Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20771 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2021, (ud. 09/06/2021, dep. 21/07/2021), n.20771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2742/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Sole di Sicilia s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Rosario

Calì, con domicilio eletto in Roma, via Rodi, n. 4, presso lo

studio dell’Avv. Marcella Attisano;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, n. 2400/35/14 depositata il 23 luglio 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2021

dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di una verifica della Guardia di finanza – che traeva origine, a sua volta, da un precedente controllo nei confronti del fornitore e cliente Vini Com s.r.l. – l’Agenzia delle entrate notificò a Sole di Sicilia s.p.a., esercente l’attività di fabbricazione di vini, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo all’anno d’imposta 2002, con il quale: a) recuperò a tassazione l’IVA (pari a Euro 155.135,00) sulle cessioni all’esportazione (per Euro 775.675,00) effettuate, senza pagamento dell’imposta ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8 a Vini Com s.r.l., a fronte di “dichiarazioni d’intenti” di tale società ritenute ideologicamente false; b) negò la deducibilità di costi, ai fini dell’IRPEG e dell’IRAP (per Euro 662.054,00), e la detraibilità dell’IVA, ai fini di tale imposta (per Euro 132.411,00), risultanti da fatture emesse dalla stessa Vini Com s.r.l., in quanto ritenute relative a operazioni soggettivamente inesistenti.

2. L’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Palermo (hinc anche: “CTP”), che accolse l’impugnazione della società contribuente.

3. Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Sicilia (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò.

In particolare, la CTR: a) anzitutto, affermò che “Il Collegio, non può non rilevare, condividendo le motivazioni addotte dai primi Giudici, che il comportamento tenuto dall’Ufficio – in relazione sia alle attività dallo stesso svolte (verifica) ed ai conseguenti provvedimenti adottati (avviso di accertamento n. (OMISSIS)); diniego del rimborso del credito IVA n. (OMISSIS)), risultano fondati sugli stessi presupposti, da cui, invero, emerge una certa contraddittorietà. Infatti, l’originario menzionato diniego dell’Ufficio era basato sulla presunzione di inesistenza delle operazioni intrattenute dalla SO. Si. spa con la soc. VINI COM srl, e che quest’ultima avesse emesso delle “dichiarazioni di intento” non avendo i requisiti di esportatore abituale. Le risultanze della verifica eseguita dai propri funzionari alla SO.SI. spa, così pure le conclusioni della GG. di FF. a seguito dell’esperita verifica alla soc. VINI COM. srl (il cui verbale, invero, non è stato allegato agli atti, né prodotto in giudizio), hanno indotto l’Ufficio a ritenere: – supportata la presunzione di inesistenza delle operazioni intrattenute dalla SO. SI. spa con la soc. VINI COM. srl; – che quest’ultima società avesse emesso delle “dichiarazioni di intento” non avendo i requisiti di esportatore abituale; – che la soc. SO.SI. spa non poteva essere estranea all’operazione illecita, né poteva non averne avuto la consapevolezza. Tali convinzioni, che hanno motivato l’originario diniego del rimborso IVA, avrebbero dovuto, altresì, giustificare l’impugnazione della sentenza della CTP (sent. n. 158 del 22.05-05.06.2008) che ha annullato il diniego del rimborso impugnato dalla SO. SI. spa; di contro, invece, l’Ufficio ha dato esecuzione a quanto disposto dalla Commissione e rimborsato il credito IVA”; b) in secondo luogo – dopo avere richiamato Corte di giustizia, 9 settembre 2012, Gabor Toth, in causa C-324/11, 6 dicembre 2012, Bonik EOOD, in causa C-285/11, e 21 giugno 2012, Mahageben kft, in cause C-80/11 e C-142/11, nonché Cass., 03/04/2013, n. 8029, 27/01/2014, n. 1568, e 17/06/2014, n. 13792 – asserì che, “(i)n breve, prescindendo dalla valutazione che, in sede penale (…), sarà fatta degli elementi forniti dai Verificatori (definiti probatori dalla GG. di FF.), questa Commissione conferma, in assenza di elementi probanti, la non rilevanza del rapporto instaurato tra le due società che, risulta frequente in tanti settori commerciali. L’appellata società, di contro, con la copiosa documentazione prodotta, ha dimostrato la propria buona fede e la regolarità documentale delle operazioni realizzate nell’anno d’imposta accertato. Questo Collegio, inoltre, non può esimersi dal concordare con i primi Giudici che nelle situazioni di cui sopra, stante anche l’entità della ripresa, l’amministrazione finanziaria debba avvalersi – per tempo – degli ampi poteri attribuiti dal Legislatore Tributario (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33), ed in particolare delle indagini bancarie”.

4. Avverso tale sentenza della CTR – depositata il 23 luglio 2014 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 16 gennaio 2015, a tre motivi.

5. Sole di Sicilia s.p.a. resiste con controricorso, notificato il 23/27 febbraio 2015.

6. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni motivate, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va premesso che, con il proprio ricorso, l’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza della CTR nella sola parte “rela(tiva) alla ripresa a tassazione dei costi documentati da fatture riconducibili ad operazioni inesistenti, emesse dalla “VINI COM. S.r.l.”, per l’importo complessivo di Euro 662.054.00 ed IVA relativa di Euro 132.411,00″. Il ricorso proposto non riguarda quindi la ripresa a tassazione dell’IVA sulle cessioni all’esportazione.

2. Ciò precisato, con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per avere la CTR ritenuto che il giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 158/7/08 depositata il 5 giugno 2008 facesse stato tra le parti nonostante “(i)l riferimento alla stessa (…) appa(ia) del tutto incongruo ed inconferente alla presente fattispecie, per la natura diversa degli atti impugnati, provvedimento di diniego rimborso e avviso di accertamento, nonché (…) diverse annualità d’imposta”.

3. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 “e ss.” e 2727 c.c., per avere la CTR ritenuto, “pur in presenza di consistenti elementi presuntivi rilevati dall’Ufficio e specificamente indicati nel P.V.C., (…) detti elementi insufficienti ad affermare l’insussistenza “soggettiva” delle operazioni contestate. Mentre, di contro, ha(…) ritenuto che la mera dimostrazione, da parte della ricorrente, della regolarità contabile, dell’esistenza dei pagamenti, nonché dell’effettività della prestazione eseguita, sia di per sé sufficiente ad escludere ogni responsabilità del cessionario”.

4. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 per essere la sua motivazione “praticamente inesistente”, atteso che la CTR “non si è data carico di dimostrare quale sia la documentazione (definita “copiosa”) con la quale la controparte avrebbe dimostrato la regolarità delle operazioni realizzate nell’anno d’imposta in questione”, mentre “avrebbe dovuto illustrare le ragioni per le quali ha ritenuto che dette operazioni fossero regolari, dando conto, in modo puntuale, di quali fossero i documenti dai quali tale regolarità poteva essere desunta”.

5. Preliminarmente, deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente “per violazione del principio di autosufficienza”.

Tale principio – codificato nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) (secondo cui il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali (…) si fonda”) e attinente alle modalità di esposizione dei motivi – è stato infatti rispettato dalla ricorrente, la quale, con riferimento, in particolare, al primo motivo, ha specificamente indicato, quale atto su cui esso si fonda, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 58/7/08 che, nel rispetto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), ha depositato insieme con il ricorso.

Il ricorso rispetta altresì il requisito di ammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), – cui la controricorrente sembra fare pure riferimento nella motivazione dell’eccezione – in quanto presenta una parte iniziale (intitolata “Fatto”; pagine dalla prima alla quarta), che contiene proprio quella sintetica esposizione riassuntiva della vicenda sostanziale e dello svolgimento del processo, effettivamente funzionale alla comprensione e allo scrutinio delle censure mosse alla sentenza impugnata, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, soddisfa il requisito predetto (Cass., Sez. U., 11/04/2012, n. 5698).

6. Il primo motivo non è fondato.

Le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che, “(q)ualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo” (Cass. Sez. U, 16/06/2006, n. 13916; nello stesso senso, tra le tante, Cass., 30/10/2013, n. 24433, 16/05/2019, n. 13152).

Nel caso di specie, la CTR ha ritenuto l’efficacia vincolante nel giudizio del giudicato “esterno” della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 158/7/08 depositata il 5 giugno 2008 (e non appellata dall’Agenzia delle entrate), con la quale la CTP aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il diniego del rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile n. 19433/2006.

Dalla lettura della sentenza della CTP – che, come si è detto, è stata depositata dalla ricorrente insieme con il ricorso – risulta che: a) il diniego riguardava il “rimborso dell’IVA anno 2002”; b) il rifiuto della restituzione si basava sulla motivazione che “da accertamenti effettuati nei confronti della Vini Comm. S.r.l. è risultato che quest’ultima era solita emettere fatture relative ad operazioni fraudolente caratterizzate dalla presenza del dolo specifico consistente nella finalità di consentire a terzi l’evasione delle imposte, l’indebito rimborso o il riconoscimento di un credito d’imposta”; c) la CTP annullò il provvedimento impugnato con la motivazione che, “a parte il rilievo che alla società ricorrente non possono essere opposti elementi tratti da un accertamento effettuato nei confronti di altra società, è da rilevare che non possono essere considerate operazioni inesistenti quelle intercorse tra la Vini Comm. S.r.l. e la ricorrente dal momento che la contabilità di quest’ultima è stata ritenuta regolare”.

Appare pertanto evidente che la CTP, nell’annullare il diniego del rimborso dell’eccedenza dell’IVA per l’anno 2002 determinatasi in conseguenza delle operazioni passive con Vini Com s.r.l., aveva già risolto la questione (di fatto e di diritto), comune alla causa in esame, dell’esistenza delle operazioni risultanti dalle fatture emesse dalla stessa Vini Com s.r.l. nei confronti di Sole di Sicilia s.p.a. nell’anno 2002, al quale pure si riferisce l’avviso di accertamento per cui è causa.

Ne discende che nessun error in iudicando ha commesso la CTR col ritenere che il giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 158/7/08, favorevole alla società contribuente, facesse stato tra le parti, precludendo un diverso accertamento in ordine alla questione dell’esistenza delle operazioni passive con Vini Com s.r.l. nell’anno 2002.

7. L’infondatezza del primo motivo comporta l’inammissibilità sopravvenuta del secondo e del terzo motivo.

L’affermazione dell’efficacia vincolante della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 158/7/08 costituisce infatti una ratio decidendi che è idonea, di per sé sola, a sorreggere la sentenza impugnata sul piano logico e giuridico.

Va pertanto richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in siffatte ipotesi, la ritenuta infondatezza delle censure mosse a una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre rationes decidendi, atteso che l’accoglimento di queste ultime doglianze non potrebbe comunque condurre, stante la definitività dell’altra ratio, alla cassazione della sentenza impugnata (tra le tante, Cass., 08/10/2014, n. 21152, 11/05/2018, n. 11493).

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

9. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e sono liquidate come indicato in dispositivo.

10. Non si applica del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, l’art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 288, art. 1, comma 17, in quanto la soccombente ricorrente è istituzionalmente esentata dal materiale versamento del contributo unificato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi di Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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