Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24405 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/09/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 09/09/2021), n.24405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23873-2016 proposto da:

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CASTENASO (BOLOGNA), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI

MONTUSCHI;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

197, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA MASSIMO PIGNONE DEL

CARRETTO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

FABIO BENETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 580/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 31/08/2016 R.G.N. 694/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

F.M. visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito

con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato

conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 580 depositata il 31/8/2016 la Corte di appello di Bologna, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda della Banca di Credito Cooperativo di Castenaso di condanna del Dott. F.G., Direttore della filiale di (OMISSIS), per responsabilità contrattuale assunta nella complessa operazione di finanziamento della compravendita immobiliare stipulata tra Farini 37 s.r.l. e la società Immobiliare Delta s.r.l.

2. La Corte ha, dapprima, riassunto i fatti come esposti dalla Banca: il 26/4/2005 il Cda della Banca aveva deliberato a favore della Farini 37 un’apertura di credito in conto corrente garantita da ipoteca di Euro 2.800.000,00 e un prefinanziamento di Euro 1.500.000.00, prefinanziamento concesso per chiudere una precedente esposizione esistente a carico dell’Immobiliare Delta presso la Banca Antonveneta (di circa 400.000,00 Euro) e per anticipare le prime spese di costruzione di 14 appartamenti da parte dell’acquirente Farini 37 (mentre il mutuo di Euro 2.800.000,00 doveva servire per estinguere il prefinanziamento e consentire il saldo del prezzo di acquisto dell’immobile); il 23/5/2005 il Dott. F. presenziava, in nome e per conto della Banca, alla stipula dell’apertura di credito garantito da ipoteca, e presenziava inoltre alla vendita, nell’ambito della quale fu conferito dalle parti stipulanti (Farini 37 e Immobiliare Delta) un mandato irrevocabile ad eseguire i bonifici ricevuti dalla Farini 37 in parte alla Banca Antonveneta (per l’estinzione del debito della Immobiliare Delta al fine di consentire la cancellazione dell’ipoteca sull’immobile oggetto di compravendita e consentire al Credito Cooperativo l’iscrizione di un’ipoteca di primo grado) e in parte all’Immobiliare Delta (per il saldo di acquisto dell’immobile); il Dott. F. non ha provveduto a informare la Banca del mandato ricevuto né ha provveduto ad eseguire due bonifici, così consentendo alla Farini 37 l’utilizzo per altri fini delle somme confluite sul conto corrente; nel mese di agosto 2005 la Banca si è accorta della mancata estinzione dell’ipoteca a favore della Banca Antonveneta; il 6/9/2005 la Banca ha deliberato di concedere alla Farini 37 un fido temporaneo in conto corrente di Euro 1.500.000,00 finalizzato al pagamento (eseguito l’8/9/2005) del debito dell’Immobiliare Delta verso la Banca Antonveneta per consentire la cancellazione dell’ipoteca; solamente il 28/9/2005 la Banca è venuta a conoscenza del mandato irrevocabile rilasciato al Dott. F. e del mancato pagamento del prezzo a saldo dell’acquisto dell’immobile; il Dott. F., messo di fronte alle sue responsabilità, rassegnò le dimissioni il 29/9/2005; per evitare la risoluzione della compravendita, la Banca fu costretta a rilasciare all’Immobile Delta una fideiussione pari all’importo del prezzo non versato (Euro 1.214.405,61) a garanzia del pagamento della compravendita.

3. La Corte, con riguardo al quadro probatorio acquisito, ha rilevato che: a) la Banca non ha fornito alcuna prova del vincolo di destinazione del prefinanziamento (di Euro 1.500.000,00) all’estinzione del debito dell’Immobiliare Delta verso la Banca Antonveneta ai fini della cancellazione della relativa ipoteca (le delibere del Cda del 26/4/2005 e del Direttore generale, Dott. B., del 29/4/2005 non prevedono alcun vincolo espresso di destinazione fissato al Dott. F., e in tal senso sono i rilievi del CTU nominato in primo grado, CTU che ha rilevato, inoltre, diverse anomalie nell’operazione quali l’inusuale velocità in cui la Farini 37, società neocostituita, ottenne l’affidamento e la deviazione da una prassi consolidata di erogare le somme solo ad avanzamento dei lavori); b) l’esistenza di un “gruppo Boccio” emerge dalla e-mail inviata da Dott. F. al Direttore generale il 28/4/2005; c) da una serie di elementi probatori è emersa l’esclusione di ogni responsabilità del Dott. F. con riguardo alle operazioni di controllo dell’emissione del prefinanziamento e dell’uso delle relative somme (Euro 1.500.000,00 (Ndr: testo originale non comprensibile)), operazione che fu gestita – il 29/4/2005 (giorno in cui il prefinanziamento fu reso disponibile sul conto corrente della società) direttamente dal Dott. B. attraverso specifiche e puntuali disposizioni date e in concreto eseguite dal vice direttore della filiale; in ordine alla conoscenza da parte della Banca del mandato irrevocabile ricevuto dal Dott. F., la Corte territoriale ha ritenuto di non ammettere il capitolo di prova testimoniale all’uopo articolato dalla Banca in quanto inammissibile (contenente una valutazione del teste, generico quanto ai soggetti che dovevano essere messi a conoscenza della circostanza e quanto alle modalità da osservare per consentire la conoscenza) e, per converso, ha ritenuto provato per presunzione la suddetta circostanza in quanto ricavabile logicamente da alcuni dati pacifici acquisiti agli atti ossia la quietanza rilasciata dalla venditrice (Immobiliare Delta) in sede di compravendita proprio in ragione e a fronte del predetto mandato di pagamento, nonché in considerazione della predisposizione da parte della Banca del modulo per il mandato (non essendo emerso alcun elemento indiziario di compilazione abusiva del modulo da parte del Dott. F.); d) la Banca ricevette, in data 28/5/2005, comunicazione dell’avvenuta iscrizione di ipoteca di secondo grado (in ragione dell’ipoteca già iscritta a favore della Banca Antonveneta), in conformità al contenuto della Delib. Direttore generale 29 aprile 2005 ove non era previsto alcun vincolo di destinazione del prefinanziamento; e) la Banca, quando ha fatto affluire – in data 3/6/2005 – l’importo di 2.800.000,00 Euro sul conto corrente della Farini 37 non ha adottato alcuna precauzione perché fosse realizzata la finalità a cui quel finanziamento era destinato (nessun intervento fu adottato dalla Centrale Rischi nonostante la segnalazione di sconfinamento).

4. La Corte territoriale ha sottolineato che, nonostante fosse risultato che il Dott. F. non eseguì il mandato irrevocabile di pagamento” è emersa una evidente discrasia tra il contenuto delle delibere formalmente assunte dalla Banca attraverso il Cda e il Direttore generale e la condotta concretamente tenuta dalla stessa Banca nella gestione di tale complessa operazione di finanziamento, discrasia confermata dalla successiva condotta della Banca (alla quale fu completamente estraneo il Dott. F.) che autorizzò, nel settembre 2005, un ulteriore finanziamento di Euro 1.500.000,00 di cui solamente 400.000,00 utilizzati per chiudere la pendenza con la Banca Antonveneta (e cancellare l’ipoteca di primo grado), mentre l’ingente (e sovrabbondante) somma residua fu utilizzata con emissione di assegni circolari cointestati a tutti i soci della Farini 37, somma – come accertato dal CTU – non riconducibile all’iniziativa immobiliare finanziata (e tale operazione fu seguita direttamente dalla Direzione centrale della Banca). La Corte territoriale ha pertanto concluso che la Banca non aveva provato l’inadempimento del Dott. F. così come contestato allo stesso (ossia comprensivo della compilazione del mandato irrevocabile in maniera diversa da come disposto dei superiori gerarchici e all’oscuro degli stessi) né l’efficienza causale di tale condotta rispetto al danno e soprattutto la sussistenza stessa di un danno patrimoniale, richiesto nell’importo limitato all’ultima trance concessa alla Farini 37 nonostante contestazione di inadempimento risalente alla prima operazione di prefinanziamento. Pur non essendo stato configurato il concorso di una condotta illegittima da parte dei vertici della Banca, la Corte territoriale ha rilevato la carenza di allegazioni e prove specifiche sulla concreta efficacia causale del segmento di condotta eventualmente imputabile al Dott. F. rispetto al preteso danno subito dalla Banca.

5. Per la cassazione della sentenza ricorre la Banca affidandosi a tre motivi di ricorso. Resiste il Dott. F. con controricorso, illustrato da memoria.

6. Il procedimento è regolato dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, secondo cui “Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica a norma dell’art. 374 c.p.c., art. 375 c.p.c., u.c., e art. 379 c.p.c., la corte di cassazione procede in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, salvo che una delle parti o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale”. Ne’ i difensori delle parti, né il Procuratore Generale hanno fatto richiesta di discussione orale.

7. Il P.G. ha rassegnato le proprie conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2104,1218,1453 c.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la mancata esecuzione del mandato irrevocabile conferito dalle parti stipulanti al Dott. F. ha costretto la Banca, per prudenza, a deliberare un ulteriore affidamento alla Farini 37 s.r.l. di Euro 1.500.000,00 (tramite il quale si è provveduto ad estinguere il debito dell’Immobiliare Delta esistente nei confronti della Banca Antonveneta al fine di cancellare l’ipoteca di primo grado iscritta dalla suddetta Banca) ed ha, altresì, costretto la Banca a concedere una fideiussione all’Immobiliare Delta, rimanendo poi escussa dalla stessa (per l’importo di Euro 1.146.938,63) con definitivo accollo del residuo costo dell’operazione immobiliare; che l’ulteriore finanziamento temporaneo, deliberato dalla Banca in data 6/9/2005, è stato utilizzato solo per il pagamento del debito dell’Immobiliare Delta, e nulla si sa in merito all’utilizzo della residua somma di Euro 1.092.306,67 utilizzata per l’emissione di assegni circolari, operazione eseguita materialmente dalla filiale dove il Dott. F. era stato trasferito nell’agosto 2005. La Corte territoriale ha spezzato il nesso di causalità tra gli inadempimenti del Dott. F. e i danni conseguenti sofferti dalla Banca e, inoltre, nell’escludere il concorso del Dott. F. con i vertici della Banca, ha inspiegabilmente escluso anche la responsabilità per inadempimento contrattuale del Dott. F., utilizzando l’assenza di responsabilità solidale dei soggetti inadempienti quale esimente della responsabilità di uno dei soggetti che ha concorso nella produzione dell’illecito e dei danni conseguenti. Diversamente, il Dott. F., senza darsi cura di eseguire il mandato irrevocabile ricevuto (il cui contenuto non era corrispondente alle delibere del CdA e del Direttore generale), non ha provveduto ad eseguire due bonifici, utilizzando gli affidamenti concessi, così consentendo, all’insaputa della Banca, l’utilizzo di quelle somme da parte della Farini 37 s.r.l. per altri fini, senza disporre il blocco delle somme necessarie all’esecuzione del mandato, blocco che avrebbe dovuto disporre a garanzia del pagamento dei due bonifici, anche di fronte ad una direttiva contraria impartita dai vertici aziendali, poiché agli ordini illegittimi non è dovuta alcuna obbedienza.

2. Con il secondo motivo si denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. nonché asserita mancanza della prova dell’esistenza di un danno da risarcire alla Banca (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte territoriale, negato aprioristicamente il diritto risarcimento del danno conseguente alla responsabilità per inadempimento addebitata al Dott. F. e ammessa dallo stesso giudice di merito. Non v’e’ dubbio, invero, che se il Dott. F. avesse adempiuto agli obblighi derivanti dal mandato irrevocabile, il prefinanziamento e il successivo finanziamento (Euro 2.800.000,00) della Farini 37 s.r.l. avrebbero consentito di far fronte alle obbligazioni assunte dalla Banca tramite il mandato irrevocabile formalmente conferito al Dott. F., e la Corte territoriale si è dimenticata di apprezzare il fatto che la Banca è stata costretta a intervenire con ulteriori esborsi finanziari per ottenere, da un lato, la cancellazione dell’ipoteca di primo grado iscritta sul bene oggetto di compravendita a favore della Banca Antonveneta, dall’altro, per evitare che il contratto di compravendita fosse oggetto di un’azione risolutoria promossa dall’Immobiliare Delta in conseguenza del mancato saldo del bene da parte della Farina 37 s.r.l., oltre alla successiva concessione di una fideiussione e all’esborso dell’ulteriore somma residua per l’acquisto dell’immobile.

3. Con il terzo motivo si denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e art. 2697 c.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte territoriale, negato l’ammissione della prova testimoniale articolata dalla Banca in primo e in secondo grado. In particolare, la mancata ammissione del capitolo 6 articolato dalla Banca e lesiva del diritto di difesa in quanto il capitolo non conteneva alcuna valutazione, il riferimento alla “Banca” doveva essere inteso ai “vertici” della stessa, le modalità della comunicazione da effettuarsi a carico del Dott. F. in relazione al mandato irrevocabile ricevuto non erano rilevanti. Inoltre, la ritenuta superfluità dell’assunzione delle ulteriori prove richieste dalla Banca ha privato la stessa di fornire la prova, da un lato, della mala gestio del Dott. F. e, dall’altro, degli interventi della Banca che si sono resi necessari e indispensabili sul piano finanziario per adempiere agli obblighi assunti unilateralmente dal Dott. F. con l’accettazione del famoso mandato irrevocabile (il cui contenuto era, inoltre, difforme rispetto alle delibere assunte dal CdiA e dal Direttore generale).

4. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

4.1. Deve, in primo luogo, rimarcarsi che in tema di ricorso per cessazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010).

Nella specie è evidente che la ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque, in realtà, non denuncia un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) bensì un vizio-motivo, da valutare alla stregua del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che – nella versione ratione temporis applicabile – lo circoscrive all’omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881 del 2014), riducendo al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014).

La Corte ha ampiamente motivato la ricostruzione dei fatti, rilevando che – rispetto al comportamento inadempiente addebitato al proprio dipendente (mancato controllo sulla destinazione delle somme concesse in prefinanziarnento al fine di evitare l’utilizzo per scopi diversi dall’estinzione dell’ipoteca presso la Banca Antonveneta e mancata comunicazione del mandato irrevocabile) – non sono stati raccolti elementi probatori sufficienti a delineare un inadempimento del dipendente. Il giudice d’appello ha, invero, verificato in concreto la insussistenza della violazione dell’obbligo di diligenza da parte del Dott. F., dirigente con mansioni di direttore della filiale di (OMISSIS) e, con tipica valutazione di merito non censurabile in cassazione perché assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, è pervenuto al convincimento che dalla documentazione prodotta in causa poteva escludersi la responsabilità del Dott. F. nell’utilizzo delle somme concesse con prefinanziamento per scopi diversi dall’estinzione dell’ipoteca accesa da Immobiliare Delta presso la Banca Antonveneta, in quanto nessun vincolo di destinazione risultava imposto dai vertici aziendali al Dott. F. (con riguardo al prefinanziamento) e l’operazione di conferimento delle somme sul conto corrente della Farini 37 (con contestuale emissione di assegni circolari) era stata gestita, il 29/4/2005, direttamente dal Direttore generale.

La motivazione dunque è completa ed esauriente ed il motivo, al di là della rubrica formulata, chiede un vaglio di legittimità sulla ricostruzione fattuale che esorbita dai limiti delineati da Cass. S.U. 07/04/2014, n. 8053 e 8054.

4.2. Quanto al profilo della responsabilità solidale dei soggetti inadempienti, come denunciato nel primo motivo del ricorso, deve ritenersene la sua infondatezza.

E’ vero che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi ed il danneggiato, sussistono tutte le condizioni necessarie perché i predetti soggetti siano corresponsabili in solido. Infatti, in tema di responsabilità contrattuale (ma anche in caso di responsabilità extracontrattuale), se l’unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell’obbligo di risarcimento, che le azioni o omissioni di ciascuna parte abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento (Cass. n. 7618 del 2010; Cass. n. 23918 del 2006; Cass. n. 5946 del 1999; Cass. n. 10987 del 1996; Cass. n. 13039 del 1991). Ciò discende, non tanto dal fatto che l’art. 2055 c.c. costituisca un principio di carattere generale estensibile anche alla responsabilità contrattuale (Cass. n. 27713 del 2005; v. anche Cass. n. 3187 del 2008), quanto dai principi stessi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di cause, tutte egualmente efficienti della produzione di un determinato danno, di cui l’art. 2055 c.c. è un’esplicitazione in tema di responsabilità extracontrattuale.

La Corte territoriale non ha effettuato un percorso logico-giuridico in contrasto con l’orientamento citato, ma ha ritenuto – alla luce di tutto il quadro probatorio acquisito – che il F. non abbia posto in essere alcun segmento causale efficiente rispetto al danno lamentato dalla Banca. Ditalché, il motivo di ricorso non appare cogliere nel segno.

4.3. Infine, la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella specie parte ricorrente lamenta la mancata assunzione e valutazione di mezzi istruttori.

Inoltre, questa Corte ha affermato che l’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito (Cass. n. 27415 del 2018).

La Corte territoriale ha ampiamente esaminato tutti gli snodi della complessa operazione finanziaria che ha visto coinvolti, oltre che il Dott. F., anche i vertici della Banca, giungendo – alla luce dell’ampio e articolato quadro probatorio acquisito nonché delle valutazione del CTU nominato in primo grado – all’accertamento dei fatti delineati dalle parti, compresa la ricostruzione della vicenda concernente l’assunzione del mandato irrevocabile da parte del Dott. F. e la conoscenza di tale obbligazione da parte dei vertici della Banca, senza operare alcuna inversione dell’onere della prova che ricade sul datore di lavoro (cfr. Cass. n. 18375 del 2006, Cass. n. 138 del 2000, Cass. n. 6645 del 1997).

Per il resto, l’interpretazione di questa Corte ha chiarito come l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017; Cass. n. 21152 del 2014; Cass. Sez. U., n. 5745 del 2015; Cass. n. 5133 del 2014). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. n. 14802 del 2017: Cass. n. 21152 del 2014); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. n. 21439 del 2015). E’ quindi inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per sostenere il mancato esame di deduzioni istruttorie, di documenti, di eccezioni di nullità della sentenza non definitiva e degli atti conseguenti, di critiche rivolte agli elaborati peritali (ovvero di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico), o della “non contestazione dell’avvenuta usucapione” (un fatto che non sia stato “oggetto di discussione tra le parti” e’, d’altro canto, fuori dall’ambito dell’art.. 360 c.p.c., n. 5 per sua stessa definizione), o per lamentarsi di una “motivazione non corretta”.

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 15.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, – dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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