Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24116 del 07/09/2021

Cassazione civile sez. III, 07/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 07/09/2021), n.24116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29839/19 proposto da:

-) M.S., elettivamente domiciliato a Roma, via Marsilio Ficino n.

5 (nel ricorso: ” M.V.”), c/o avv. Franco Merlino, difeso

dall’avvocato Carmelo Merlo, in virtù di procura speciale apposta

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia 4 settembre 2019 n, 7109;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.S., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento di tali domande dedusse di avere perduto l’abitazione familiare a causa di una inondazione; di essere andato ad abitare con la famiglia in una stanza di soli 20 metri quadrati messa a disposizione dal governo; di avere contratto un debito “per andare in Libia”, e di non essere in grado di restituirlo.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento M.S. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Venezia, che la rigettò con decreto 4 settembre 2019 n. 7109.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché la propria condizione di povertà, unico motivo ad avviso del Tribunale posto dal richiedente a fondamento della propria domanda, di per sé non legittimava le forme di protezione previste dalla norma suddetta, in quanto non integravano una “persecuzione”;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da M.S. con ricorso fondato su quattro motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente, dopo una lunga introduzione sui presupposti oggettivi e soggettivi della “persecuzione” che costituisce il fondamento della concessione dello status di rifugiato, conclude affermando (pagina 8 del ricorso) che la decisione impugnata sarebbe erronea perché il giudice di merito avrebbe dovuto tenere nel debito conto “la grave violazione dei diritti umani cui il richiedente sarebbe esposto rientrando in patria”.

1.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

Il Tribunale ha ritenuto che nel caso di specie il richiedente avesse posto a fondamento delle proprie domande di protezione soltanto una condizione di povertà, la quale non costituisce una “persecuzione” ai fini del D.Lgs. n. 251 del 2007. Il motivo prescinde completamente da tale motivazione.

2. Col secondo motivo il ricorrente assume che il Tribunale di Venezia avrebbe trascurato di “considerare i vizi da cui era affetto il provvedimento” della Commissione Territoriale.

2.1. Il motivo è infondato.

Il giudizio di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis non e’, infatti, una impugnazione in senso tecnico del provvedimento della Commissione Territoriale, con la conseguenza che, quali che fossero i vizi che infirmassero il provvedimento di quest’ultima, essi sono irrilevanti ai fini del diniego o della concessione della protezione internazionale da parte del Tribunale.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta che la Commissione Territoriale ha erroneamente ritenuto insussistente il presupposto della vulnerabilità ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Assume che la commissione territoriale su questo punto ha “dato una motivazione riduttiva”.

3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto in luogo di censurare il decreto del Tribunale, investe il provvedimento della commissione territoriale.

4. Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10 Cost..

Sostiene che tale norma accorda allo straniero il diritto di asilo e che nel caso di specie gli sarebbe stata ingiustamente negato.

4.1. Il motivo è infondato.

L’art. 10 Cost., comma 3, ha trovato attuazione nelle tre forme della protezione primaria, sussidiaria e umanitaria, sicché non esiste una quarta forma di protezione internazionale scaturente dalla Drittwirkung dell’art. 10 Cost., come ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 2 -, Ordinanza n. 19176 del 15/09/2020, Rv. 659109 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16362 del 04/08/2016, Rv. 641324 – 01).

2. Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021

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