Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20584 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 19/07/2021), n.20584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9763-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FZF SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 277/2014 della COMM. TRIB. REG. CALABRIA,

depositata il 24/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/04/2021 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.Z.F. s.r.l. propose ricorso avverso diniego di rimborso, da parte dell’Ufficio di Cosenza, di un credito IVA per l’anno 2006, a cagione della contestazione di operazioni in tutto o in parte inesistenti, come emergente da un p.v.c. della G.d.F. del (OMISSIS). Più in dettaglio, le contestazioni erano suffragate dagli esiti di una verifica parziale nei confronti della società, in relazione alla illecita percezione di contributi in conto capitale erogati dal Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia Agricola, che erano culminati nell’emissione di due avvisi di accertamento per il recupero delle maggiori imposte, per gli anni 2005 e 2006, non opposti e quindi definitivi. L’adita C.T.P. di Cosenza, con sentenza n. 520/12/10, accolse il ricorso, annullando il diniego. La C.T.R. della Calabria respinse l’appello dell’Ufficio con sentenza del 24.2.2014, osservando in particolare che le prove acquisite dimostravano la piena corrispondenza tra quanto effettivamente realizzato dalla società e riportato nelle contestate fatture e quanto effettivamente riscontrato dai funzionari della Regione Calabria, il che era da considerarsi prevalente rispetto ai dati emergenti dai riscontri incrociati con altra ditta.

L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi. La società è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la C.T.R. adottato una motivazione meramente apparente. Da un lato, infatti, non si spiega perché l’accertamento in fatto operato dalla C.T.R. circa la corrispondenza tra quanto riportato in fattura e quanto constatato dai funzionari regionali dovrebbe prevalere sulle risultanze dei dati derivanti dai riscontri incrociati; dall’altro, emerge la piena contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui si richiamano i principi Eurounitari circa il principio di neutralità (tra l’altro: “l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno Stato membro non può privarlo del suo diritto alla detrazione”), segno evidente che le contestazioni di essa Agenzia circa l’inesistenza delle operazioni erano senz’altro verosimili.

1.2 – Con il secondo motivo, proposto in subordine, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., nonché del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,21,30 e 38-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la C.T.R. riconosciuto il diritto di rimborso pur a fronte di fatturazioni per operazioni inesistenti.

2.1 – Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, difettando una sufficiente esposizione dei fatti sostanziali e processuali. Come già evidenziato, la C.T.R. – confermando la prima decisione – ha ritenuto che la contribuente avesse fornito adeguata prova circa l’effettività delle operazioni contestate, e ciò anche a fronte della corrispondenza tra quanto descritto nelle fatture e quanto accertato da funzionari regionali (che, evidentemente, erano stati incaricati di effettuare le necessarie verifiche).

Orbene, non è dato riscontrare, nel corpo dell’intero ricorso, il pur minimo cenno alla consistenza di tale attività effettuata dai detti funzionari; in altre parole, non è dato conoscere, in base a quanto riportato dall’Agenzia, come, quando e cosa sia stato in concreto appurato dai funzionari predetti, il che non consente a questa Corte di apprezzare, già dalla mera lettura del ricorso, la potenziale decisività delle censure addotte in sede di legittimità, e ciò anche in relazione alla questione della definitività degli avvisi di accertamento non opposti e relativi agli anni d’imposta 2005 e 2006.

3.1 – In definitiva, il ricorso è inammissibile. Nulla va disposto sulle spese, la società essendo rimasta intimata.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

 

 

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