Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25489 del 21/09/2021
Cassazione civile sez. II, 21/09/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 21/09/2021), n.25489
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2286-2020 proposto da:
M.A., + ALTRI OMESSI, rappresentati e difesi
dall’avv. MARIA FERRANTE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del ministro pro
tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il
27/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.
Fatto
RITENUTO
che la Corte d’appello di Perugia, per quel che ancora qui rileva, rigettò l’opposizione avanzata da Ma.Ed. e dagli altri opponenti di cui in epigrafe, con il quale i predetti avevano lamentato che la liquidazione delle spese in loro favore effettuata dalla medesima Corte all’esito della fase monitoria, non rispettava il minimo della tabella di cui al D.M. n. 55 del 2014, previsto per i procedimenti ordinari innanzi alla corte d’appello;
che avverso il decreto della Corte locale gli istanti propongono ricorso sulla base di quattro motivi e che il Ministero resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che il primo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano violazione delle tabelle di cui al D.M. citato non merita di essere accolto poiché il Collegio condivide e intende dare continuità all’orientamento assai di recente espresso da questa Corte, secondo il quale la liquidazione delle spese della fase destinata a svolgersi dinanzi al consigliere designato deve avvenire sulla base della tabella n. 8, rubricata “procedimenti monitori”, allegata al D.M. n. 55 del 2014, per quanto si sia al cospetto di un procedimento monitorio destinato a celebrarsi dinanzi alla corte d’appello, con caratteri di “atipicità” rispetto a quello di cui agli artt. 633 c.p.c. e ss., rilevando, ai fini dell’applicazione di tale tabella, oltre che l’identica veste formale – decreto – del provvedimento conclusivo della prima fase di entrambi i procedimenti, anche l’iniziale assenza di contraddittorio e la differita operatività della regola cardine “audiatur et altera pars”, che appieno accomunano il primo sviluppo del procedimento “ex lege” Pinto e l’ordinario procedimento d’ingiunzione (Sez. 2, n. 16512, 31/7/2020, Rv. 658292):
considerato che il secondo motivo, con il quale i ricorrenti deducono che il compenso liquidato (Euro 225,00, oltre esborsi e accessori) viola le tabelle in parola perché fissato al disotto del minimo, è privo di fondamento, in quanto il valore della causa era di Euro 750,00 (questo l’indennizzo riconosciuto per ognuno dei richiedenti) e poiché la citata tabella 8 stabilisce, tenuto conto della fascia di riferimento, la somma di Euro 450,00, riducibili dal giudice fino al 50%, D.M. n. 55, ex art. 4 l’importo liquidato si pone nel minimo, ma non al disotto di esso;
considerato che il terzo e il quarto motivo, con i quali i ricorrenti allegano violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 nonché per omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per non avere il Giudice operato il previsto aumento per ogni soggetto difeso oltre il primo, aumento che la decisione aveva giudicato facoltativo e non doveroso, è inammissibile, dovendosi osservare che la decisione collegiale non riporta una tale doglianza, né i ricorrenti, allegando l’atto, deducono di aver proposto la critica, da ciò conseguendo la novità della critica, avanzata per la prima volta in questa sede; peraltro, gli stessi ricorrenti riferiscono che la Corte d’appello (evidentemente in composizione monocratica) aveva reputato l’aumento non obbligatorio, ma riconoscibile a discrezione del giudice, in sintonia con il contenuto della norma, la quale prescrive “può essere” e non “deve essere”;
considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle attività espletate, in favore dei difensori antistatari davanti a questa Corte.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese anticipate a debito.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021