il primo giudice non aveva inteso far ricorso all’ausilio di un consulente tecnico.

Evidenziava ulteriormente che elementi deponenti nel senso dell’incapacità non erano desumibili dal contenuto della donazione e le stesse vicende della vita di G.F., quali riflesse nei capitoli di prova testimoniale, lungi dal denotare un sospetto di incapacità, davano ragione dell’autosufficienza della donante e della sua integrità psico-fisica.

Evidenziava in particolare che nessuno degli episodi in ordine ai quali i testimoni erano chiamati a deporre, avrebbe dato ragione, qualora riscontrato, di elementi idonei a suffragare il giudizio di incapacità della donante al tempo della donazione, cosicché ineccepibile doveva reputarsi il giudizio di irrilevanza delle prove testimoniali formulato dal tribunale.

Evidenziava infine che la valutazione operata dal notaio rogante circa la capacità di intendere e di volere della donante, aveva il valore di una testimonianza particolaremente attendibile, siccome supportata da tutte le restanti risultanze di causa ed in special modo dalla documentazione sanitaria.

7. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso C.M.V. ed C.A.F.M. nonché C.A., C.F.M.E. e C.L.G.F., i quali ultimi hanno inteso revocare ogni precedente rinuncia; ne hanno chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

G.T. ed G.E. hanno depositato controricorso; hanno chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

G.G. del pari ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con vittoria delle spese.

Non hanno svolto difese G.C.G.M. e G.V.F.M..

Non hanno svolto difese G.F.C.M. e G.M.R.A..

8. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Hanno depositato memoria le controricorrenti G.T. ed E..

Ha depositato memoria la controricorrente G.G..

9. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio in ordine agli artt. 428 e 2727 c.c. e segg., ed agli artt. 115 e 116 c.p.c..

Deducono che gli elementi di prova indiziaria acquisiti sono senz’altro idonei a dar ragione dell’incapacità naturale di G.F. al tempo della donazione.

10. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 428,2697,2727 c.c. e segg. e degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Deducono che a fronte degli acquisiti elementi di prova indiziaria l’incapacità naturale della donante è chiara ed evidente.

Deducono quindi che la corte di merito ha errato nella loro valutazione, viepiù che è sufficiente che le facoltà intellettive siano solo perturbate.

11. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio in ordine agli artt. 115,116 e 132 c.p.c..

Deducono che ha errato la corte distrettuale a non ammettere, con argomentazioni del tutto illogiche, la prova per testimoni a mezzo, tra gli altri, di P.A., uomo di fiducia della donante, viepiù che la stessa corte d’appello ha reputato rilevante il capitolo di prova n. 30.

Deducono che ha errato la corte distrettuale a non ammettere, merce’ argomentazioni del tutto arbitrarie, la consulenza tecnica d’ufficio, viepiù che si è al cospetto di situazioni rilevabili unicamente mediante cognizioni tecniche e scientifiche.

12. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata con riferimento all’art. 132 c.p.c., per travisamento delle prove.

Deducono che la corte territoriale ha travisato gli esiti probatori con conseguente nullità della sentenza, siccome la motivazione non si conforma al “minimo costituzionale”.

Deducono che la corte territoriale indebitamente ha utilizzato l’atto di donazione come prova fondamentale e decisiva, allorché ha attribuito valore di testimonianza alle valutazioni del notaio rogante.

13. I rilievi, che la delibazione dei motivi di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea degli esperiti mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

14. Le denunce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, veicolate dal primo e dal terzo motivo di ricorso, sono senza dubbio precluse.

Invero il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2014.

Altresì la statuizione di seconde cure ha integralmente confermato la statuizione di prime cure (“in conclusione, la decisione del Tribunale è corretta e merita piena conferma”: così sentenza d’appello, pag. 11).

Conseguentemente si applica, ratione temporis, al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860). Ben vero, in ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).

15. Allorché assumono, precipuamente con il primo ed il secondo motivo, che gli elementi di prova raccolti depongono in via presuntiva nel senso dell’incapacità naturale della donante (“ritengono i ricorrenti (…) che tutte le singole presunzioni e tutti i singoli numerosi elementi probatori siano di per sé idonei a costituire prova (…)”: così ricorso, pag. 19; “(…) di fronte a tali e tante presunzioni (…) l’incapacità della donante appare chiara (…)”: così ricorso, pag. 21; “(la corte) ha valutato del tutto arbitrariamente (…) la rilevanza dell’età della donante senza riferimento (…)”: così ricorso, pag. 17; cfr. memoria dei ricorrenti, pag. 6), i ricorrenti censurano sostanzialmente la valutazione che degli elementi di riscontro indiziario la Corte d’Appello di Sassari ha operato.

16. Vero è che i ricorrenti hanno altresì addotto, specificamente con il primo e con il secondo mezzo, che la corte sassarese non avrebbe atteso alla “necessaria valutazione organica e sintetica” degli elementi di prova presuntiva (cfr. ricorso, pagg. 17, 19 e 22; cfr. memoria, pag. 6).

E tuttavia la Corte di Sassari – così come si è premesso – non solo ha tenuto conto e vagliato, in forma più che pregnante, le risultanze della cartella clinica dell’ottobre del 2007, ma ha pur provveduto a correlarle agli ulteriori esiti probatori, in particolare alle risultanze della cartella clinica relativa al ricovero del (OMISSIS), alle risultanze della certificazione sanitaria proveniente dalla r.s.a. del (OMISSIS) ed alle risultanze del certificato del (OMISSIS) redatto dal medico di base della struttura residenziale.

Vi è stata quindi piena ottemperanza ai parametri di valutazione indicati da questo Giudice (il riferimento è a Cass. (ord.) 12.4.2018, n. 9059).

17. Or dunque, a fronte – sostanzialmente – dell’asserita erronea valutazione degli elementi di riscontro indiziario sovviene l’insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo comunque il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1234).

E nondimeno, pur a tal ultimo riguardo, nel solco, appunto, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è destinata a riproporsi la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

18. Del tutto ingiustificata è la pretesa violazione, veicolata dal primo, dal secondo e dal terzo motivo di ricorso, degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Invero, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

Invero, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

19. E’ innegabile, in ogni caso, che i ricorrenti censurano il giudizio “di fatto” cui la corte distrettuale ha atteso (“il giudice di merito si è dedicato alla confutazione di quasi tutti i singoli elementi presuntivi e probatori indicati dai ricorrenti; ma ciò ha fatto con totale libero arbitrio, omettendo (…)”: così ricorso, pag. 16).

E però, nel solco della (novella) formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” rilevanti alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si scorge nelle motivazioni dell’impugnato dictum.

Segnatamente, con riferimento all'”anomalia” della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte territoriale, viceversa, ha – così come si è anticipato – compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

In pari tempo la corte di merito ha sicuramente disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante la res litigiosa, ovvero lo stato di capacità di intendere e di volere di G.F. al momento della donazione a rogito notar M..

20. D’altronde, antecedentemente alla novella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si reputava spettasse al giudice di merito non solo vagliare l’opportunità del ricorso alle presunzioni, ma pur individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento “di fatto” che, ove adeguatamente motivato, sfuggiva al sindacato di legittimità; e si rilevava che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non potesse limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma dovesse far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario potesse dar luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr. Cass. 11.5.2007, n. 10847).

21. In questa proiezione si rimarca ulteriormente quanto segue.

22. Nessuna contraddizione o illogicità inficia il dictum d’appello in questa sede impugnato.

Tanto, ben vero, a prescindere dal rilievo per cui, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nel caso de quo – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).

23. Del resto i ricorrenti si dolgono per l’erronea, omessa valutazione delle risultanze probatorie (“La Corte ha confutato (ma con molte omissioni) buona parte dei dati sub A1) del fatto, e che, di seguito, si espongono (…)” (così ricorso, pag. 7), ossia che la donante aveva 88 anni, viveva in stato di grave degrado fisico e mentale (..) (cfr. ricorso, pagg. 3 – 4); “nulla la Corte d’Appello ha esposto o considerato sul fatto che l’atto di donazione sia stato stipulato con atto preconfezionato presso l’abitazione della G. da parte di un notaio “cugino” delle beneficiarie (…). Sulla scrittura del 20/10/2007 (…)” (così ricorso, pag. 11)).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

24. Evidentemente, in ossequio ai canoni di specificità e di “autosufficienza” del ricorso per cassazione, quali positivamente sanciti all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, i ricorrenti, onde consentire a questa Corte il compiuto riscontro, il compiuto vaglio dei propri assunti e, segnatamente, la valutazione della rilevanza e decisività degli articoli della prova per testimoni non ammessa, ben avrebbero dovuto riprodurre, nel corpo del ricorso, non già singoli stralci (cfr. ricorso, pagg. 22 e 23) bensì integralmente i medesimi articoli di prova (cfr. Cass. (ord.) 30.7.2010, n. 17915, secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative; Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19985; Cass. 19.3.2007, n. 6440).

25. Comunque, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (cfr. Cass. (ord.) 17.6.2019, n. 16214; Cass. (ord.) 7.3.2017, n. 5654).

26. In questi termini non può che darsi atto di quanto segue.

Da un canto, gli stessi ricorrenti prospettano, al più, una significativa “probabilità” di diverso esito del giudizio in ipotesi di ammissione e di espletamento della prova (cfr. ricorso, pag. 18).

D’altro canto, gli stralci dei capitoli di prova riprodotti in ricorso (alle pagg. 22 – 24) e pur il capitolo n. 30 (“non ho fatto alcuna donazione ma un testamento a favore di tutti i nipoti perché lo ho 12 nipoti che sono tutti uguali (…)”: cfr. ricorso, pag. 23) non appaiono atti ad invalidare, con giudizio di assoluta certezza, l’efficacia degli univoci e concludenti rilievi formulati dalla corte sarda sulla scorta della disamina dell’allegata documentazione sanitaria.

Si tenga conto che i ricorrenti, benché abbiano avuto notizia della donazione, si sono astenuti dall’assumere qualsivoglia iniziativa in epoca immediatamente successiva alla stipula del rogito, così denotando il convincimento della piena capacità della zia sentenza d’appello, pag. 10).

27. Questo Giudice spiega che la consulenza istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (cfr. Cass. 5.7.2007, n. 15219; Cass. 21.4.2010, n. 9461; Cass. (ord.) 13.1.2020, n. 326).

In questi termini, alla luce delle univoche, pregnanti risultanze che la corte distrettuale ha congruamente ed ineccepibilmente desunto alla stregua dell’operata, analitica ed organica, disamina della documentazione sanitaria, non può che reputarsi quanto segue.

Risultano, da un lato, inappuntabili i passaggi motivazionali con i quali la corte di merito ha inteso appieno avallare la determinazione del tribunale di non far luogo alla nomina di un consulente tecnico d’ufficio.

Risultano, dall’altro, in toto ingiustificate la censura di “arbitrarietà” e la censura di carenza ovvero di contraddittorietà della motivazione formulate in proposito dai ricorrenti (cfr. al riguardo, rispettivamente, ricorso, pagg. 24 – 25, memoria dei ricorrenti, pagg. 3 – 5).

28. E’ fuor di luogo infine la denuncia di “travisamento della prova” veicolata dal quarto mezzo di impugnazione.

E’ sufficiente, in parte qua, rinviare all’analitica enunciazione – dapprima operata – dei passaggi motivazionali cui è ancorato l’impugnato dictum.

Al contempo è da escludere certamente che la corte distrettuale abbia fatto assurgere l’atto di donazione a “prova regina” (cfr. ricorso, pag. 30).

La corte distrettuale, viceversa, ha fatto leva essenzialmente sulla cartella clinica dell’ottobre del 2007, al pari del tribunale che, in prime cure, aveva attribuito “un significato probatorio centrale alla cartella clinica redatta in occasione del primo ricovero della G.” (così sentenza d’appello, pag. 7).

D’altra parte, allorché ha attribuito valore di “testimonianza” alla valutazione operata dal notaio rogante in ordine alla capacità di intendere e di volere della donante, la Corte di Sassari ha in tal guisa inteso, propriamente, attribuire valenza indiziaria a quel riscontro, valenza indiziaria viepiù significativa – ha specificato la corte – nel quadro delle concordanti risultanze di causa, segnatamente nel quadro delle concordanti risultanze della documentazione sanitaria.

29. Non si giustificano perciò le prospettazioni, veicolate dal quarto mezzo, secondo cui la corte territoriale, per un verso, non si è avvalsa degli elementi di prova allegati, per altro verso, ha fatto leva su elementi di prova mancanti, “ha utilizzato, a fondamento della motivazione, una prova testimoniale inesistente” (così ricorso, pag. 30).

D’altronde, con precipuo riferimento all’addotta mancata utilizzazione delle “informazioni probatorie fornite” (cfr. ricorso, pag. 30), già nel vigore dell’abrogato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, si spiegava che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare singolarmente le argomentazioni delle parti, essendo sufficiente che, dopo averle vagliate nel complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 10.5.2000, n. 6023).

30. In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare alle controricorrenti G.T., G.E. e G.G. le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispostivo.

G.C.G.M. e G.V.F.M., G.F.C.M. e G.M.R.A. non hanno svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione va pertanto nei loro confronti assunta.

31. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso;

condanna in solido i ricorrenti, C.M.V., C.A.F.M., C.A., C.F.M.E. e C.L.G.F., a rimborsare alle controricorrenti, G.T. ed G.E., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

condanna in solido i ricorrenti, C.M.V., C.A.F.M., C.A., C.F.M.E. e C.L.G.F., a rimborsare alla controricorrente, G.G., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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