Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22754 del 12/08/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/08/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 12/08/2021), n.22754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1313-2014 proposto da:

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour presso

la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato SALVATORE LO GIUDICE;

– ricorrente –

contro

SERIT SICILIA SPA, elettivamente domiciliata in PALERMO, VIA S.

MECCIO 7, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DI SALVO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 167/2012 della COMM. TRIB. REG. SICILIA,

depositata il 18/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. STANISLAO DE MATTEIS che ha

chiesto che la Corte rigetti il ricorso. Conseguenze di legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Z.P. impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento la cartella di pagamento n. (OMISSIS), notificata il (OMISSIS), con cui si intimava il pagamento di Euro 17.730,29 per recupero di somme dovute a seguito di diniego di condono ex L. n. 289 del 2002. Il contribuente lamentava, inter alia, il difetto di notifica dell’atto impositivo e la carenza del valore probatorio della produzione documentale dell’Agente della riscossione. La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 477/09/2009, accoglieva il ricorso, in ragione della nullità della notifica della cartella.

L’Agenzia delle entrate e l’Ufficio fiscale proponevano appello, che veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia con sentenza n. 167/30/12, in ragione della ritualità della notifica della cartella consegnata a mani del destinatario e non a mezzo posta. I giudici di appello rigettavano anche le censure relative al difetto di motivazione dell’atto impositivo, alla decadenza del potere di riscossione e all’omessa sottoscrizione del funzionario, tenuto conto che la L. n. 31 del 2008, art. 36, comma 4, non era applicabile ai ruoli, come quello di specie, consegnati all’Agente della riscossione prima del giugno 2008. Z.P. propone ricorso per cassazione svolgendo otto motivi, illustrati con memorie. L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c.. Riscossione Sicilia S.p.A., già Serit Sicilia S.p.a., si è costituita con controricorso ed ha presentato memorie. La Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione ha depositato memorie, concludendo per il rigetto dell’impugnazione. Il ricorso, fissato all’udienza pubblica del 4.5.2021 è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, inserito nella L. di conversione n. 176 del 2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente esaminata la richiesta proposta dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 1, che sull’originale della sentenza o del provvedimento sia apposta, a cura della cancelleria o segreteria, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o del provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza o provvedimento. Il contribuente deduce, a sostegno della richiesta, che la pubblicazione di eventuale sentenza “negativa” dei diritti fatti valere in giudizio, completa della indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati, su supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, porterebbe, ex se, conseguenze negative sui vari aspetti della vita sociale e di relazione degli interessati, andando ad incidere pesantemente sul diritto alla riservatezza degli odierni istanti. Il mancato anonimato avrebbe un riflesso diretto sulla reputazione professionale con riguardo alla perdita di fiducia e della stima da parte delle persone con cui gli interessati entrano in contatto o interagiscono nel loro ambiente di lavoro.

La richiesta non può trovare accoglimento. Il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 1, definisce i casi nei quali è garantito il diritto all’anonimato delle parti in giudizio o dei soggetti interessati. Secondo il principio indicati nella disposizione, la domanda di oscuramento dei dati personali presentata dall’interessato deve essere sostenuto dalla indicazione dei “motivi legittimi” che segnano all’evidenza il discrimine fra l’accoglimento ed il rigetto della relativa domanda. Questa Corte con ordinanza n. 16807 del 2020 ha chiarito con riferimento alla ricorrente dei “motivi legittimi” che: “l’accoglimento della richiesta medesima interverrà ogniqualvolta l’autorità giudiziaria ravviserà un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio della “generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica”.

Il principio è stato affermato anche con sentenza penale n. 11959 del 2017, che ha chiarito la natura di ‘motivi legittimì precisando: “In tema di trattamento di dati personali, la richiesta di oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato riportati sulla sentenza o altro provvedimento di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 1, deve essere fondata su “motivi legittimi”, da intendersi quali “motivi opportuni” la cui valutazione impone un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e di pubblicità della sentenza (In motivazione, la Corte ha precisato che, alla luce delle indicazioni rese dalle linee guida dettate dal Garante della privacy in data 2 dicembre 2010, i “motivi legittimi” in grado di fondare la richiesta possono riferirsi alla particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento quali “dati sensibili” ovvero alla “delicatezza della vicenda oggetto del giudizio”).

Nella specie, la richiesta del contribuente è da respingere, in quanto difettano i presupposti di detta domanda, non essendo stati indicati i motivi legittimi a giustificazione della medesima. La vicenda oggetto di controversia non può ritenersi caratterizzata in re ipsa da una particolare “delicatezza”, né l’esame della questione involge “dati sensibili”, posto che tale non può essere ritenuto un “ipotetico pregiudizio alla stima ed alla fiducia nell’ambiente di lavoro”, a fronte della necessità di assicurare la pubblicità dell’esito del processo. Le decisioni del giudice partecipano alla creazione del diritto ed alla sua interpretazione; motivo per cui la conoscibilità dei precedenti giurisprudenziali costituisce un diritto fondamentale per garantire un processo giusto e prevedibile. In particolare, la sentenza di legittimità è pubblica perché adempie alla funzione nomofilattica ed afferma dei principi che costituiscono un patrimonio giuridico collettivo cui ciascuno deve poter attingere. In mancanza di idonea giustificazione la sentenza è pubblica, in quanto è emessa in nome del Popolo, come nel nome del Popolo è amministrata la Giustizia, ai sensi dell’art. 101 Cost..

2. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 148 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., per insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, in quanto il giudice del merito avrebbe erroneamente qualificato la notificazione come avvenuta attraverso il sistema della raccomandata con avviso di ricevimento, mentre, dalla copia della relata prodotta, si evince che la procedura notificatoria eseguita è quella prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, direttamente dall’agente della riscossione con l’intervento dell’agente notificatore. Il contribuente lamenta che Serit Sicilia S.p.a. avrebbe versato in atti la copia della relata di notifica attestandola quale copia conforme all’originale e non, quindi, un avviso di ricevimento di piego raccomandato, come erroneamente qualificata la copia della relata prodotta dal giudice di prime cure. Tale copia della relata avrebbe valore indiziario e non potrebbe assurgere a rango di prova legale ai sensi dell’art. 2697 c.c., atteso che la prova dell’avvenuta notifica non potrebbe che avvenire mediante la produzione in giudizio della matrice D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 5, non essendo, quest’ultima, surrogabile attraverso altri mezzi probatori quali dichiarazione e/o fotocopie e/o attestazioni provenienti dalla stessa parte su cui incombe l’onere probatorio. Il ricorrente precisa, inoltre, che la censura della inesistenza giuridica e carenza di valore probatorio della produzione documentale ex adverso era stata sollevata con la memoria illustrativa D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32, comma 2, in seguito alla costituzione e produzione di Serit nel giudizio di secondo grado.

3. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione D.L. n. 669 del 1996, art. 5, comma 5, D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, comma 2 e art. 20, comma 3, D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23, comma 2-bis, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, violazione dell’art. 2697 c.c., e art. 112 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Il ricorrente lamenta che il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente affermato la chiara esecuzione della notifica dell’atto impugnato D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ponendo a fondamento la produzione operata da Serit Sicilia S.p.A.. Il giudice del merito avrebbe omesso di valutare e motivare l’inidoneità dell’estratto di ruolo e della copia della relata ad assolvere l’onere probatorio incombente sull’agente della riscossione di provare l’asserita rituale notificazione dell’atto impositivo, atteso che la procedura semplificativa della conformità D.L. n. 669 del 1996, ex art. 5, comma 5, convertito in L. n. 30 del 1997, sarebbe applicabile “agli effetti della procedura di riscossione dei tributi”, ma sarebbe valida per attribuire valenza giuridica di prova ex art. 2697 c.c., in sede giudiziale. Nella fattispecie, l’estratto di ruolo versato in atti da Serit non sarebbe la “copia fotostatica” del documento originale (cartella di pagamento) ma si tratterebbe di un estratto da archivi elettronici ed una ricostruzione di dati informatici. L’agente della riscossione, quale soggetto privato, in nessun caso avrebbe potuto avere poteri di attestare la conformità all’originale dei documenti prodotti, con la conseguenza che le copie autentiche rilasciate dall’agente della riscossione sarebbero sprovviste delle caratteristiche di conformità all’originale e, quindi, inidonee a rendere prova legale la copia della relata di notifica e l’estratto di ruolo prodotti, oltre al fatto che l’estratto di ruolo, essendo un atto interno all’Amministrazione, non avrebbe valore probatorio perché mancante della prescrizioni della conformità legale prevista dal D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18.

4. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10, e art. 112 c.p.c., per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, atteso che l’agente della riscossione producendo l’estratto di ruolo, in sostituzione della copia della cartella, non avrebbe fornito alcun elemento di prova alla contestazione sollevata nei gradi di merito, né la cartella conterrebbe le informazioni necessarie per condurre il contribuente ad esercitare il proprio diritto di difesa. Ne consegue che i giudici di appello non avrebbero dovuto affermare che nella cartella sussistevano i requisiti L. n. 212 del 2000, ex art. 7, quali la firma digitale, gli interessi, l’organo e cui rivolgersi per procedere in autotutela e l’organo giurisdizionale competente.

5. Con il quarto motivo di denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1943, art. 42, della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto i giudici di seconde cure avrebbero omesso di motivare l’assenza di motivazione nella cartella di pagamento in ordine alla pretesa fiscale del recupero delle somme dovute in seguito alla iscrizione nel ruolo esattoriale ex L. n. 289 del 2002, artt. 8,9,9-bis e 14, e degli interessi pretesi. Il ricorrente lamenta che la cartella impugnata non recherebbe alcuna motivazione circa la pretesa erariale, non riportando il prospetto di calcolo relativo alla riscossione del recupero delle somme dovute L. n. 289 del 2002, ex art. 8,9,9-bis e 14, le somme complessivamente dovute, le eventuali somme pagate, il debito residuo né il calcolo degli interessi e/o gli elementi di essi costitutivi (cioè, il capitale, il tasso ed il tempo), limitandosi a riportare solo la cifra globale degli interessi dovuti senza indicare come si sarebbe arrivati a tale calcolo, non specificando le varie aliquote prese a base delle varie annualità.

6. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 148,156 e 160 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, nonché insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3 3 e 5, atteso che i giudici di appello avrebbero omesso di rilevare d’ufficio che la relata di notifica della copia consegnata al destinatario, peraltro versata in atti in originale, era sprovvista della data di notifica, producendone l’inesistenza giuridica insuscettibile di sanatoria. Il contribuente lamenta che la relata di notifica della copia in possesso del destinatario, versata in atti in originale, non conterrebbe l’indicazione della data di notifica dell’atto e tale contestazione sarebbe stata denunciata fin dal primo grado di giudizio. I giudici di seconda istanza avrebbero ribaltato la decisione di primo grado, motivando che la notificazione risulterebbe stata eseguita “non a mezzo posta ma a mano del destinatario” a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 60. Il ricorrente contesta, inoltre, il ragionamento effettuato dai giudici di appello secondo cui ” il ricalco è fatto da carta carbone, può essere cancellato o diventare illegibile con il passare del tempo” e “in tal caso, si è in presenza di una mera irregolarità formale che non inficia la validità della notifica”, atteso che l’agente della riscossione avrebbe potuto utilizzare per la notifica della cartella di pagamento una pellicola del ricalcolo di migliore qualità e/o non utilizzare il materiale giacente in magazzino da molto tempo che ha perso la qualità di ricalcare la penna che vi scrive sopra.

7. Con il sesto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, degli artt. 2697 e 2719 c.c., nonché insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, in quanto con il ricorso introduttivo è stata contestata l’omessa/o irregolare e/o illegittima notifica delle cartelle di pagamento, richiedendone nel contempo la produzione dell’originale della relazione di notifica e l’originale della cartella esattoriale notificata in possesso dell’agente della riscossione. Il ricorrente lamenta che la produzione documentale prodotta da Serit sarebbe inidonea a provare l’asserita avvenuta notificazione della cartella, con la conseguenza che i giudici di appello avrebbero dovuto ritenere definitivamente non provata la notificazione dell’atto contestato contrariamente a quanto deciso. L’omessa produzione dell’agente della riscossione della matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione renderebbe definitivamente non provata l’asserita rituale notificazione.

8. Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9, 9-bis e 14, dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., nonché insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 4, in quanto i giudici di appello avrebbero omesso l’esame e la valutazione degli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) quali documenti decisivi della controversia. Con nota di integrazione documentale del (OMISSIS) della memoria depositata il (OMISSIS) l’Agenzia delle entrate depositava la copia dell’istanza di condono a definizione degli anni 1997, 1998, 1999, 2000 e 2001 L. n. 289 del 2002, ex artt. 8, 9, 9-bis e 14, e la CTR l’avrebbe ritenuta formalmente valida potendosi ricavare da essa il mancato pagamento delle rate successive alla prima. Tale produzione documentale sarebbe inammissibile perché tardiva, sicché i giudici di appello l’avrebbero dovuta ritenere inutilizzabile, nonché esaminare e motivare l’omessa allegazione della prima rata di pagamento dell’istanza di condono prodotta, sufficiente per la validità dell’istanza di condono fiscale L. n. 289 del 2002, ex artt. 8,9,9 bis e 14.

9. Con l’ottavo motivo di ricorso, si denuncia violazione degli artt. 148 e 112 c.p.c., per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, in quanto i giudici di secondo grado avrebbero erronamente rilevato l’errore materiale dei giudici di primo grado sulla modalità della notifica, qualificandola avvenuta direttamente da Serit con l’intervento di un agente notificatore D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, omettendo tuttavia di motivare la nullità insanabile della notificazione della cartella impugnata per essere stata apposta la relata di notifica sul frontespizio del documento anziché in calce all’atto ex art. 148 c.p.c..

10. Il primo motivo è infondato. In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella di pagamento può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tale caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantire, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (Cass. n. 17248 del 2017; Cass. n. 6395 del 2014). E’ stato più volte affermato che la prova della notifica della cartella di pagamento è raggiunta con la produzione della relata compilata secondo l’apposito modello ministeriale, non sussistendo un onere di produzione della cartella, il cui unico originale è consegnato al contribuente (Cass. n. 16121 del 2019).

11. Il secondo ed il sesto motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente per connessione logica. Le doglianze non possono trovare accoglimento.

Invero, come rilevato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni, l’Agente della Riscossione non ha il potere di attribuire autenticità agli avvisi di ricevimento degli atti notificati, che costituiscono documenti di provenienza dell’ufficiale postale, tuttavia il Riscossore è gestore di un pubblico servizio e, quindi, può autenticare atti che detiene in originale o che, per legge, ne è il depositario.

Secondo l’indirizzo espresso da questa Corte (Cass. n. 1792 del 2019, Cass. n. 1974 del 2018; Cass. n. 8289 del 2018), l’Agente della Riscossione può autenticare, D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 18, copie di originali in loro possesso o documenti di cui è affidatario ex lege. (Cass. n. 7736 del 2019), quali gli estratti di ruolo ed il ruolo.

Ciò premesso, nel caso un cui il contribuente intenda disconoscere la conformità all’originale di atti che il Concessionario della Riscossione produce, trova applicazione la regola generale. di cui all’art. 2719 c.c., secondo cui la contestazione della conformità delle copie all’originale dell’atto deve essere compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intenda contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né a generiche asserzioni (Cass. n. 16557 del 2019).

Nella specie non risulta dallo sviluppo illustrativo dei motivi che il contribuente abbia espresso specifiche e circostanziate contestazioni riguardanti la conformità degli atti agli originali, limitandosi a rilevare che la produzione documentale di Serit, ossia l’estratto di ruolo e la copia della relata di notifica, non presentava i requisiti previsti dal D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, per potere provare la rituale notificazione. Invero, i predicati vizi appaiono anche inammissibili per difetto di decisività, atteso che il ricorrente ha omesso di riportare in ricorso il contenuto delle asserite specifiche contestazioni, al fine di consentire a questa Corte di valutare se le stesse siano idonee ad esprimere le contestate difformità delle copie prodotte agli originali.

12. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente in quanto inerenti alla medesima questione. Le critiche sono inammissibili per carenza di autosufficienza.

Questa Corte ha, in più occasioni, affermato che: “In tema di ricorso per cassazione, ove sia dedotto il vizio di una relata di notifica, la trascrizione integrale della medesima di rende necessaria soltanto qualora sia strettamente funzionale alla comprensione del motivo, atteso che l’adempimento dei requisito di contenuto – forma previsti dall’art. 366 c.p.c., non &fine a se stesso, ma è strumentale al dispiegamento della funzione che è propria di detti requisiti. “(Cass. n. 1150 del 2019).

E’ stato, altresì, precisato che ove sia contestata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass. n. 31038 del 2018, v. anche Cass. n. 29093 del 2018).

A tale onere processuale il ricorrente non ha ottemperato.

13. Anche il quinto mezzo va disatteso. Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la notifica della cartella fosse rituale perché avvenuta a mani del contribuente, senza avvedersi che la relata di notifica consegnatagli era priva della data di notifica. Ai sensi dell’art. 148 c.p.c., l’Ufficiale giudiziario deve attestare l’avvenuta consegna mediante apposizione di data e firma sulla relata di notificazione. La data della notifica è richiesta per avere prova e certezza del perfezionamento del procedimento notificatorio.

Alla luce dell’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “la notificazione della cartella esattoriale per i contributi previdenziali è soggetta alla disciplina degli artt. 148 e 160 c.p.c., per cui la mancata indicazione della data di consegna nella copia della cartella in possesso del destinatario comporta la nullità insanabile della notificazione e impedisce la decorrenza del termine per proporre opposizione”(Cass. n. 398 del 2012).

Ne consegue che la mancanza di data nella relata determina la nullità della notifica solo qualora dalla stessa decorrano termini perentori per l’esercizio, da parte del destinatario dell’atto, di diritti (Cass. n. 30873 del 2017). Nella fattispecie non risulta che il ricorso sia stato proposto intempestivamente, né che lo stesso sia stato dichiarato inammissibile, con la conseguenza che i vizi della notifica si devono intendere sanati per il principio del raggiungimento dello scopo (Cass. n. 5691 del 2017). Il principio, sancito in via generale dall’art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni; pertanto la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario (Cass. n. 13857 del 2014; Cass. n. 1184 del 2001; Cass. n. 1548 del 2002).

14. Il settimo motivo è inammissibile. Il ricorrente lamenta che i giudici di appello avrebbero omesso l’esame e la valutazione degli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), quali documenti decisivi della controversia. Con nota di integrazione documentale del (OMISSIS) della memoria depositata il (OMISSIS) l’Agenzia delle entrate depositava la copia dell’istanza di condono a definizione degli anni 1997, 1998, 1999, 2000 e 2001, L. n. 289 del 2002, ex artt. 8,9,9 bis e 14, che i giudici di appello omettevano di valutare. La censura è inammissibile per la novità delle questioni proposte per la prima volta con il ricorso per cassazione, non risultando dalla sentenza impugnata che il contribuente abbia prospettato nel corso del giudizio di merito tale specifica censura. La critica, infatti, difetta di autosufficienza, posto si è omesso di riportare in ricorso il contenuto specifico delle eccezioni sollevate, ciò anche al fine di valutare se le questioni stesse fossero già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass. n. 20694 del 2018). A tale riguardo va, altresì, precisato che risulta dalla parte in fatto della sentenza impugnata che l’Ufficio aveva provveduto alla iscrizione a ruolo per omesso versamento della rate successive alla prima della istanza di condono proposta dal contribuente ai sensi della L. n. 289 del 2002, artt. 8,9,9 bis e 14. Questa Corte, in più occasioni, ha chiarito che: “In tema di condono fiscale, la definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute nella medesima L., artt. 8, 9, 15 e 16, che con considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche sen. za adempimento integrale, e che insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, di carattere eccezionale”(Cass. n. 31133 del 2017).

Infatti, il condono fiscale L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, che costituisce una forma di condono demenziale, è condizionato all’integrale versamento di quanto dovuto, sicché il pagamento parziale delle somme indicate nella dichiarazione integrativa ne comporta il mancato perfezionamento, e non fa venire meno l’illiceità della condotta, neppure limitatemente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento dell’obbligazione tributaria (Cass. n. 26683 del 2016). Da quanto sopra deriva anche l’infondatezza delle rilevate doglianze.

15.Va rigettato anche l’ottavo motivo di ricorso, con cui si lamenta che i giudici di appello avrebbero omesso di rilevare la nullità della notifica della cartella essendo stata apposta la relata sul frontespizio invece che in calce all’atto. Secondo l’indirizzo ampiamente condiviso da questo giudice di legittimità, i denunciati vizi, tenuto conto dell’impugnazione della cartella da parte del contribuente, si devono ritenere sanati per il principio del raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.). Infatti: “Tu notifica dell’avviso di accertamento, la cui relata sia stata apposta sul frontespizio di quest’ultimo iniché in calce ad esso, non può dichiararsi nulla qualora non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e la conformità dell’atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo” (Cass. n. 23175 del 2016).

16. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite che liquida a favore di Serit Sicilia S.p.A. in complessivi Euro 2.900,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge da distrarsi a favore del difensore che si è dichiarato antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello pagato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’udienza pubblica, effettuata da remoto, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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